Geomatica per la gestione del territorio
La geografia è oggi una disciplina autonoma, capace di fornire una visione sintetica del nostro pianeta e delle complesse relazioni che intercorrono tra fenomeni fisici e fenomeni antropogenetici, vale a dire tra fenomeni naturali e fenomeni indotti in varia misura dall’uomo, direttamente o indirettamente.
Le attività di osservazione della Terra in ambito scientifico hanno avuto una rapida espansione, con un’accelerazione notevole soprattutto nella seconda metà del XX sec., anche se esiste tuttora una scarsa consapevolezza di come utilizzare correttamente e in modo proficuo le potenzialità a disposizione. Settori economici sempre più ampi accedono all’utilizzo di dati di natura e caratteristiche diverse, rilevati con una crescente molteplicità di procedure, quali il posizionamento satellitare, la fotogrammetria digitale, la scansione laser, il telerilevamento multi- e iperspettrale da aereo e da satellite a diverse risoluzioni geometriche, spettrali, radiometriche, temporali in varie bande dello spettro elettromagnetico, sia nelle bande ottiche sia nelle microonde con i radar: si tratta di grandi quantità di dati e di informazioni da questi derivate che devono essere necessariamente organizzati, elaborati, gestiti, rappresentati in cartografie digitali e numeriche e utilizzati in tempi brevi per una corretta rappresentazione e conoscenza della situazione territoriale.
La risposta a tutte queste esigenze è data dalla geomatica. Questo termine è nato nell’Università di Laval in Canada nei primi anni Ottanta dello scorso secolo, a seguito della precisa cognizione che le crescenti potenzialità offerte dal calcolo elettronico stavano rivoluzionando le scienze del rilevamento e della rappresentazione e che l’uso del disegno computerizzato, vale a dire della video-grafica, era compatibile con il trattamento di quantità, fino a quel momento impensabili, di dati.
La rivoluzionaria e geniale intuizione di quel periodo fu imperniata sulla georeferenziazione, vale a dire sull’attribuzione delle corrette coordinate geografiche a tutto ciò che è posizionato sul nostro pianeta. La geomatica è definita, quindi, come un approccio sistemico, integrato e multidisciplinare per selezionare gli strumenti e le tecniche appropriate per acquisire in modo metrico e tematico, integrare, trattare, analizzare, archiviare e distribuire dati spaziali georiferiti con continuità in formato digitale. Una precisa testimonianza della fondamentale importanza di questi temi viene dal fatto che in Europa sono in fase di sviluppo iniziative che tengono largamente conto delle discipline e delle tecniche della geomatica per regolamentare l’uso dell’informazione geo-spaziale nel senso tridimensionale (Geo-spatial information, o più semplicemente Spatial information, SI) e per utilizzare adeguatamente i dati di osservazione della Terra per la conoscenza e la gestione dei rischi ambientali. Il progetto della Commissione Europea chiamato INSPIRE (Infrastructure of spatial information in the European Community) è in fase di evoluzione e aspira a diventare una direttiva dell’Unione Europea. Questa attività si sviluppa in parallelo a quella di un altro progetto europeo chiamato GMES (Global monitoring for environment and security), che ha l’ambizione di studiare soluzioni per proporre un sistema articolato finalizzato alla gestione globale del rischio su scala europea, soprattutto attraverso l’osservazione della Terra dallo spazio.
L’essenza della geomatica è fondamentalmente la gestione del contenuto informativo dei dati territoriali e ambientali utilizzando le scienze informatiche, vale a dire tramite la sistematica e rigorosa elaborazione dell’informazione attraverso strumenti tecnici avanzati (hardware), metodi, modelli e algoritmi (software) e una sempre più sofisticata automatizzazione. È importante sottolineare che troppo spesso i due termini dato e informazione sono utilizzati quali sinonimi, mentre in realtà è profonda la differenza del loro rispettivo significato. La sostanziale distinzione tra dato e informazione è paragonabile alla stessa che esiste tra un insieme apparentemente disordinato di lettere dell’alfabeto e una parola riconosciuta costituita dalle stesse lettere: il dato costituisce la base dell’informazione e in generale rappresenta la misura del mondo esterno o di una sua caratteristica specifica. Questa distinzione fondamentale, che troppo spesso, infatti, è sottovalutata o addirittura ignorata, deriva dal fatto che l’acquisizione di informazioni da parte di un soggetto passa attraverso un processo cognitivo basato sul rilevamento e sull’analisi di dati, mentre soltanto un sistema esperto (umano o non) è in grado di convertire un dato in informazione, cioè di leggerlo secondo determinate regole che lo rendano utile.
