Geometria
Nel corso della comparazione tra l'ordine de li cieli e quello de le scienze la G., una delle scienze del Quadrivio, antica partizione della matematica, viene da D. comparata al cielo di Giove per due proprietadi: l'una sì è che [questo cielo] muove tra due cieli repugnanti a la sua buona temperanza, sì come quello di Marte e quello di Saturno... l'altra sì è che intra tutte le stelle bianca si mostra, quasi argentata... La Geometria si muove intra due repugnanti a essa, sì come 'l punto e lo cerchio... e questi due a la sua certezza repugnano; ché lo punto per la sua indivisibilitade è immensurabile, e lo cerchio per lo suo arco è impossibile a quadrare perfettamente, e però è impossibile a misurare a punto. E ancora la Geometria è bianchissima in quanto è sanza macula d'errore e certissima per sé e per la sua ancella, che si chiama Perspettiva (Cv II XIII 25, 26, 27). La G. è quindi per D. un'arte fondata sulla certezza assoluta, un esemplare strumento della conoscenza (come anche per s. Tommaso Comm. Eth. I lect. II). Si possono condividere allora le notazioni tomiste sulla certezza per sé della mathematica che " est circa materiam, in qua invenitur omnimoda certitudo " (I lect. III). Per questo una dimostrazione realizzata con mezzi geometrici può essere vista come più attendibile anche di una qualsiasi dimostrazione per sensum.
Le notazioni del passo riportato hanno origine dagli Elementa di Euclide, nei quali appunto la G. si muove tra il punto, con la cui definizione comincia il l. I, e la sfera di cui si parla con l'ultimo problema dell'ultimo libro. D. qui pone in figurazione poetica un accenno di Gundissalinus (De Divisione philosophiae, ediz. Baur, nei Beiträge di Baeumker, IV 2-3, Münster 1903, 111), di s. Tommaso (Comm. de coelo et mundo, II lect. V; Comm. Metaph. V lect. VIII n. 871; cfr. Busnelli-Vandelli, comm. a Cv II XIV 26), e di Alberto Magno (Coel. et mund. I II 1).
L'accenno di D. (Cv II XIV 8) alla G. come suddivisione della matematica e (II III 6) come scienza ausiliaria dell'astronomia faceva parte di uno schema assai antico (Boezio Arithmetica I 1, e cfr. P. Rajna, Le denominazioni ‛ Trivium ' e ‛ Quadrivium ', in " Studi Medioev. " n.s., I [1928], ripreso da s. Tommaso: " Mathematica habet diversas partes, et quamdam principaliter sicut arithmeticam et quamdam secundario sicut geometriam; et alia consequenter se habent his, sicut perspectiva, astrologia et musica ", Comm. Metaph. IV lect. II n. 563). La G. è quindi certissima per sé poiché, come l'aritmetica, la sua forma di conoscenza è scire propter quid dal momento che la sua consideratio si svolge sugli abstracta mentre le scienze subalterne " accipiunt quae sunt considerata in abstractione a Geometria et applicant ad materiam " (cfr. Comm. Metaph. I lect. II e Busnelli-Vandelli, pp. 207 ss.).
D. accenna altrove agli ‛ idioti ', che senza conoscere neanche i rudimenti della grammatica vorrebbero intraprendere le difficili dispute in materia di G. (Cv IV XV 17, ma è parafrasi di s. Tommaso, ad es. Sum. theol. I II 2), ed è chiaro come questo accenno polemico sottintenda la consapevolezza del ruolo fondamentale di questa disciplina e nella conoscenza in genere e visto il supposto perfetto ordine del cosmo. Per questo la G. trova la sua celebrazione finale nella tentata descrizione suprema della visione divina: Qual'è il geomètra che tutto s'affige / per misurar lo cerchio, e non ritrova, / pensando, quel principio ond'elli indige, / tal era io a quella vista nova (Pd XXXIII 133).
