Riemann, Georg Friedrich Bernhard
Matematico e fisico tedesco (Breselenz, Hannover, 1826- Selasca, presso Intra, sul Lago Maggiore 1866). I suoi contributi in vasti ambiti di ricerca (analisi complessa, teoria delle serie trigonometriche e dell’integrazione, topologia algebrica, teoria delle funzioni abeliane, studio delle varietà n-dimensionali, geometria differenziale, teoria dello spazio fisico, ecc.) hanno avuto un enorme influsso sullo sviluppo della scienza otto-novecentesca.
Allievo di Gauss all’univ. di Gottinga, R. si trasferì nella primavera del 1847 a Berlino, dove studiò meccanica analitica e algebra superiore con C.G. Jacobi, geometria moderna con J. Steiner e, soprattutto, analisi e teoria dei numeri con P.G.L. Dirichlet, stringendo rapporto di collaborazione con il giovane Privatdozent G. Eisenstein, di cui aveva seguito le lezioni sulla teoria delle funzioni ellittiche. Rientrato nel 1849 a Gottinga, R. partecipò attivamente al seminario di matematica e fisica fondatovi nel 1850 da Gauss e W. Weber, divenendo assistente di quest’ultimo nell’attività di sperimentazione. Libero docente dal 1853, prof. straordinario a Gottinga nel 1857, due anni dopo R. succedette a Dirichlet nella cattedra matematica superiore. Sofferente di una forma acuta di tubercolosi, R. trascorse gli ultimi quattro anni per lo più in Italia, dove incontrò numerosi matematici, tra cui Enrico Betti, di cui orientò gli studi verso la fisica matematica e le idee sulla connessione degli spazi a n dimensioni.
I lavori di R., non numerosi, ma tutti fondamentali, hanno aperto svariati campi della matematica pura e applicata. Già nella sua dissertazione di laurea (1851) R. fondò una vera e propria teoria delle funzioni di variabile complessa, con l’introduzione della loro geniale rappresentazione su una superficie composta da più fogli piani sovrapposti (riemaniana o superficie di R.), che pose le basi per lo sviluppo della teoria moderna delle funzioni analitiche e della topologia. La profondità e la generalità del proprio approccio alla teoria delle funzioni consentì a R., nella celebre memoria del 1857 sulle funzioni abeliane, di ridefinire l’intera teoria delle funzioni e i loro integrali, aprendo la via alla moderna teoria delle funzioni algebriche. Si devono a R. importanti contributi alla teoria dei numeri: calcolò (1859), a partire da una funzione di variabile complessa (funzione zeta di R.), e mediante una formula asintotica, il numero dei numeri primi inferiori a un numero assegnato. Le straordinarie capacità matematiche di R. si rivelarono soprattutto nelle due dissertazioni del 1854 che preparò per l’abilitazione alla docenza. Nella prima dissertazione (pubblicata post. nel 1867), sulle funzioni di variabile reale rappresentabili con serie trigonometriche, è esposto per la prima volta con pieno rigore il concetto di integrale definito, ed è fornita una condizione necessaria e sufficiente d’integrabilità (integrabilità secondo R). Nella seconda (anch’essa pubblicata nel 1867) sui fondamenti della geometria (Ueber die Hypothesen, welche der Geometrie zu Grunde liegen; trad. it. Sulle ipotesi che stanno a fondamento della geometria), uno dei capolavori della letteratura matematica di ogni tempo, caratterizzato dall’impiego sistematico di un approccio analitico non assiomatico, R. introdusse il concetto di metrica di uno spazio o di una varietà (metrica di R.), studiando le superfici a curvatura costante positiva, o negativa, oltreché nulla (piano ordinario), e scoprendo, accanto alla geometria iperbolica di N.J. Lobačevskij e J. Bolyai, un nuovo tipo di geometria non euclidea (ellittica, o geometria di R, che si ha nel caso di una curvatura costante positiva, come per es. nel caso di una superficie sferica), che si ottiene affermando che non esiste alcuna retta parallela a una retta data passante per un punto esterno.
La dissertazione del 1854 sui fondamenti della geometria, punto di svolta nel processo ottocentesco di rigorizzazione delle basi della matematica e di generalizzazione dei suoi concetti, prese le mosse dal «problema di costruire, partendo dal concetto generale di grandezza, il concetto di grandezza pluridimensionale», che nell’analisi di R. si presenta come suscettibile di diversi rapporti metrici, e di cui lo spazio tridimensionale non è che un caso particolare. Ne deriva l’impossibilità di dedurre analiticamente le proposizioni della geometria dal concetto generale di grandezza. R. poté dunque affermare, sulla scia di Gauss, che le proprietà «per cui lo spazio si distingue dalle altre possibili grandezze tri-estese, si possa ricavare soltanto dall’esperienza», e che la «certezza evidente» che la tradizione ha riconosciuto alla geometria euclidea va ricondotta nel novero della semplice probabilità, «seppur assai considerevole rispetto ai limiti dell’osservazione». Sullo sfondo della rifondazione riemanniana, alimentata dalle critiche di Herbart alla nozione kantiana di spazio come forma a priori della sensibilità, della basi concettuali della geometria, vi è il tentativo di elaborare un quadro matematico capace di unificare le leggi dei fenomeni naturali, il cui programma fu abbozzato da R. sin dal breve saggio del 1850 Ueber Umfang, Anordung und Methode des naturwissenschaftlichen Unterrichts auf Gymnasien. Qui è chiaramente affermato, all’interno del progetto di costituzione di un’autentica Naturphilosophie fondata sul rifiuto della nozione newtoniana dell’azione a distanza, il convincimento di poter «elaborare una teoria matematica perfetta e in sé compiuta che proceda dalle leggi elementari, valide per i singoli punti, fino agli accadimenti dello spazio piano e continuo a noi realmente dato, senza fare distinzione se si tratta della forza di gravità, dell’elettricità, del magnetismo o dell’equivalenza del calore». L’elaborazione del formalismo capace di unificare la leggi naturali, nell’ultima sezione della dissertazione del 1854 sui fondamenti della geometria, è connessa da R. alla determinazione delle relazioni metriche nell’infinitamente piccolo, aspetto centrale delle tecniche di analisi della fisica matematica («la conoscenza delle connessioni causali dei fenomeni è essenzialmente basata sulla precisione con cui noi li seguiamo nell’infinitamente piccolo»). Richiamandosi alla tesi che, diversamente da quanto accade in una varietà discreta, il principio delle relazioni metriche in una varietà continua non è incluso implicitamente nella nozione stessa, R. sostenne che o gli enti reali «che sono alla base di uno spazio debbono costituire una varietà discreta, oppure il fondamento delle relazioni metriche deve essere cercato altrove, nelle forze che agiscono su di essi tenendoli assieme». Lo sviluppo tardo-ottocentesco della geometria differenziale riemanniana, a cui si ricollegò il calcolo tensoriale elaborato da T. Levi-Civita, G. Ricci-Curbastro ed E.B. Christoffel, fornì alla teoria della relatività generale di Einstein lo strumento essenziale per la costruzione di una teoria geometrica della gravitazione, secondo un ideale di unificazione matematica delle forze elementari della natura che orienta l’attuale ricerca fisica teorica e sperimentale.
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