GEOGRAFIA (XVI, p. 602; App. II, 1, p. 1029; III, 1, p. 723)
Oltrepassata la metà del 20° secolo, una rassegna dei progressi della g. non ha più da occuparsi in linea preminente dell'esplorazione della Terra nel senso comunemente inteso. L'epoca delle esplorazioni indirizzate alla scoperta o ricognizione dei lineamenti topografici del nostro pianeta è terminata sostanzialmente già col secolo scorso, eccetto che per l'Antartide, alcune terre polari artiche, qualche tratto dei deserti e delle più elevate catene montuose. Si è aperta una nuova fase, che taluno ha chiamato la terza fase delle scoperte geografiche, ossia l'indagine non più a grande raggio ma minuziosa e specializzata, interdisciplinare, talora condotta con squadre di studiosi di campi diversi.
Le fattezze generali della superficie terrestre sono ormai fissate con sicurezza, e per buona parte delle terre emerse anche con minuzia, attraverso la cartografia. Il progresso dei rilevamenti topografici con metodi classici - del resto acceleratosi negli ultimi decenni - è stato rapidamente integrato dall'uso dei procedimenti fotogrammetrici; si è praticamente completata la copertura delle terre emerse con fotografie aeree e ad esse si sono aggiunte le fotografie riprese dai satelliti artificiali (che rientrano in quel complesso di operazioni di ricerca dette remote sensing dagli anglosassoni). La cartografia ordinaria - a parte quella sintetica degli atlanti - è passata totalmente nelle mani dei tecnici, ma i geografi hanno trovato un vastissimo campo di lavoro, che interessa pure studiosi di molte altre discipline, nelle cosiddette carte tematiche (vedi oltre). Indipendentemente dalla costruzione delle carte, la fotografia aerea è divenuta frattanto comune strumento d'indagine (fotointerpretazione) in g. come in altre scienze e fin nelle loro applicazioni.
Spedizioni vere e proprie, con l'impiego generalmente dei mezzi logistici e scientifici più moderni, non sono a ogni modo mancate: alle alte catene asiatiche (dall'Hindu-kush all'Himalaya) e alle Ande, nelle terre artiche e soprattutto nell'Antartide. In quest'ultimo continente, pur dopo le grandi imprese degli anni Cinquanta e in particolare quelle connesse con l'Anno geofisico internazionale (1957-58), hanno gareggiato numerosi paesi (Stati Uniti e Unione Sovietica in primo luogo, Francia, Norvegia, Giappone, Argentina, Australia, Nuova Zelanda, ecc., in qualche caso con la partecipazione pur di studiosi italiani), sia con spedizioni mobili sia con stazioni semipermanenti. Le ricerche propriamente geografiche sono ormai passate in secondo piano rispetto a quelle geofisiche, geologiche, glaciologiche, biologiche. La conoscenza dell'Antartide si è tanto estesa e approfondita da consentire una prima valida sintesi in forma cartografica: i sovietici hanno dato in luce (1966) un ottimo atlante dell'Antartide (carte normali e carte tematiche) e una serie di analoghe carte va pubblicando la Società geografica americana. Nell'Artide sono stati attivi specialmente i Russi e gli Americani (Stati Uniti e Canada). Quanto alle spedizioni alle grandi montagne, molto numerose, le più hanno avuto carattere alpinistico, ma agli scalatori si sono spesso aggregati alcuni studiosi, riportandone contributi scientifici di vario genere.
È diventato tutt'altro che raro che in queste imprese d'esplorazione si trovino a collaborare studiosi di varia nazionalità. Ma più ancora la collaborazione internazionale negli studi geografici è segnata da congressi e convegni, sempre più frequenti, e in special modo quelli promossi dall'Unione Geografica Internazionale, che nel 1972 ha celebrato il suo cinquantenario. Nello stesso anno si è tenuto il XXII Congresso geografico internazionale a Montreal, nel Canada, a circa un secolo dal primo, adunatosi in Anversa nel 1871. Il XXIII ha avuto per sede Mosca, e i precedenti, nell'ultimo quindicennio, si tennero a Stoccolma (1960), Londra (1964) e Nuova Delhi (1968). Richiamando che nel 1952 il congresso fu tenuto a Washington e nel 1956 a Rio de Janeiro, risulta evidente che l'Europa non detiene più il deciso primato nel campo degli studi geografici e della loro organizzazione. Anche convegni internazionali intermedi ai congressi ed emanazione della stessa Unione sono stati tenuti in paesi sparsi un po' in tutto il mondo (Messico, Uganda, Malesia, Nuova Zelanda, ecc.); essi trattano temi più delimitati e anche la provenienza dei partecipanti è in genere da un'area più ristretta.
