Georgia
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(XVI, p. 639; App. II, i, p. 1030; V, ii, p. 395; v. urss, App. III, ii, p. 1043; IV, iii, p. 754)
Geografia umana ed economica
Territorio e popolazione
Tipico paese transcaucasico di transizione e di crocevia, la G. ha risentito ancora negli anni più recenti della sua posizione di frontiera fra ambienti naturali ed etnico-culturali assai diversi: tra il litorale pontico e le elevatissime vette caucasiche e anatolico-armene, e al tempo stesso tra il mondo slavo (russo) e quello islamico (turco).
Il paese (5.059.000 ab. nel 1998, secondo una stima) include nel suo territorio, oltre alla G. in senso stretto (che rappresenta il 78% della superficie e l'82% della popolazione dello Stato), due repubbliche autonome, quelle dell'Agiaristan e dell'Abkhasia sul Mar Nero, e la provincia autonoma dell'Ossezia Meridionale nell'interno, a ridosso del Caucaso. Oltre agli Abkhasi e agli Agiari, che sono musulmani, e agli Osseti, le più numerose fra le altre minoranze sparse per il paese si ricollegano etnicamente ai tre confinanti paesi ex sovietici: Armeni (9% della popolazione), Russi (6%, concentrati nelle aree urbane), Azeri (6%).
Circa un quarto della popolazione georgiana vive oggi nella città capitale, Tbilisi, antico e tradizionale centro culturale del paese ma anche metropoli moderna e animata (purtroppo devastata dagli scontri degli anni Novanta), con vasti quartieri in espansione che circondano il nucleo antico. Tra le città minori emergono Kutaisi, centro economico della G. occidentale, Rustavi e i capoluoghi dell'Abkhasia, Sukhumi (cuore della regione turistica pontica), e dell'Agiaristan, la città portuale e cantieristica di Batumi.
Condizioni economiche
Il versante pontico della G., soprattutto nella pianura costiera della Colchide, a clima mite e umido, fittamente popolata, trova tradizionalmente la sua vocazione economica nella ricca e variegata agricoltura di tipo mediterraneo e subtropicale, con vigneti, agrumeti e piantagioni di tè (di questa pianta la G. è uno dei grandi produttori mondiali) e cotone; sul litorale dell'Abkhasia, a nord-ovest, è ben radicata, anche se ostacolata dai recenti conflitti interni, un'intensa attività turistico-balneare. Il settore orientale del paese, dal clima assai più asciutto e continentale, è oggi largamente irrigato grazie ai corsi d'acqua provenienti dal Caucaso e può accogliere perciò anche colture che richiedono umidità come il cotone, oltre che piantagioni di tabacco, mais, barbabietola, soia; non mancano peraltro i vigneti, che erano i migliori dell'URSS. Nell'insieme l'agricoltura georgiana di fine millennio, in parte privatizzata, si presenta dunque come un'attività economica relativamente fiorente. L'industria può contare su modesti giacimenti di carbone e sui più importanti depositi di manganese di Čiatura (peraltro sfruttati da tempo); petrolio importato viene raffinato e utilizzato per la petrolchimica a Batumi, capolinea sul Mar Nero dello storico oleodotto proveniente da Baku nell'Azerbaigian; una più ampia conduttura, in funzione dell'esportazione di petrolio azero verso l'Occidente, è in progetto (con sbocco sul mare a Poti), ma la sua costruzione appare molto contrastata. Il grande impianto siderurgico a ciclo integrale di Rustavi, 'città nuova' eredità dell'epoca sovietica, ha subito un notevole ridimensionamento, mentre varie industrie di trasformazione (lavorazione del tè e del tabacco, vinificazione) sono localizzate soprattutto nella capitale. Occorre riconoscere che, a differenza di altri paesi ex sovietici, la G. da un lato non presenta una ricchezza di risorse naturali tale da sollecitare appoggi significativi dall'esterno, e, dall'altro, essa occupa una posizione (al confine con la Turchia) tale da rendere ben difficile l'accettazione da parte della Federazione Russa di una sua collocazione internazionale realmente indipendente. Significativa, in questo senso, è proprio la vicenda dell'oleodotto di Poti, la cui realizzazione potrebbe affrancare largamente la G. (e l'Azerbaigian) dalla dipendenza esterna, ma è stata finora impedita dagli sforzi della Russia miranti a potenziare le condutture nel proprio territorio (al fine anche di controllare meglio i due paesi transcaucasici).
bibliografia
R.G. Suny, The making of the Georgian nation, Bloomington (Ind.) 1988, 1994²; P. Nasmyth, Georgia. A rebel in the Caucasus, London-New York 1992; P. Migliorini, Nuovi scenari geopolitici: il petrolio del Mar Caspio, in Bollettino della Società geografica italiana, 1997, pp. 435-38.