Il sapere geometrico dei secoli XIII-XIV operava un deciso superamento dei frammentari interessi medievali in materia. A partire dalla trattazione di Cassiodoro (490-580) gl'interessi teorici per le questioni matematiche erano andati precisandosi in modo assai episodico ed elementare nella cultura europea. La parziale coerenza di certi sparsi frammenti euclidei contenuti nelle trattazioni di Boezio (c. 480-524) e la sua versione latina degli Elementi di Euclide segnarono un primo passaggio di questo settore della ricerca antica alla nuova ricerca dell'occidente. Una Summa geometrica pseudoboeziana dei secoli VII-VIII approfondiva le notazioni geometriche di Isidoro di Siviglia (560-636) e, pur mantenendosi nei limiti di una volgarizzazione sintetica e settoriale, costituiva l'ambito tematico nel quale si sarebbe mossa la discussione geometrica del sec. IX. A questo punto la G. faceva già parte delle arti del Quadrivio, secondo uno schema che era stato già di Plinio e di Marziano Capella e che era stato poi ripreso e completato da Boezio, insieme all'Aritmetica, l'Astronomia e la Musica. Con la rinascita carolingia la G. entrava cioè a far parte definitivamente dell'ordine degli studi diviso in arti liberali. Si allargava anche l'area delle curiosità geometriche superando gl'interessi delle scuole di cattedrale e di convento che avevano perpetuato esclusivamente le sezioni che riguardassero soluzioni di problemi molto semplici e di uso corrente rimaneggiando largamente tutto il relativo repertorio tematico con l'esclusione di tutte quelle parti che non sembrassero d'immediata applicabilità.
La ricerca araba dei secoli IX-X riproponeva alla cultura europea i materiali dell'antico sapere geometrico in parte rielaborati in tutta una serie di trattazioni originali in materia soprattutto di ottica e di prospettiva. Proprio su questi settori si sarebbero poi esercitate le curiosità del tempo di D. in un arco tematico che comprendeva anche i dati degli Elementa euclidei, delle Coniche di Apollonio, della Meteorologia e del De Anima aristotelici e poi Tolomeo, Diocle, al-Kindî, Alhazen, Avicenna, Averroè. Ma si trattava di un assai lento processo di riassimilazione della problematica geometrica greca e latina. Ancora infatti nel sec. X l'indagine di Gerberto comprendeva poco più che applicazioni in materia di agrimensura e di tecniche di misurazione di oggetti lontani. E gran parte delle notazioni relative a questi problemi potevano essere anche viste come semplici rielaborazioni di qualche vecchio manuale di scuola pitagorica. Se è anche e proprio con questo autore che si proponeva coerentemente un rinnovato interesse per la ricerca teorica e si diffondeva l'uso della raccolta pseudoboeziana, i nuovi matematici erano in grado di utilizzare solo parzialmente le conclusioni dei geometri greci essendo ancora fondamentalmente incapaci di seguirne le ragioni teoriche. Con la fondazione delle prime università i singoli settori della conoscenza scientifica tendevano a un'organizzazione e a una diffusione coerente disposta a recepire anche i motivi più raffinati della G. araba e indiana.
A partire dal sec. XII la penetrazione delle opere arabe in Europa si faceva progressivamente più notevole. I diversi frammenti del sapere geometrico finivano per essere inclusi, con un salto qualitativo eccezionale, in un progetto generale che prevedeva la possibilità di un uso delle matematiche come fondamento possibile del discorso filosofico-teologico, a opera non solo di scienziati come Adelardo di Bath e Ugo di San Vittore ma anche di teologi come Anselmo, Riccardo da San Vittore e Abelardo. Una posizione resa possibile solo da un deciso e potente superamento dei dati semplicistici della matematica medievale. I progressi più marcati si realizzarono però solo nel corso del sec. XIII in campo aritmetico e algebrico nell'opera di Leonardo Fibonacci e di Jordanus Nemorarius, e questi risultati non mancarono di modificare profondamente non solo lo spazio tematico della G. ma anche l'interesse generale per i suoi problemi. Importanti questioni geometriche, euclidee in particolare, comparivano tra l'altro in un pubblico certame matematico pisano del 1225 al quale presero parte sia Fibonacci sia i dotti del seguito di Federico II alla presenza dello stesso imperatore.
Un definitivo risveglio delle ricerche in materia di G. si realizzava quindi attraverso la discussione degli Elementa euclidei, il trattato classico della G. piana elementare. Il suo primo completo commento, quello di Campano di Novara (m. 1296-98) che vi aggiungeva sue riflessioni notevolmente complete sul problema delle quantità continue, sarebbe stato pubblicato poi nel 1483 alle soglie della fortuna rinascimentale della matematica.
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