Nel caso della geomatica, questa considerazione è particolarmente evidente: un’immagine satellitare grezza, vale a dire non ancora elaborata, costituisce il dato e una sua qualunque elaborazione finalizzata genera informazioni, come, per esempio, immagini tematiche o carte topografiche; il dato originario di un sistema di posizionamento satellitare è una misura di tempo, mentre l’informazione derivata è una posizione nello spazio; i registri di un archivio elettronico o di un database sono dati, mentre la risposta a un’interrogazione che li utilizza fornisce un’informazione.
I contributi di queste discipline alla geomatica ne costituiscono la base fondamentale (fig. 2). La cartografia, vale a dire la rappresentazione della Terra in modo sintetico, chiaro e il più possibile corrispondente alla realtà, ha appassionato fin dall’antichità gli studiosi che, in modi diversi più o meno fantasiosi e anche in funzione delle conoscenze del momento, hanno cercato di restituire su diversi supporti e con diverse tecniche le informazioni geografiche e territoriali. Le carte sono il prodotto grafico numerico nel quale si riporta in modo sintetico il lavoro di misura e di comprensione del ter-ritorio. Oggi esse sono realizzate, di norma, con rigorose procedure di restituzione aerofotogrammetrica, costituendo un’accurata rappresentazione del territorio a una definita scala di riduzione sia per i particolari e le forme planimetriche sia per quelle altimetriche.
Considerando il fatto che il territorio prende forma sulla superficie terrestre, la geodesia mette a disposizio-ne della geomatica informazioni essenziali relative alla Terra come corpo solido, attraverso le sue due branche: la gravimetria e l’astronomia di posizione; la prima, dall’analisi della gravità terrestre e delle sue anomalie, fornisce dati sulla forma e sulle dimensioni della Terra e sul geoide, vale a dire la superficie equipotenziale del campo gravitazionale che più si avvicina alla superficie terrestre; la seconda permette la determinazione della posizione dei punti del globo tramite osservazioni riferite a stelle e a satelliti artificiali, note le leggi della meccanica celeste.
A sua volta, la topografia fornisce la descrizione grafica e metrica dei luoghi della superficie fisica della Terra e contribuisce perciò alla rappresentazione dettagliata del territorio, attraverso la planimetria, per determinare le posizioni relative delle rappresentazioni dei diversi punti del terreno su una medesima superficie di riferimento; l’altimetria, per la determinazione delle quote dei punti della superficie terrestre rispetto alla superficie del geoide; la celerimensura, per il rilievo planimetrico e altimetrico di zone superficiali terrestri, e l’agrimensura, per il computo di aree, spostamento e rettifica di confini, spianamento di zone della superficie fisica terrestre.
A questo punto, è opportuno fare un’interessante precisazione, che riguarda l’uso dei termini rappresentazione e proiezione: il pianeta Terra è un sistema complesso, non sostituibile da alcuna forma geometrica, e sarebbe quindi più corretto parlare di rappresentazione della Terra sul piano della superficie di riferimento e non, anche se il termine è oramai radicato, di proiezione della Terra (da projection). Di fatto, però, le rappresentazioni ottenute applicando le semplici leggi della geometria proiettiva, in virtù delle quali una zona della superficie terrestre si considera proiettata da un particolare punto di vista su una superficie piana o sviluppabile su un piano (su un cilindro o su un cono convenientemente collocati), si definiscono correntemente proiezioni geometriche.
L’apporto della fotogrammetria, sia analogica sia analitica e, oggi sempre più, digitale, è nelle informazioni metriche relative a un oggetto, derivate in maniera rigorosa a partire da sue immagini fotografiche, mentre la fotointerpretazione ha il compito di definirne quelle qualitative (nel quale ambito la visione e l’esperienza umana restano fattori determinanti). Nella ricostruzione rigorosa della corrispondenza geometrica tra immagine e oggetto al momento dell’acquisizione, sia essa classica o digitale, i principali cardini sui quali la fotogrammetria si basa continuano a restare gli stessi; tuttavia, la propensione all’utilizzo fotogrammetrico dei dati satellitari ad alta risoluzione costringe oggi a rivedere l’approccio tradizionale alla prospettiva centrale spostandone i formalismi verso più complesse geometrie proiettive connesse con le modalità di acquisizione dei satelliti e delle nuove camere aerofotogrammetriche digitali. Inoltre, con l’introduzione di tecnologie in grado di acquisire immagini in una regione più ampia dello spettro elettromagnetico rispetto a quella in cui tradizionalmente operano le emulsioni fotografiche, la fotogrammetria e la fotointerpretazione hanno ampliato il loro significato estendendosi fino al telerilevamento, e da questo stanno oggi mutuando la forma dei dati (digitali) e le tecniche per elaborarli al calcolatore. Infatti, il contributo del telerilevamento alla geomatica è basato sulle tecniche che permettono di trarre informazioni da una realtà posta a una nota distanza dal sensore (remote sensing) ed è un elemento cardine per questa giovane disciplina d’integrazione e sintesi.
