DAUMER, Georg Friedrich
Scrittore, nato il 5 marzo 1800 a Norimberga, morto a Würzburg il 13 dicembre 1875. Seguì le lezioni di Hegel e Schelling; passò poi a Lipsia abbandonando la teologia per la filologia. Nel 1825 era insegnante al ginnasio della sua città natale; motivi di salute lo costrinsero a ritirarsi dopo alcuni anni. Visse da allora immerso negli studî, per qualche tempo anche a Francoforte s.M., dal 1860 e fino alla morte a Würzburg.
Tentò dapprima, sulle tracce di Schelling e di Böhme, una conciliazione del panteismo col teismo (Andeutung eines Systems der spekulativen Philosophie, 1831). Si affaticò poi sempre intorno al problema di una religione dell'avvenire. Scorgeva nella storia (Philosophie, Religion und Altertum, 1833) due forze in lotta tra loro, l'una affermatrice, l'altra negatrice di vita: quest'ultima egli individuò nel culto semitico di Moloch, diffusosi a suo parere in tutto il mondo col cristianesimo, che prese quindi a combattere. Ma per costruire la sua Religion des neuen Weltalters (1849) faceva ricorso anche all'idea ebraica del Messia. Il pensiero che l'uomo sia un essere ancora in via di sviluppo l'indusse a credere che il primo esemplare della nuova umanità fosse stato Cristo. Allora il cristianesimo gli apparve il germe della nuova religione della vita che cercava, e si converti al cattolicesimo (Meine Conversion, 1859). Le decisioni del Concilio Vaticano del 1870 lo delusero di nuovo. Continuò a sognare la religione dell'avvenire, combattendo le tendenze materialiste (Das Reich des Wunderbaren, 1872; Das Wunder, 1872, ecc.). Con un libro pubblicato nel 1837, Bettina, che riduceva ingegnosamente in versi alcune pagine del noto carteggio goethiano, D. aveva riconosciuto nella donna la personificazione della natura divina. Alla più alta delle donne volse poi il suo culto (Marianische Legenden und Gedichte, 1841-59); e la sua migliore lirica va trascelta dai Frauenbilder und Huldigungen (1853), di cui parecchi componimenti si mantengono vivi grazie alla musica di Brahms. ll suo talento metrico D. lo mostrò anche nella Polydora (1855), scelta di canti d'amore di tutti i popoli, ma soprattutto nelle versioni dello Hafis (1846-56) e del Mohamed (1848), in cui, sulla linea di Goethe, Rückert, Platen, celebrò nei poeti dell'Oriente i cantori del profondo istinto vitale.
Ediz.: Gesammelte poetische Werke, edite da L. Hirschberg, I vol. (l'unico uscito), Berlino 1924.
Bibl.: Veit Valentin, G. Fr. D., in Allg. Deutsche Biographie, IV (con bibliografia degli scritti del D.); M. Birkenbihl, G. Fr. D. Beitr zur Gesch seines Lebens und seiner westöstlichen Dichtungen, Aschaffenburg 1905; H. Esselberger, D. und die westlöstliche Dichtung, Marburgo 1920.