L'Unione geografica internazionale ha una parte anche nell'orientare le ricerche verso specifici campi, per mezzo delle sue commissioni di studio, attualmente in numero di 28, compresi i cosiddetti gruppi di lavoro (commissioni e gruppi vengono via via rinnovati dopo un periodo più o meno lungo). Come esemplificazione menzioneremo le Commissioni sugli Atlanti nazionali, la cartografia geomorfologica, l'ecologia delle regioni di alta montagna, i rapporti generali tra uomo e ambiente, la g. dei trasporti, la g. applicata, la storia del pensiero geografico. Esse tengono propri convegni ora in questa ora in quella sede, oltre alle riunioni in occasione dei congressi. Lo scambio diretto di informazioni tra gli studiosi e la discussione su determinati argomenti ha poi luogo anche in altri convegni - spesso denominati simposii o colloqui - pure internazionali, ma al di fuori dell'Unione geografica, convegni sempre più numerosi. Dal 1960 opera anche un'Associazione cartografica internazionale, che si riunisce in periodici convegni, ultimamente associati ai congressi geografici internazionali. Vi aderiscono diverse associazioni di singoli paesi, in genere di fondazione recente (per l'Italia, l'Associazione italiana di cartografia, nata nel 1963).
Accanto alle vecchie Società geografiche, di cui talune hanno ora superato il secolo di vita (la Società di Geografia di Parigi, la più antica, ha celebrato il 150° anniversario nel 1971 e la Società geografica italiana il centenario nel 1967), altre se ne sono costituite in paesi fino a non molti anni fa del tutto fuori dagli studi geografici, come gran parte di quelli del Terzo Mondo, dove pure vanno sorgendo riviste geografiche in lingue occidentali. Comunque le pubblicazioni geografiche, periodiche o non, si fanno via via più numerose e disperse, onde sempre più preziosa risulta la Bibliographie Géographique Internationale, compilata mercé una vasta collaborazione e ora anche con l'appoggio dell'UNESCO (le si affianca la analoga B. Cartographique Int.). La difficoltà opposta dalla lingua è tuttora di qualche ostacolo alla pronta e agevole circolazione dei risultati delle ricerche: i paesi slavi dell'Europa centro-orientale e quelli nordici pubblicano ancora in parte in lingue occidentali, mentre i Russi, nelle loro riviste, si limitano tutt'al più a brevi riassunti in inglese. Per agevolare l'accesso alla letteratura sovietica, la Società geografica americana ha iniziato nel 1960 la pubblicazione di un periodico contenente riassunti o traduzioni in inglese (Soviet Geography: review and translation).
I singoli rami della g. hanno realizzato progressi o mutamenti d'indirizzo in varia misura o di vario tipo, nel campo della g. umana ed economica anche in rapporto alle nuove situazioni del mondo. In climatologia si è fatta sempre più sentire l'influenza degli apporti della meteorologia, sviluppando una "climatologia dinamica", in cui le "masse d'aria", definite dalle loro condizioni fisiche e legate a determinate posizioni sul globo, e i loro rapporti dinamici giocano una funzione spesso incisiva nella stessa individuazione e descrizione dei climi regionali. Si tende a mettere meglio in luce i caratteri stagionali dei climi in ispecie attraverso l'effettivo succedersi dei tipi di tempo, nascosti dal troppo frequente affidamento alle medie.
Nello studio dei mari, continuando le campagne oceanografiche di superficie con mezzi già collaudati, si allarga l'ispezione subacquea sia con l'immersione personale in acque poco profonde, sia con tentativi di estenderla fin alle massime profondità oceaniche mediante batiscafi (nel 1960 il Trieste II di A. Piccard è disceso, per iniziativa della marina statunitense, fin oltre 11.000 m nell'abisso Challenger della Fossa delle Marianne e un batiscafo della marina francese ha toccato 9450 m nella Fossa delle Curili). Si studiano le apparecchiature per immersioni sempre più lunghe e si stanno progettando laboratori di osservazione subacquei semipermanenti. Questi modi di ricerca avvantaggiano soprattutto l'esame della morfologia del fondo marino e della sedimentazione, al che molto hanno recentemente contribuito le trivellazioni nel fondo dei mari effettuate per finalità pratiche (ricerche petrolifere). Ben più diffusa, s'intende, l'ispezione del fondo per mezzo della fotografia e ora anche di televisori.
