Budd, George
Medico inglese (North Tawton, Devonshire, 1808 - Barnstaple, Devonshire, 1882). Fu medico della marina militare a Greenwich, dove compì studi sul colera e sullo scorbuto, e poi prof. a Cambridge (1840-63). Nel 1846 descrisse la sindrome che porta il suo nome.
Sindrome di Budd-Chiari Rara sindrome causata dall’ostruzione, generalmente dovuta a trombosi, delle vene sovraepatiche maggiori. La causa della sindrome può essere una occlusione congenita, ma di solito la trombosi è acquisita, in relazione a uno stato di ipercoagulabilità da malattie mieloproliferative (policitemia vera, mielofibrosi) e altre malattie del sangue quali l’anemia a cellule falciformi, l’emoglobinuria parossistica notturna, difetti ereditari dei normali inibitori della coagulazione (antitrombina III, proteina C, proteina S, fattore V di Leiden), alla presenza degli anticorpi antifosfolipidici e di valori plasmatici alterati degli ormoni sessuali femminili. Una compressione diretta è associata ai traumi addominali, alle lesioni suppurative del fegato e all’interessamento neoplastico della regione delle vene epatiche. In molti altri casi, la causa è sconosciuta.
I pazienti si presentano in genere con dolore addominale, fegato ingrandito, liscio e dolorabile, un’ascite importante e resistente alla terapia e un ittero lieve. L’esordio acuto può portare a un’insufficienza epatica e all’exitus. Più frequentemente, la sindrome di B.-Chiari evolve, in una fase cronica, caratterizzata da un vago dolore addominale e dai segni dell’ipertensione portale con splenomegalia e cirrosi. La pressione applicata sul fegato provoca la non distensione delle vene giugulari (reflusso epato-giugulare negativo). L’estensione dell’ostruzione trombotica a livello della vena cava inferiore produce un importante edema della parete addominale, associato a un aspetto tortuoso delle vene (che vanno dalla pelvi verso l’alto, oltre l’ombelico fino al margine costale) e un edema importante delle gambe.
La diagnosi è di solito accertata con mezzi non invasivi, come l’imaging delle vene epatiche e della vena cava inferiore (ecografia color Doppler, TC e MRI). Raramente sono necessarie la venografia epatica o cavografia e l’agobiopsia epatica. Il decorso naturale della malattia è molto grave (meno del 10% dei pazienti sopravvive oltre tre anni senza trattamento). Se la diagnosi viene effettuata subito ed è seguita dal trattamento, il tasso di sopravvivenza è del 90% a cinque anni.
Gli approcci terapeutici comprendono la correzione dei fattori di rischio di trombosi, la terapia anticoagulante a lungo termine, la ricanalizzazione delle vene ostruite con la radiologia interventistica, il TIPS (shunt porto-sistemico intraepatico transgiugulare), e il trapianto di fegato nel caso di fallimento degli altri metodi di trattamento.