In particolare due principî fisici sono fondamentali per il telerilevamento: ogni corpo avente una temperatura superiore allo zero assoluto emette radiazioni elettromagnetiche di ampiezza e lunghezza d’onda dipendenti dalle caratteristiche termiche dell’oggetto stesso (principio noto come legge di Planck), e, allo stesso tempo, ogni realtà fisica è in grado di riflettere, diffondere, assorbire e trasmettere una radiazione elettromagnetica incidente, e lo fa in percentuali differenti in funzione delle proprie caratteristiche strutturali, chimiche e cromatiche. Pertanto, nella realtà quotidiana ogni oggetto irradia energia elettromagnetica, sia in ragione della sua temperatura sia perché illuminato da un’altra sorgente, naturale come il Sole o artificiale come una torcia elettrica, un laser o un radar.
Il segnale fornito da uno strumento di telerilevamento che osserva l’oggetto irradiante è proporzionale alla quantità di energia elettromagnetica ricevuta e misurata dal suo sensore e dunque trasporta l’informazione che giunge dagli elementi fisici che costituiscono il territorio o dai fenomeni meteorologici che si frappongono tra quest’ultimo e il sensore. I dati telerilevati da un sensore sono, quindi, una fonte primaria d’informazione per la geomatica. Nel telerilevamento cosiddetto passivo le sorgenti naturali di energia sono due: il Sole attraverso i suoi raggi luminosi, nel qual caso il sensore misura la quantità di luce solare riflessa (albedo), e gli oggetti stessi attraverso la loro emissione termica (legge di Planck), nel qual caso la misura permette di ricavare la temperatura dell’oggetto emittente. Nel telerilevamento attivo, invece, ilsensore stesso è in grado di emettere energia elettromagnetica e diventa sia emettitore sia ricettore di energia: i principi utilizzati in questo caso sono quelli del RADAR (Radio detection and ranging), palindromo che benerende l’idea dell’emissione dell’impulso radar e della successiva registrazione del segnale di ritorno (eco radar)tramite onde elettromagnetiche con lunghezza d’onda compresa tra 1 mm e 1 m, vale a dire nella banda spettrale delle microonde.
Nell’uso attuale, il termine telerilevamento (remote sensing in inglese, télédétection in francese, Fernerkundung in tedesco, perception remota in spagnolo, sensoriamento remoto in portoghese), indica non solo l’acquisizione a distanza di informazioni qualitative e quantitative riguardanti il territorio e l’ambiente, ma anche l’insieme dei metodi, delle tecniche e degli algoritmi per la successiva elaborazione e interpretazione. A questa integrazione si è giunti in maniera quasi naturale e inevitabile. Infatti, l’insieme dei parametri misurabili da satellite e da aereo è assai ampio e le applicazioni dei dati del telerilevamento nell’ambito delle scienze ambientali sono così diversificate da risultare utili in tutto lo spettro degli studi di biologia, geochimica, geologia, esplorazione in campo mineralogico, rilevamento delle caratteristiche geomorfologiche, idrologia, oceanografia, geobotanica, classificazione delle risorse agricole e forestali, catalogazione e individuazione degli stress ambientali, studi di inquinamento ambientale, quindi il controllo continuo del territorio.
Tuttavia, è vitale sottolineare il fatto che il telerilevamento non raccoglie alcuna informazione diretta sull’ambiente, nel senso che non è possibile alcuna misura diretta di parametri ambientali, come invece può essere fatto sul terreno, e che le misure sono indirizzate al riconoscimento indiretto della struttura degli elementi territoriali o al rilevamento indiretto di alcune caratteristiche fisiche come la temperatura. Ragione per cui i dati derivati dall’analisi dei segnali elettromagnetici devono essere convertiti nella stima delle variabili chimiche, fisiche o biologiche investigate attraverso la creazione di appropriati modelli multidisciplinari e l’uso di adeguati algoritmi, e questa conversione deve essere poi verificata: si deve risolvere dunque il problema inverso, dai dati telerilevati all’informazione originaria. Solo in queste condizioni il telerilevamento consente sia un’analisi qualitativa e descrittiva dei dati (per es., delle immagini rilevate da aereo o da satellite), sia un’analisi quantitativa, eseguibile, a volte, in modo automatizzato.
