gentismo
s. m. Tendenza all’appiattimento verso il modo di sentire della gente comune.
• Il «lelemorismo» (Lele Mora come simbolo dello strapotere degli agenti delle starlet) è quel lento e costante abbassamento dello standard linguistico della nostra tv che poi si riversa sul vivere comune. Non è il trash. E nemmeno il buco della serratura. È qualcosa di peggio, una lenta e sistematica lotta contro la complessità (la differenza, la diversificazione, il contrasto) a favore del gentismo, della semplificazione, della uniformità. (Aldo Grasso, Corriere della sera, 21 giugno 2011, p. 24) • proprio la storia di queste esperienze, tanto brevi quanto incandescenti, rivela che allora non solo il declino dei partiti si andava inesorabilmente accentuando, ma che le liste civiche erano soprattutto destinate a incrociarsi con i mutamenti delle forme della politica: personalizzazione, centralità televisiva, ideologia della società civile o «gentismo», ansia del nuovo o «nuovismo» che dir si voglia. (Filippo Ceccarelli, Repubblica, 29 marzo 2012, p. 45, Commenti) • Corruzione e disfunzionalità della classe politica sono tradizionalmente imparentate, e il M5S si è imposto con la richiesta di più competenza (ricordiamo la scelta dei candidati nelle elezioni comunali di Parma attraverso curriculum vitae) e di lotta alla corruzione (di rottamazione ha parlato prima [Beppe] Grillo di [Matteo] Renzi). Due richieste che stanno oltre le identità partigiane e che propongo di identificarle con il gentismo. (Nadia Urbinati, Repubblica, 18 luglio 2015, p. 31, Commenti).
- Derivato dal s. f. gente con l’aggiunta del suffisso -ismo.
- Già attestato nella Stampa del 3 marzo 1993, p. 18, Società e Cultura (Pierluigi Battista).