L’incessante succedersi delle migrazioni, essenziale modalità della diffusione del genere umano, ha disseminato un po’ tutte le regioni del mondo di ‘minoranze’, per la maggior parte di antica origine.
Intendiamo qui come minoranza una popolazione relativamente poco numerosa, oggi, rispetto alle popolazioni circostanti; caratterizzata da un sistema culturale proprio, distinto e ben individuabile rispetto a quelli geograficamente più vicini; testimone e portatrice, quindi, di un’evoluzione storica specifica e differente da quella delle popolazioni più prossime; insediata da tempo in un’area di estensione relativamente costante o comunque riconoscibile, nella quale è sensibile l’impronta (il ‘paesaggio culturale’) della minoranza stessa.
Le popolazioni si succedono, in uno stesso spazio geografico, sempre a seguito di migrazioni, e le minoranze sono l’esito di due diversi tipi di processi migratori. Da un lato, migrazioni di piccoli gruppi omogenei che si sono compattamente insediati in un’area, spesso in quel momento scarsamente abitata, e che non si sono pienamente integrati, dal punto di vista culturale, con l’eventuale popolazione preesistente o con altra popolazione successivamente insediata: hanno questa origine un gran numero di ‘isole etniche’ o ‘linguistiche’, come le molte presenti nell’Italia peninsulare. Da un altro lato, le odierne minoranze possono essere invece le testimonianze superstiti di una popolazione un tempo predominante, e omogenea sotto il profilo culturale, che per la maggior parte è stata rimpiazzata, ibridata o sospinta altrove da migrazioni successive: hanno questa origine molte odierne minoranze, generalmente insediate in aree-rifugio (come le regioni montuose o le isole), come per esempio i Baschi e molte delle popolazioni caucasiche o delle minoranze balcaniche.
Nella definizione di minoranza ‘storica’ il riferimento a un territorio, a uno spazio geografico vissuto e fornito (dalla cultura che lo abita) di senso e di valore specifici, è comunque essenziale. L’ancoraggio territoriale veicola l’identificazione della minoranza (come della maggioranza) in quanto tale: lo stesso concetto di ‘minoranza’, nel senso che qui ci interessa, non può che essere riferito a un’area data, entro la quale una parte della popolazione complessiva presenta caratteri differenti e ‘minoritari’ rispetto all’altra parte. La condivisione di un territorio dato e dei suoi valori del resto certifica, per così dire, l’identità, e questo vale per tutte le popolazioni, minoritarie e non.
Naturalmente, da più punti di vista, anche gli immigrati temporanei per motivi di lavoro formano (per lingua, religione, consuetudini alimentari ecc.) ‘minoranze’ rispetto alla popolazione ospite; ma ben difficilmente hanno la possibilità (il tempo) di ‘territorializzare’ la regione in cui sono migrati e, del resto, molto di rado raggiungono, nei luoghi di insediamento, una numerosità e una compattezza tali da consentire loro di riconoscersi come ‘popolo’ e non solamente come sommatoria di individui in condizioni esistenziali analoghe. Non per nulla, i più frequenti fenomeni di territorializzazione ad opera di migranti contemporanei riguardano piccolissime aree: poche strade contigue, piccoli quartieri urbani - le Little Italy, le Chinatown e via dicendo, spesso a carattere effimero.
È in ogni caso sul territorio che si gioca la gran parte della competizione tra popolazione maggioritaria e minoranze di varia origine ed entità. Sul territorio in quanto spazio in sé, estensione – e in questo senso la posta in gioco è il materiale, concreto, possesso dello spazio e di ciò che contiene, in quanto sede di risorse o di funzioni – e quindi i beni e i servizi che vi si possono fruire, dai prodotti della terra ai posti di lavoro, ai servizi pubblici agli impieghi ricreativi e così via; e in quanto sede di ‘beni immateriali’, supporto di senso identitario e di valori, gli aspetti meno facilmente identificabili, ma insieme più difficilmente negoziabili.