Il successo o il fallimento dell’uso del telerilevamento nel valutare, per esempio, le alterazioni ambientali, dipendono quindi in larga misura dai modelli e dagli algoritmi sviluppati e utilizzati per estrarre i parametri ambientali dal continuum di dati spettrali raccolti dai sensori e dal confronto con elementi di verità a terra, vale a dire con misure di qualità eseguite sul terreno con strumenti e procedure tradizionali. Questo confronto, di fondamentale importanza per una corretta applicazione del telerilevamento e quindi per la qualità del risultato nell’uso della geomatica, costituisce di fatto la verifica geofisica e la convalida metodologica, spesso chiamatebrutalmente validazione (validation). Queste procedure, essenziali per dare credibilità alle applicazioni del telerilevamento, devono affrontare e risolvere problemi che riguardano i metodi di verifica con l’uso di indici internazionalmente riconosciuti, gli schemi di campionamento per il confronto, la selezione e il numero dei campioni da prendere in considerazione, e, di peso rilevante, la ripetibilità delle operazioni.
Benché esistano tuttora delle limitazioni tecniche e algoritmiche all’uso del telerilevamento, il progresso tecnologico, metodologico e analitico ha permesso a questa disciplina di raggiungere un notevole incremento sia nel numero delle missioni da aereo e soprattutto da satellite sia nelle risoluzioni spaziali, temporali, radiometriche e spettrali ottenibili, accrescendo il suo ruolo nella pianificazione territoriale, nella gestione delle risorse terrestri e nel controllo delle dinamiche ambientali attraverso lo studio e la comprensione di fenomeni in altro modo non investigabili. Quando, per esempio, caso tipico nella geomatica, è necessario un aggiornamento tematico delle variazioni tra due distinti momenti (change detection) su una superficie anche ampia, il telerilevamento è insostituibile: i dati su una stessa area sono rilevati dai satelliti con periodo di rivisitazione variabile da poche ore a qualche settimana, in funzione del tipo di missione spaziale, e questo dà la possibilità di redigere una cartografia tematica aggiornata, il cui unico limite è rappresentato dal vincolo che la risoluzione spaziale dello strumento di ripresa utilizzato impone alla precisione geometrica della mappa stessa.
Fra le discipline del rilevamento, acquista poi un particolare significato la tecnica del rilevamento o scansione laser (laser scanning), perché ha tutte le prerogative per rivoluzionare il settore in virtù della completezza delle informazioni prodotte, della precisione conseguibile e dei livelli di automazione e di produttività che lo caratterizzano. A partire da una sorgente laser, fissa o in movimento, terrestre o aerea, attraverso il rilevamento polare di un numero elevatissimo di punti circostanti la sorgente e della risposta radiometrica di ciascuno di essi, è possibile ricostruire, quasi al continuo, l’immagine tridimensionale dell’oggetto o della superficie di interesse. La scansione laser rappresenta quindi una significativa evolu-zione di alcuni aspetti della fotogrammetria, in quanto fornisce direttamente il modello tridimensionale di una superficie che tradizionalmente si ottiene dall’elaborazione stereoscopica delle coppie di immagini bidimensionali riducendo al minimo l’intervento degli operatori per la quasi totale automazione del processo.
La tecnica presenta specifici aspetti tecnologici e informatici che aprono a molteplici possibilità applicative nel rilevamento terrestre e da aereo. Tuttavia, l’anello debole della catena è rappresentato dalle necessarie operazioni di filtraggio per ridurre e selezionare l’enorme mole di dati che il sistema laser raccoglie, utile per ricostruire modelli digitali delle superfici (DSM, Digital surface model) e le caratteristiche geometriche di un edificato. Altro contributo assai importante per la geomatica è dato dai sistemi spaziali di posizionamento e navigazione, che consentono la localizzazione tridimensionale e la guida, dunque la navigazione, di precisione di oggetti anche in movimento su tutto il globo terrestre, con qualsiasi condizione meteorologica e in modo continuo. Essi sono basati sulla ricezione di segnali in banda radio emessi da satelliti per le telecomunicazioni.
