MOORE, George
Scrittore irlandese, nato nel 1853 a Moore Hall, presso Ballyglass (Mayo); morto a Londra il 23 gennaio 1933. Seguendo una presunta vocazione per la pittura, si recò nel 1872 a Parigi, dove però tale vocazione si rivelò presto mancata. I dieci anni che rimase a Parigi furono tuttavia decisivi per il M.: in stretto contatto con i grandi movimenti che per la pittura e la letteratura si verificarono a Parigi in quegli anni, si saturò di Flaubert e di Baudelaire. Abbandonata la pittura, il M. compose e pubblicò un volume di versi scritti parte in francese e parte in inglese, Flowers of Passion (1877), che imitavano Baudelaire; seguì nel 1881 un secondo volume: Pagan Poems, in cui all'imitazione di Baudelaire si aggiunse quella delle ballate di Swinburne. I due volumi passarono meritamente inosservati. Affermatasi con l'Assommoir la fama di Zola, il M. aderì alla scuola di Médan, si orientò verso la prosa e, tornato nel 1882 in Inghilterra, vi pubblicò l'anno seguente il suo primo romanzo, A Modern Lover, naturalistico, prolisso, di stile piatto, con personaggi di scarso rilievo, nel quale il M. utilizzò le proprie esperienze degli ambienti artistici di pittori.
Vi era nel M. il proposito di contrapporre la libertà del verismo ai limiti convenzionali dell'arte vittoriana; ma solo il secondo romanzo, A Mummer's Wife (1885), notevolmente migliore del primo, sollevò discussioni che diedero al M. la notorietà. Questo romanzo introdusse il naturalismo in Inghilterra quando già si delineava in Francia la decadenza del romanzo sperimentale. L'atteggiamento di reazione contro la società vittoriana continuò col terzo romanzo A Drama in Muslin (1886), in cui però per criticare le convenzioni del matrimonio il M. non fece che stemperare in un racconto troppo lungo il dramma d'Ibsen Casa di bambola. Con A Mere Accident (1887) l'orientamento verso il simbolismo prende il sopravvento, finché nell'anno successivo con le Confessions of a Young Man il M. inaugurò la serie delle opere autobiografiche che costituiscono i suoi libri migliori. Era apparso nel 1885 Marius the Epicurean di W. Pater, al cui influsso il M. dovette soprattutto l'affinamento della sua prosa; la quale raggiunse la rara perfezione di stile che, nonostante difetti d'altra natura, caratterizza i suoi romanzi successivi, tra cui i migliori rimangono Esther Waters (1894) e Evelyn Innes (1898). Il protagonista delle Confessions of a Young Man è una specie di replica del protagonista del romanzo A rebours di Huysman e tutto il libro è imbevuto dello spirito estetistico il quale, tipico di quel periodo della letteratura inglese e del Pater, doveva raggiungere l'espressione estrema in O. Wilde. Altri echi e altre qualità avvicinano molto la prosa del M. al D'Annunzio e ad altri scrittori appartenenti al periodo detto "wicked nineties". La seconda fase nella vita letteraria del M. cominciò quando egli prese parte, ma senza entusiasmi nazionalisti, alla rinascita gaelica dell'Irlanda. Soprattutto per influsso di W. B. Yeats, il M. fu tra i fondatori del teatro letterario irlandese e fece rappresentare a Dublino una commedia satirica, The Bending of the Bough, che tratta di cose locali irlandesi. In The Untilled Field (1903) e in The Lake (1905) egli dà della vita irlandese un quadro romantico, in contrasto con la satira pungente e col deliberato sarcasmo della trilogia Hail and Farewell! (Ave, 1911; Salve, 1912; Vale, 1914), nella quale il M. descrive le sue avventure a Dublino e la sua partenza dall'Irlanda. Nessuna altra opera nata dal movimento letterario irlandese può reggere il confronto con questi tre libri, per ricchezza di colore e di humour e per vivezza di caratteri. Essi costituiscono un quadro vivacissimo dello spirito irlandese e in specie dublinese nell'anteguerra. Il M. nomina i suoi amici in tutte lettere e non si fa scrupolo di metterli in ridicolo senza misericordia. Questa trilogia fu, in certo senso, il commiato del M. dall'aspetto combattivo all'attività letteraria. Nel terzo periodo della sua vita egli si ritirò nella sua casa a Londra, nella Ebury Street, dove rimase fino alla morte, tenendovi riunioni in modo molto simile a quanto aveva fatto S. Mallarmé a Parigi. Il frutto migliore di tali riunioni raccolse nel volume Conversations in Ebury Street (1924). Nel 1916 il M. scrisse The Brook Kerith, storia di Cristo secondo le sue personali vedute. Nel 1918 fece stampare privatamente, in edizione di lusso, Avowals e nel 1920 A Story-teller's Holiday. Nel 1921 raccontò in bella prosa la storia di Héloïse and Abélard e nel 1926 pubblicò la romantica storia di Ulick and Soracha; infine nel 1931 scrisse Aphrodite in Aulis che si può considerare il suo canto del cigno. Questi ultimi libri recano tracce di stanchezza, nonostante la bellezza dello stile immaginoso, che fu cura costante del M., il quale nel 1917 riscrisse da cima a fondo A Modern Lover col nuovo titolo Lewis Seymour and some Women, come nel 1920 rimaneggiò profondamente Esther Waters.
Preoccupato sempre e soltanto del problema artistico, il M. attuò con tutta la sua vita la formula cosiddetta dell'arte per l'arte; ma di quel gruppo di scrittori che si suole designare decadenti, egli è stato il rappresentante maggiore e quello la cui opera contiene elementi più sicuramente durevoli.
Opere: Oltre a quelle citate, Spring Days: A Realistic Novel (1888), Mike Fletcher (1889), Vain Fortune (1890), Sister Teresa (1901), tutti romanzi; Celibate Lives (1895), novelle; The Strike at Arlingford (1893), The Coming of Gabrielle (1920), commedie; Memoirs of my Dead Life (1905), autobiografia; Impressions and Opinions (1891), Modern Painting (1893), Reminiscences of the Impressionist Painters (1906), studî critici. Una ristampa completa delle sue opere è in corso a Londra.
Trad. ital.: Confessioni d'un giovane, Roma 1930.
Bibl.: J. A. Williams, Bibliographies of Modern Authors, Londra 1921, n. 3; id., G. M., a Biography, Londra 1921; S. L. Mitchell, G. M., Dublino 1916; E. Boyd, Ireland's Literary Renaissance, Dublino 1916; J. Freemann, A Portrait of G. M. in a Study of his Work, Londra 1922; L. Rosenblatt, L'idée de l'art pour l'art dans la littérature anglaise pendant la période victorienne, Parigi 1931, pp. 223-234.