Storia
di Martina Teodoli
Divenuta una repubblica indipendente nel 1991, la G. fu interessata da una prolungata fase di grave instabilità interna. Fra il 1991 e il 1993 fu infatti teatro di una guerra civile che spaccò lo stesso schieramento nazionalista che aveva portato il paese all'indipendenza, contrapponendo i sostenitori di Z. Gamsakhurdia, presidente della Repubblica dall'aprile 1991 al gennaio 1992, a un eterogeneo spettro di forze di opposizione, civili e militari; queste si raggrupparono nel 1992 intorno a E. Ševardnadze, già ministro degli Esteri sovietico, che, tornato in G., assunse le funzioni di capo dello Stato. Inoltre, truppe del governo di Tbilisi furono impegnate in due diversi conflitti contro le minoranze abkhasa e osseta che, contrarie alla separazione dall'URSS, avevano a loro volta promosso una politica secessionista, mentre la rivendicazione di una maggiore autonomia veniva espressa dalla minoranza agiara (di origine georgiana, ma di religione musulmana) e tensioni interetniche si registravano nelle zone abitate da minoranze armene e azere. Tale complessa situazione vanificò, nei primi anni successivi all'indipendenza, gli sforzi per il consolidamento di nuove strutture politiche e per la ricostruzione economica, oltre che per il rafforzamento del ruolo internazionale del paese, che subiva un forte isolamento anche a causa della politica di contrapposizione a Mosca e del conseguente rifiuto di aderire alla CSI. Soltanto a partire dalla fine del 1994 la G. entrò in una fase di relativa pacificazione, caratterizzata dalla progressiva ma difficoltosa riaffermazione dell'autorità centrale, che negli anni precedenti era stata minacciata anche dagli scontri fra le numerose milizie private esistenti, responsabili di ripetuti atti di terrorismo. Nel frattempo, l'ingresso nella CSI, alla fine del 1993, aveva di fatto sancito il ritorno della G. nella sfera di influenza russa.
Le relazioni fra i Georgiani e le diverse minoranze etniche presenti nel paese subirono un grave deterioramento sin dalla fine degli anni Ottanta con l'affermarsi a Tbilisi delle forze nazionaliste: l'Ossezia Meridionale, abitata da una popolazione di lingua iranica, fu interessata da violenti scontri fin dal 1989 e rivendicò da allora la propria integrazione nella Federazione Russa. Il cessate il fuoco firmato da Ševardnadze e da B. El´cin nel giugno 1992 consentì l'avvio di un difficile processo negoziale sullo status politico della regione, nel cui ambito, accanto alla riaffermazione del principio dell'integrità territoriale della G., emerse la prospettiva di una forma di ampia autonomia per l'Ossezia Meridionale (1997). Intanto, il controllo della repubblica autonoma dell'Abkhasia era stato assunto dalle forze secessioniste, che dopo un aspro conflitto erano entrate a Sukhumi (la capitale abkhasa) nel settembre 1993. Alla fine dell'anno fu avviato un negoziato per la definizione dello status dell'Abkhasia. Tuttavia gli scontri continuarono, nonostante l'invio di una missione di pace dell'ONU (United Nations Observer Mission in Georgia), affiancata dal luglio 1994 da una forza di pacificazione della CSI composta soprattutto da truppe russe. La svolta nei rapporti con Mosca, che aveva reso possibile l'intervento delle forze russe in funzione antiabkhasa (dopo che per anni Mosca era stata accusata di sostenere gli indipendentisti), era stata sancita da vari accordi di sicurezza e cooperazione, che prevedevano fra l'altro il mantenimento di basi militari russe in G. (febbraio 1994) e la difesa comune della frontiera con la Turchia (marzo 1994), quest'ultima consolidata dalla partecipazione georgiana al Trattato multilaterale sulla difesa delle frontiere esterne della CSI (maggio 1995). La situazione in Abkhasia non trovò soluzione e ancora nei primi mesi del 1998 si assistette a una violenta ripresa degli scontri, seguita in maggio da un nuovo cessate il fuoco.
I diversi conflitti (che provocarono alcune migliaia di morti) e i drammatici problemi economici e sociali a essi collegati, come lo spostamento di numerose decine di migliaia di profughi, colpirono duramente la G.; mentre la produzione agricola e industriale subiva un drastico declino, il paese si trovava sempre più dipendente dagli aiuti internazionali. La politica di stabilizzazione, promossa dal governo con il sostegno del FMI alla fine del 1994, permise l'avvio di un relativo miglioramento della situazione economica, favorendo il progressivo ristabilimento dell'autorità centrale nel corso del 1995; questo processo fu accompagnato da una tendenza al rafforzamento dei poteri presidenziali, sancito dalla Costituzione approvata nell'agosto 1995 (essa inoltre modificò la denominazione ufficiale del paese da quella di Repubblica di Georgia, assunta nel 1990, in quella di Georgia). Nelle elezioni per il nuovo Parlamento unicamerale (novembre 1995), il partito di Ševardnadze, l'Unione dei cittadini di Georgia, ottenne la maggioranza dei seggi, risultato confermato nelle successive elezioni dell'ottobre 1999. Contemporaneamente eletto presidente della Repubblica a suffragio universale diretto, Ševardnadze approfondì, negli anni successivi, il programma di riforma strutturale dell'economia. Il presidente si adoperò, al tempo stesso, per un rafforzamento del ruolo internazionale del paese: ammessa all'ONU nel 1992, la G. ha firmato (aprile 1996), contemporaneamente all'Armenia e all'Azerbaigian, un accordo di partnership e cooperazione con l'Unione Europea. Nel gennaio 1998 Ševardnadze sfuggì, a Tbilisi, a un attentato in cui persero la vita due sue guardie del corpo.
bibliografia
R. Gachechiladze, New Georgia. Space, society, politics, London 1995; V. Cheterian, Dialetics of ethnic conflicts and oil projects in the Caucasus, Genève 1997.