L’utente a terra deve essere equipaggiato con uno strumento costituito da un’antenna e un ricevitore, più o meno sofisticato e costoso in funzione dei livelli di accuratezza delle misure raggiungibili, ma in grado di determinare le coordinate geocentriche di qualsiasi punto della superficie terrestre nel sistema di riferimento: conoscendo la posizione dei satelliti, le cui orbite sono anch’esse riferite al sistema geocentrico di riferimento (per es., il WGS84), le coordinate geocentriche possono essere successivamente convertite in altri sistemi di riferimento direttamente dal ricevitore, che dunque fornisce un posizionamento tridimensionale (3D). La determinazione della posizione di un punto è possibile calcolando le distanze tra satelliti e ricevitore, determinate in modo indiretto attraverso misure di tempo o di fase sfruttando caratteristiche differenti del segnale emesso dai satelliti e acquisito dal ricevitore. La natura di tale segnale risulta definita dal sistema di posizionamento cui ci si riferisce.
Attualmente due costellazioni di satelliti garantiscono misure di questo tipo: il sistema statunitense NAVSTAR GPS (Navigation satellite timing and ranging global positioning system) e il GLONASS (Global’naya navigatsionnaya sputnikovaya sistema), realizzato dall’ex-Unione Sovietica, e oggi gestito dalla Russia. Anche l’Europa sta realizzando un proprio sistema di posizionamento globale per acquisire autonomia strategica ed economica nel settore della navigazione e localizzazione di precisione via satellite: proprio alla fine del XX sec., il 19 luglio 1999, il Consiglio d’Europa ha adottato una risoluzione che ha inaugurato il cammino del sistema Galileo in collaborazione con l’Agenzia spaziale europea (ESA, European space agency). Questo sistema è progettato specificamente per scopi civili e commerciali e per avere una maggiore accuratezza, un servizio garantito con continuità sempre al massimo delle prestazioni, la certificazione e la responsabilità dell’operatore del servizio, la tracciabilità del passato e la trasparenza delle operazioni, una maggiore disponibilità dei segnali in ambienti difficili, un canale di comunicazione con priorità per emergenze, e la massima complementarità con gli esistenti GPS e GLONASS. Il primo satellite di qualificazione, GIOVE-A, è stato lanciato il 28 dicembre 2005, mentre l’intera costellazione nominale di 30 satelliti sarà completamente operativa nel 2013. Attualmente, il segnale di tipo Galileo è già disponibile operativamente con le caratteristiche richieste attraverso il servizio EGNOS (European geostationary navigation overlay service) dell’ESA che usa i segnali GPS e GLONASS insieme a infrastrutture aggiuntive a terra.
L’immensa quantità di informazioni con caratteristiche molto diverse, spesso asincrone e variamente distribuite geograficamente, che sono disponibili e necessarie alla geomatica richiede sistemi di acquisizione e di gestione dati particolarmente complessi e spesso dedicati. Il centro pulsante della geomatica è un sistema informativo geografico (GIS, Geographic information system) per la gestione e la manipolazione dei dati geografici. Lo sviluppo dei GIS, in particolare dei sistemi informativi territoriali (SIT), è stato piuttosto lento se confrontato con lo sviluppo dei sistemi informativi per la gestione dei dati commerciali o finanziari. La loro tardiva apparizione sul mercato può essere spiegata con il fatto che l’informazione da archiviare in questi sistemi è più complessa e difficile da processare di quella che si trova in altri tipi di sistemi informativi non geografici: ciò è dovuto sia alla natura stessa dell’informazione di tipo geografico, sia al tipo di operazioni che su di essa si devono eseguire. L’informazione geo-spaziale o spaziale in senso tridimensionale (geo-spatial o Spatial Information, SI) è, infatti, relativa a fenomeni referenziati in planimetria e in altimetria e interconnessi, quali città, strade, aree amministrative, nonché regioni definite in modo meno preciso, quali boschi o paludi.
La definizione che più rispecchia la natura attuale dei sistemi informativi territoriali può derivare dalla sintesi delle enunciazioni di Peter A. Burrough (1986) e di Stanley Aronoff (1989): il SIT o GIS è un potente insieme di strumenti in grado di accogliere, memorizzare, richiamare, elaborare, trasformare e rappresentare dati spazialmente riferiti. Da par suo David J.Cowen (1988) definisce «un GIS come un sistema per il supporto alle decisioni su problemi di carattere ambientale utilizzando dati spazialmente riferiti». L’introduzione e la forte diffusione che hanno avuto i GIS dagli anni Novanta e il notevole sviluppo delle reti neuronali hanno aumentato enormemente la possibilità di elaborazione e di analisi dei dati raccolti negli archivi di pubbliche amministrazioni, di enti e istituti di ricerca che si occupano dello studio e della pianificazione del territorio e hanno dato un vigoroso impulso alla crescita e alla diffusione della geomatica. Infatti, l’enunciazione di Cowen apre a una potente evoluzione del GIS, cioè il suo utilizzo per lo sviluppo di sistemi di supporto alle decisioni (DSS, Decision support system).
