Ulmer, George Edgar
Regista e scenografo austriaco, nato a Olmütz (od. Olomouc, Rep. Ceca) il 17 settembre 1904 e morto a Woodland Hills (California) il 30 settembre 1972. Regista abilissimo e pragmatico, fortemente influenzato dall'esperienza nell'ambito del cinema espressionista tedesco, venne considerato il re dei b-movies nei quali non mancò di sperimentare soluzioni stilistiche originali che spesso produssero, specialmente nel campo del noir, piccoli capolavori. Risulta tuttavia difficile caratterizzare complessivamente la sua produzione dal momento che molti dei film da lui girati sono andati perduti.
Dopo aver studiato architettura all'Accademia di arti e scienze di Vienna si formò, come tanti altri uomini di spettacolo d'area mitteleuropea, alla scuola prestigiosa del grande regista teatrale Max Reinhardt, seguendolo nel 1923 in qualità di scenografo negli Stati Uniti, dove si trattenne poi a lavorare come disegnatore di scene per la Universal Pictures. Tornato in Germania collaborò con Friedrich Wilhelm Murnau e Fritz Lang, non solo come scenografo, ma anche nell'ideazione di alcuni dei più importanti film espressionisti: proprio con Murnau, con il quale era tornato negli Stati Uniti come collaboratore per Sunrise. A song of two humans (1927; Aurora), poté mettere a punto, come da lui stesso affermato, la 'scenografia di produzione', cioè la codifica di tutte le angolazioni; poiché infatti i loro set erano costruiti in prospettiva, erano obbligati a costruirne tanti quante erano le diverse angolazioni dell'inquadratura. Nel 1929, a Berlino, partecipò poi alla realizzazione di Menschen am Sonntag. Das Dokument der Gegenwart (1930) diretto da Robert Siodmak su sceneggiatura di Billy Wilder. Si tratta di un documentario formalmente non ignaro del modello di Walther Ruttmann, Berlin. Die Sinfonie einer Grosstadt (1927), ma ricco di dettagli psicologici e di annotazioni intimistiche.
Nel 1931 si stabilì a Hollywood, lavorando alla Metro Goldwyn Mayer e iniziando una lunga carriera di regista, per compagnie minori produttrici di film a basso costo. Il 1934 fu l'anno di un piccolo gioiello del noir: The black cat, liberamente tratto da E.A. Poe. Protagonista è la coppia Boris Karloff-Bela Lugosi, specializzata nel genere horror. U. inventò la casa edificata su un cimitero di guerra in Transilvania, il cui aspetto sinistro, per quanto esteriormente moderno (e persino 'futurista'), si rivela nelle segrete dei piani interrati, dove il folle architetto (Karloff) conserva i corpi imbalsamati delle donne che ha ucciso. Seguirono alcuni film yiddish e ucraini, come Grine felder, noto come Green fields, diretto da Jacon Ben-Ami (1937), commedia rurale girata a New York e nel New Jersey, Natalka Poltavka, noto come Girl faom Poltava, diretto con M.J. Gann (1937), per il quale fu ricostruito un intero villaggio grazie all'entusiasmo 'nazionalistico' di attori e maestranze d'origine ucraina. Per questi e altri film, U. fu anche definito 'regista delle minoranze'.
Nel 1944 realizzò un altro noir, Bluebeard (La follia di Barbablù). Protagonista è un pittore fabbricante di burattini che strangola le sue modelle dopo averle ritratte, per un'oscura vendetta misogina. La pulsione scopica coincide qui con quella omicida, tanto che il delitto finale è ostacolato proprio dal complicato marchingegno di specchi e sipari che lo stesso pittore mette in opera per non essere visto mentre dipinge. Altrettanto riuscito fu Detour (Detour ‒ Deviazione per l'inferno), del 1945: strutturato in un lungo flashback, il viaggio di un automobilista si trasforma in incubo quando per paura nasconde il cadavere di un uomo (morto accidentalmente) e ne assume l'identità. Una ragazza lo ha visto, e lo ricatta. Per impedirle di chiamare la polizia, l'uomo, senza volerlo, la strangola con il filo del telefono, in un inusuale piano-sequenza di sei minuti. Il road movie si colora d'angoscia nel momento in cui appare impossibile sfuggire agli agguati del destino. Nel 1951 U. diresse un notevole film di fantascienza, The man from planet X (L'uomo dal pianeta X), girato in sei giorni a basso costo. Del 1955 è invece un western atipico e crepuscolare, The naked dawn (Fratelli messicani): storia dell'amicizia tra un bandito e un peone messicano, e del loro amore per la stessa donna, ispirò (per ammissione del regista francese) il François Truffaut di Jules et Jim (1962). Dopo gli anni Cinquanta, nelle mutate condizioni dell'industria cinematografica, la sua carriera si disperse in numerosi film di mediocre qualità, dove il tocco del suo stile è riconoscibile solo in qualche sequenza (Annibale, 1959; Antinea, l'amante della città sepolta, 1961).
J. Belton, The Hollywood professionals, 3° vol., London-New York 1974, pp. 148-80; Vienna, Berlino, Hollywood. Il cinema della grande emigrazione, a cura di E. Ghezzi, E. Magrelli, P. Pistagnesi et al., Venezia 1981; Edgar G. Ulmer, a cura di E. Martini, Bergamo 1989; J. Hoberman, Bridge of light: yiddish film between two worlds, New York 1991.