La morfologia terrestre ha affinato i suoi metodi d'indagine, occupandosi più direttamente e approfonditamente dei processi dinamici da cui risulta il modellamento del terreno, e sottoponendo anche a esami di laboratorio le caratteristiche delle rocce in relazione al disfacimento meteorico e all'erosione. Con ciò sembra allontanarsi dalla geomorfologia tradizionale, ma d'altro canto si riaccosta all'orientamento geografico per la considerazione portata ai fattori climatici. Dell'ultimo ventennio è il deciso sviluppo di una cosiddetta morfologia climatica, con il riconoscimento di sistemi d'erosione o morfoclimatici (senza smentire quanto si debba ai fattori strutturali). A ciò si è pervenuti specialmente in seguito alle indagini nei paesi tropicali. Continua a richiamare l'attenzione il problema dell'origine delle grandi superfici di spianamento erosivo (Africa e Australia specialmente); si è riconosciuta una molteplicità di modi di formazione (pediments e altri tipi, accanto ai penepiani nel senso originario). Gli schemi di W. M. Davis, nonostante ripetuti attacchi, sembrano rimanere non interamente superati, almeno per le regioni temperate umide. Nell'insieme la geomorfologia resta un campo comune alla g. e alla geologia, anche perché involge l'appello ai climi del passato e si è inoltre riconosciuta per diversi paesi l'efficienza della neotettonica.
La maggiore espansione e le discussioni più frequenti e più accalorate si sono avute nel vasto campo della g. umana e della g. più specificamente economica; si vede anzi frequentemente affermato che la vera, o unica, g. è quella che prende in considerazione l'uomo, abitatore, utilizzatore e plasmatore della superficie terrestre. Se, a rigore, non sono sorti nell'ultimo quindicennio campi di studio del tutto nuovi, è bensì vero che taluni argomenti hanno assunto speciale ampiezza, insieme con la tendenza verso nuove visuali metodologiche e di collegamenti più stretti con le discipline sociali (in lato senso) ed economiche. Ciò è avvenuto non soltanto per la naturale evoluzione della ricerca e delle idee, ma pure sotto lo stimolo delle dimensioni e dell'evidenza acquistate da diversi problemi delle odierne società umane, in seguito alla rapida e spesso disarmonica trasformazione del mondo, a sua volta legata a innovazioni tecnologiche, a impulsi ideologici, a situazioni politiche nuove.
Tra i problemi scientifici meglio individuati ai quali anche i geografi hanno dedicato studi particolari e opere di sintesi, spiccano quelli relativi all'aumento vertiginoso della popolazione mondiale, alla progressiva urbanizzazione, al deterioramento dell'ambiente fisico e biologico (di cui l'inquinamento è solo un aspetto), alla tumultuosa industrializzazione, alla decolonizzazione e più in generale al sottosviluppo, infine alla necessità di un più razionale assetto del territorio e delle città. Sono temi di larghissima portata, che coinvolgono la g. accanto ad altre scienze, naturali, sociali, economiche, politiche: così i confini della g. umana, del resto sempre molto sfumati, si sono fatti ancora più incerti. La g. economica ha compreso che le sono necessari più stretti contatti e scambi con la scienza dell'economia, e ha pure allargato il suo campo agli aspetti distributivi di fatti propriamente commerciali, a piccolo come a grande raggio, e finanche finanziari.
Tra i rami della g. che hanno richiamato particolare attenzione, è da porre la g. urbana, non più concepita come studio delle città in sé, quanto come sistemi di rapporti funzionali con il territorio e delle città tra loro. Pertanto essa interferisce con l'urbanistica e con la pianificazione del territorio. Si passa così alla "g. applicata", o "volontaria", che nell'ultimo ventennio ha acquistato numerosi sostenitori e ha prodotto contributi teorici e studi specifici regionali; in certi paesi i geografi vengono ora utilizzati come professionisti negli enti di pianificazione, insieme con studiosi di altre discipline e con tecnici. Non vi è tuttavia completo accordo sugli scopi e i limiti dell'intervento della g. in applicazioni del genere, taluni ritenendo che essa debba ridursi a fornire un preciso quadro e una sintesi delle situazioni di fatto odierne, altri sostenendo che il geografo sia qualificato a intervenire pur nelle fasi di previsione e di orientamento, se non addirittura nella fase decisionale per la realizzazione dei piani. I problemi di una nuova "organizzazione dello spazio" - espressione già usata dai geografi - hanno dato origine anche a una cosiddetta "scienza dello spazio" o "analisi spaziale", con intonazione sostanzialmente tecnica e della quale restano indeterminati i rapporti verso la geografia. Questi problemi hanno tra l'altro contribuito a una riconsiderazione del concetto di "regione" da parte dei geografi, che tante volte ne avevano già discusso.