La definizione che meglio riassume l’evoluzione dei sistemi informativi territoriali può quindi derivare dalla sintesi delle enunciazioni di Burrough e di Cowen: un DSS è un potente insieme di strumenti in grado di accogliere, memorizzare, richiamare, elaborare, trasformare e rappresentare in scenari opportuni dati georeferiti per fornire ai decisori elementi oggettivi di valutazione su problemi di carattere ambientale e territoriale. I sistemi di supporto alle decisioni sono quindi molto di più di un mezzo per codificare, memorizzare, richiamare dati, perché devono essere concepiti come un modello del mondo reale e permettono alla geomatica di fare un notevole salto di qualità. Infatti, usando uno di questi sistemi come sistema esperto si deve poter prevenire e prevedere una serie di fenomeni legati al territorio e poter esplorare tutto l’insieme dei possibili scenari ad essi legato, ottenendone una visione delle conseguenze: per esempio, la capacità di prevedere quando si verificherà un evento catastrofico, quale un’alluvione, e che intensità avrà o quale area ne sarà interessata, può aiutare nella definizione di un piano di evacuazione della popolazione delle zone potenzialmente interessate.
Nel contesto della geomatica è importante sottolineare quanto già detto all’inizio: con la presentazione della proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo che istituisce la precedentemente richiamata INSPIRE, si introduce in modo ufficiale il termine informazione spaziale, intesa come informazione relativa al globo terrestre nello spazio tridimensionale. È opportuno sottolineare come, nel contesto internazionale, sia molto utilizzata anche la definizione di Geographic information (GI) per indicare tutto ciò che concerne il posizionamento tridimensionale e la georeferenziazione di oggetti posti sul nostro pianeta. È utile notare il fatto che in Italia si usano spesso come sinonimi i termini informazione territoriale e informazione geografica, pur esistendo percorsi culturali diversi che impongono tuttora una distinzione tra questi due termini: la cultura geografica e quella territoriale si differenziano sostanzialmente per via dei percorsi formativi (in prevalenza universitari) che si intraprendono, umanistici o scientifici, e che fanno permanere una netta separazione tra gli studiosi di geografia umana e coloro che misurano il territorio. Questa differenza si ripercuote anche sulle espressioni sistema informativo territoriale e sistema informativo geografico.
Poiché però, qualunque sia l’ambito culturale di provenienza, si utilizzano gli stessi numerosi strumenti tecnologici di rappresentazione oggi disponibili nel medesimo intento di descrivere e rappresentare la superficie terrestre, l’impressione è che queste divergenze progressivamente si stiano colmando per integrare le rispettive conoscenze.
Per quanto detto, la geografia è una disciplina essenziale per la geomatica, perché possiede una specificità propria e un’autonomia epistemologica che le consentono di offrire validi strumenti per la comprensione della realtà terrestre: partendo da risultati raggiunti dalle scienze fisiche e umane, essa realizza una trama interpretativa di sintesi tesa ad analizzare relazioni, cause, effetti e tendenze evolutive nei casi concreti esaminati.
La geografia può dare un valido apporto in ogni aspetto del quadro globale o locale a fronte di una comunicazione sempre più intensa e nello stesso tempo generica. Ne deriva un apporto qualificante e costruttivo per impostare e realizzare una corretta politica ambientale e territoriale (fig. 5). In particolare, la geografia antropica studia le condizioni dell’uomo abitante sul territorio e le relazioni fra le società umane organizzate e gli ambienti naturali o già umanizzati, nel geosistema planetario e nei singoli ecosistemi a differenti scale. A ciascuna di esse corrispondono percezioni, interazioni, gerarchie e sviluppi diversi: la localizzazione di qualunque fenomeno non può dunque limitarsi a un’analisi assoluta ma deve essere relativizzata nei confronti di situazioni viste a raggio crescente; la stessa non va ridotta alla sola posizione di un luogo, bensì va estesa ai concetti di distribuzione, associazione e specializzazione spaziale. Così anche la distanza può essere non solo metrica ma intesa anche come distanza temporale, economica, sociale.
