GEOFAGIA (dal gr. γῆ "terra" e ϕαγεῖν "mangiare")
Pervertimento del gusto o dell'istinto dell'alimentazione, che spinge a mangiare terra, cenere, ecc. Si osserva transitoriamente in bambini alquanto anormali; durevolmente in idioti; episodicamente in isteriche, epilettici, malati confusi o dementi.
Etnologia. - Anche varî popoli di civiltà inferiore e viventi specialmente in climi caldi appetiscono ingerire come alimento, spesso ricercato come una ghiottoneria, varie specie di terre.
I Negri delle coste della Guinea considerano come un buon boccone una specie di terra giallognola; nelle Antille si scelgono una specie di tufo giallo-rossiccio, che comprano di nascosto al mercato. A Giava si vendono agl'indigeni piccoli boli quadrangolari o rotondi di un'argilla rossastra lievemente arrostita. Un uso analogo si riscontra fra gl'indigeni dell'Australia e della Nuova Guinea. Gli abitanti della Nuova Caledonia ingeriscono durante i periodi di carestia, grandi quantità di una specie di pietra friabile stalattitica. Altri negri africani, delle isole Bunka e Los Idolos, preferiscono una steatite biancastra e friabile. Gl'indigeni dell'altipiano boliviano si cibano di una finissima argilla mescolata a sabbia quarzosa, che viene ingerita cruda o lavata, venduta sul mercato sotto svariate forme di vasi, figure ecc. Diffusissimo è anche l'uso della geofagia nell'India e in Persia: nei bazar sono specialmente offerte due specie di terre, un'argilla bianca, fine, untuosa e boli solidi, bianchi, irregolari, parimenti untuosi al tatto e di gusto salino. La geofagia esiste presso i Giavanesi e i Giapponesi e anche presso popoli europei (Scandinavia e Germania) si può riscontrare quest'uso. I minatori di pietra arenaria del M. Kyffhäuser strofinano sul pane, invece di spalmarci sopra del burro, un'argilla molto fina (burro minerale), che essi credono digeribile e saziante.
L'analisi chimica di alcune di dette terre eduli ha dimostrato che la terra ingerita dai Giavanesi è un'argilla grassa, contenente acqua, silicati, ossido di ferro, argilla, calcio, magnesio, manganese, potassio e sodio; quella usata dai Giapponesi è composta di acqua, manganese, argilla, ossido di ferro, fosfati, solfati, silicati, potassio, sodio e calcio. La terra che i Lapponi aggiungono al pane, nella fabbricazione di esso, è una mica ricca di potassio; la terra bianco-grigiastra che gli abitanti della Persia meridionale mescolano al pane, risulta composta di carbonato di magnesio e calcio. Questa, per il fatto che alla cottura sviluppa anidride carbonica, si può pensare che serva come mezzo per far rigonfiare il pane, allo stesso modo dei cosiddetti lieviti chimici o artificiali.
Delle altre terre eduli l'uso non trova una giustificazione fisiologica, a meno che non si pensi che le sostanze minerali che compongono queste terre possano servire a sostituire i sali, che in piccolissima quantità si trovano nella composizione dei tessuti e dei liquidi dell'organismo. Non volendo ammettere che si tratti di un pervertimento del gusto o di un pregiudizio sulle qualità nutritive delle terre eduli, alcuni autori pensano che il loro uso presso i popoli dei climi caldi sia giustificato dal fatto che l'ingestione di queste masse inerti, dato il minore bisogno nutritivo, possa servire a dare il senso della sazietà, senza la necessità d'ingerire eccessive masse alimentari, che potrebbero essere, in quei climi caldi, dannose all'organismo.
Bibl.: G. Stefanini, Terre eduli esistenti nel Museo Naz. d'antrop. di Firenze, in Arch. per l'antrop. e l'etnol., XXXVII, Firenze 1907; H. Hubert, La Géophagie en Afrique occid., in Bull. du Comité de l'Afrique franç., marzo 1911; G. Stahl, Die Geophagie, in Zeitschr. für Ethnol., LXIII, Berlino 1932.