Qualcuno ha creduto di scorgere nella g. applicata (scienza, dunque, a servizio della società e non più soltanto conoscenza del mondo a fini sostanzialmente culturali) la giustificazione di tutta la geografia. Ma indipendentemente da ciò, vuol esser sottolineato il vivace risveglio, nell'ultimo quindicennio, delle discussioni sull'oggetto della g., la sua strutturazione, i suoi principi dottrinari, i metodi d'indagine, la posizione epistemologica. I termini essenziali del dibattito non sono nuovi. Anzitutto la questione dell'unità oppure dualismo di questa disciplina, per alcuni nel senso di rapporto o distinzione netta tra g. fisica e g. umana (addirittura come campi conoscitivamente distinti senza possibilità di compromesso); per altri invece nel senso di scienza generale (nomotetica) diretta al riconoscimento di leggi o tendenze probabilistiche, oppure individuale (idiografica), i suoi individui essendo rappresentati dalle regioni, da illustrarsi nella loro peculiarità. Sussiste comunque la questione dei rapporti tra l'umanità e il suo quadro naturale (anche e ben oltre il rapporto di carattere ecologico), con interpretazioni varie, ma che difficilmente riescono a eludere del tutto la necessità di tener conto del secondo (forme di neodeterminismo); ma si sono pure introdotti i fattori percezione e comportamento, per ora, tuttavia, più teoricamente che in studi specifici. Le posizioni dei vari studiosi risultano assai differenti tra loro, a ogni modo parecchi parlano di un travaglio odierno della g., che dovrebbe modernizzarsi, travaglio scatenato anche dal rapido progresso di discipline a contatto con essa, rispetto alle quali la g. sarebbe rimasta attardata.
Un altro aspetto del dibattito verte sui metodi d'indagine, involgendo però l'essenza stessa della disciplina: è sorta una vivace tendenza a sviluppare una "g. teoretica", strettamente connessa con l'uso di metodi quantitativi e geometrici. Una corrente battagliera sostiene che è nata una "nuova g.", in virtù di una "rivoluzione quantitativa". Si afferma che la nostra disciplina, se vuole sollevarsi a "scienza" (s'intende riferirsi soltanto alle scienze esatte e naturali), deve quantificare le sue variabili e sottoporle a trattamento matematico (tanto facilitato oggi dagli elaboratori elettronici). In tal modo le conclusioni raggiunte nell'esame dei vari problemi acquisterebbero un'esattezza e sicurezza che la g. tradizionale non può offrire. La g. diventerebbe scienza nomotetica e sarebbe anche superato il dualismo tra la fisica e l'umana. G. teoretica e g. quantitativa si propongono di costruire "modelli", da verificare sui dati di fatto, ma comunque capaci di fornire previsioni. Alcuni seguaci si oppongono senz'altro alla g. tradizionale (pur nelle sue forme più moderne) e in ispecie a quella regionale; altri più moderatamente scendono a compromessi, pochi ammettono un'effettiva coesistenza. Si osserva però che questo indirizzo è stato finora applicato a questioni di pura distribuzione spaziale, in genere trascurando le reali caratteristiche del territorio. Come punto iniziale di riferimento per tal genere di ricerche è spesso indicato uno studio di W. Christaller sui cosiddetti "luoghi centrali", del 1933 ma riscoperto tardivamente dai geografi. Appare molto dubbio che l'elaborazione matematica possa estendersi a tutti i fenomeni considerati dalla g. umana, la quale d'altronde non può prescindere dagli sviluppi storici. Rimane poi il problema della scelta delle variabili, tra le tantissime possibili, onde si corre il pericolo d'un nuovo determinismo. La scuola teorico-quantitativa ha finora operato quasi soltanto nei paesi anglosassoni, ma pur da questi si sono levate le critiche; a ogni modo non sembra aver toccato sostanzialmente la pratica degli studi geografici, come può mostrare una scorsa alle riviste più autorevoli.
Resta da ricordare la diffusione e l'importanza assunte nell'ultimo ventennio dalla presentazione dei risultati nella forma cartografica, mediante le carte tematiche, che, sintetizzando un gran numero di dati e informazioni, offrono l'immagine specialmente distributiva di fenomeni diversissimi, naturali e umani. In particolare ha preso sviluppo l'allestimento di atlanti tematici relativi ai singoli paesi, detti convenzionalmente atlanti nazionali (ma anche analoghi atlanti regionali), per i quali iniziative internazionali si sforzano di conseguire una relativa uniformità. I sovietici hanno pure realizzato un ampio Atlante fisico mondiale, che per la concezione si rifà al famoso atlante del Berghaus.
Ricorderemo infine che è mancata la pubblicazione di grandi opere complessive di g. regionale ("g. universali"), come quelle comparse tra le due guerre, che nell'attuale fermento del mondo invecchierebbero troppo precocemente. Abbondanti, invece, le opere su singoli paesi o gruppi di essi, mentre alla g. generale è dedicato un grande trattato in 14 densi volumi, edito in Germania sotto la direzione di E. Obst e J. Schmithüsen dal 1966.
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