Il rapido sviluppo dei web GIS dalla fine del XX sec. ha dato alla geomatica un duttile strumento per mettere a disposizione dell’utente non esperto informazioni territoriali visualizzate su immagini telerilevate anche di altissima risoluzione geometrica per la divulgazione di dati geografici immagazzinati su macchine dedicate alla memorizzazione delle banche di dati e le cui architetture di rete, anche molto complesse, sono trasparenti all’utente finale.
Infine, non si può trascurare l’importanza dell’ontologia, per via dell’interesse che nella Commissione Europea, e in particolare nell’ambito dell’informazione spaziale, essa sta assumendo con l’intento di contribuire a rimettere ordine nelle terminologie e definizioni che con il rapido sviluppo della geomatica si utilizzano in modo improprio. Il termine ontologia, che genera molte controversie, per esempio, nelle discussioni sull’intelligenza artificiale, ha seguito un lungo percorso nella storia della filosofia, con particolare riferimento alle questioni relative alla scienza in quanto fatto storico e in quanto modalità di espressione della razionalità umana.
Nell’ambito della geomatica sta assumendo un ruolo la definizione di ontologie atte alla condivisione e al riutilizzo della conoscenza, cioè utili per fare assunzioni ontologiche. Un’assunzione ontologica è un accordo per usare un vocabolario (ponendo delle questioni e facendo delle asserzioni) in un modo consistente, ma non completo rispetto alla teoria specificata da un’ontologia: si costituiscono degli elementi che rispondono a dei principi ontologici prefissati e in questo modo le ontologie implementate consentono di condividere la conoscenza con e tra questi elementi. La formale rappresentazione della conoscenza è quindi basata su una concettualizzazione: da una parte gli oggetti, i concetti e altre entità che vengono assunti di esistere in una certo ambito di interesse e dall’altra le relazioni che si instaurano tra loro.
La concettualizzazione è un’astratta visione semplificata del mondo che si desidera rappresentare per un certo scopo. Ogni conoscenza di base, ogni sistema basato sulla conoscenza e ogni sistema esperto è guidata da una concettualizzazione esplicita o implicita.
Nella intelligenza artificiale (AI, Artificial intelligence) ciò che esiste può essere rappresentato. Quando la conoscenza in un certo ambito è rappresentata con un formalismo descrittivo, il gruppo di oggetti che possono essere rappresentati è definito come universo del discorso. Le relazioni descrivibili che possono occorrere tra oggetti appartenenti a uno stesso gruppo sono definite nel vocabolario con il quale un programma basato sulla conoscenza rappresenta la conoscenza stessa. Pertanto, nel contesto dell’intelligenza artificiale è possibile descrivere l’ontologia di un programma definendo un gruppo di termini rappresentativi per quella applicazione. In un’ontologia così concepita, le definizioni associano i nomi di entità nell’universo del discorso (per es., classi, relazioni, funzioni, altri oggetti ecc.) con un testo descrittivo con l’esatto significato dei termini, che assume assiomi formali, cioè impone limitazioni alle possibili interpretazioni e uso dei termini stessi.
Da un punto di vista formale, l’ontologia è la definizione di una teoria logica: l’esempio più semplice di ontologia è la definizione tassonomica gerarchica di classi in una legenda, come quella usata nella classificazione della copertura del territorio (CORINE Landcover) utilizzata su scala globale dalla FAO (Food and Agriculture Organization) e su scala europea dall’UE.
La geomatica è dunque un insieme di discipline e tecniche che mira a fornire un vitale supporto nella gestione del territorio per un’adeguata misura delle condizioni territoriali statiche e per l’identificazione e l’analisi delle possibili evoluzioni dinamiche, in modo da conoscere e prevedere situazioni di pericolosità e di rischio al servizio di possibili attività di allerta in condizioni operative prossime a quelle del tempo reale. Un esempio è dato dalla costituzione di un sistema per il monitoraggio di aree esondate. Il sistema, basato sulla raccolta di dati, sia immagini sia dati numerici puntuali rilevati a terra, da aereo e da satellite con strumenti attivi e passivi, pur nascendo in ambiente SIT, vale a dire come sistema informativo territoriale, si configura, in effetti, come un DSS, perché è costituito da sistemi informativi in grado di creare scenari possibili attraverso la modellizzazione della realtà e di offrire una scelta di soluzioni al decisore: il sistema per il monitoraggio di aree esondate è, infatti, un potente insieme di strumenti in grado di ricevere opportuni dati georeferiti, accoglierli, memorizzarli, richiamarli, elaborarli, trasformarli e soprattutto rappresentarli in forma di scenari possibili per fornire ai decisori elementi oggettivi di valutazione sulle possibili conseguenze di un evento.
Il DSS sviluppato è quindi molto più di un mezzo per codificare, memorizzare, richiamare dati, perché è concepito come un modello di rappresentazione del mondo reale. Usando tale sistema è possibile rappresentare e ipotizzare scenari di eventi legati al territorio ed esplorare l’insieme delle possibili conseguenze: nel caso specifico, la capacità di prevedere quando si verificherà un’alluvione, che intensità avrà o quale area ne sarà interessata, può aiutare nella definizione di un piano di interventi nelle zone potenzialmente interessate. Il luogo ideale di adozione di un sistema di questo tipo è dunque quello di una sala operativa. In tale ottica, il sistema è basato su tecniche congiunte di SIT e di ingegneria delle reti informatiche che lo predispongono a un grado di autonomia sufficiente ad affrontare condizioni di emergenza.
Il quadro generale in cui si colloca il DSS prevede che, a seguito di misura o di stima delle precipitazioni (ottenute nel primo caso da centraline meteorologiche, nel secondo dall’interpretazione del ritardo troposferico del segnale GPS), un modello idrologico/idraulico produca scenari di piena, per esempio sotto forma di idrogrammi relativi a sezioni fluviali specifiche, dai quali derivare scenari di esondazione. Queste rappresentazioni dinamiche, interagendo con i numerosi piani informativi statici risiedenti nel DSS, quali edifici, viabilità, ecc., evidenziano in modo autonomo situazioni di rischio e procedono a una prima stima delle risorse territoriali coinvolte, vale a dire a una prima valutazione di impatto territoriale.
L’importante sviluppo della geomatica, l’accresciuto interesse nel campo dell’informazione spaziale, la complementarità, l’integrazione e il sinergismo tra le discipline e le tecniche che la caratterizzano, hanno recen-temente portato a delineare una nuova figura pro-fessionale: il geomatico. Si avverte, infatti, sempre piùconcretamente la necessità di dover fornire una sufficientemente convincente motivazione culturale per la conoscenza scientifica e tecnologica nelle discipline che si occupano del rilevamento, dell’elaborazione e della restituzione dei dati avendo come obbiettivo la rappresentazione del territorio e il supporto alle decisioni. Una figura professionale di questo tipo esiste nel Nord America dagli inizi degli anni Ottanta del XX sec. e in alcuni paesi d’Europa si sta progressivamente affermando: è l’evoluzione del chartered surveyor nei paesi di lingua inglese, del géomètre expert in quelli francofoni, del Vermessungsingenieur in quelli di lingua tedesca, del Geodetisch Ingeniur nei Paesi Bassi.
Una lettura attenta dell’itinerario storico e dei differenti percorsi avvenuti nei diversi paesi dell’Unione Europea e non, individua nella matematica, nella fisica e in particolare nell’astronomia la comune origine, a partire dal XVII sec., delle discipline del rilevamento, elevate poi a scienze collocate nell’agrimensura. La prima differenziazione ha luogo, fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, nella Francia della rivoluzione e dell’impero, quando le discipline del rilevamento vengono collocate nella, allora nascente, ingegneria civile. Solo nel corso del XIX sec. altre differenziazioni intervengono, in tutti i paesi dell’Europa centro-settentrionale e orientale; in quel periodo, in Italia, si assiste alla progressiva scomparsa delle discipline del rilevamento dal mondo delle scienze matematiche, fisiche (e naturali) e al loro progressivo inserimento nell’ingegneria civile.
Negli ultimi decenni, lo sviluppo delle discipline del rilevamento è stato prorompente: dalla geodesia spaziale alla topografia di precisione, dalla fotogrammetria al telerilevamento, dalla cartografia numerica al trattamento delle osservazioni, ai sistemi informativi territoriali ed ai sistemi di supporto alle decisioni. Le regioni e le province, oltre agli storici enti cartografici dello Stato, hanno assunto responsabilità istituzionali per la cartografia e il problema della certificazione di qualità, tanto nel rilevamento quanto nella restituzione, è in costante e progressiva estensione. Le prospettive professionali per l’esperto del rilevamento e del controllo di qualità sono quindi in continua e progressiva crescita. Si può pertanto facilmente pronosticare l’emergere rapido, costante e progressivo della figura professionale del geomatico.
Aronoff 1989: Aronoff, Stanley, Geographic information systems: a management perspective, Ottawa, WDL Publications, 1989.
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