Georgia
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Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Stato della Transcaucasia. Nei primi anni del 21° sec. la dinamica demografica del Paese (4.677.400 ab. a una stima del 2005) è stata caratterizzata da un costante decremento dovuto al sommarsi di un incremento naturale ormai nullo e di un forte flusso emigratorio provocato dalle difficili condizioni economiche: la metà della popolazione vive infatti al di sotto della soglia di povertà, mentre la disoccupazione colpisce il 30% della popolazione attiva.
Sul Paese grava un debito estero di quasi 2 miliardi di dollari (circa il 50% dell'intero PIL) e la bilancia commerciale è largamente deficitaria (le importazioni sono, in valore, oltre il doppio delle esportazioni). Gli investitori stranieri si sono mostrati diffidenti nei confronti di uno Stato così a rischio, e solo l'inizio dei lavori (aprile 2003) per la costruzione di un oleodotto e di un gasdotto tra Baku e Ceyhan (v. Azerbaigian) ha segnato un'inversione di tendenza, richiamando capitali dall'estero (338 milioni di dollari nel 2003 contro 100-150 negli anni precedenti). L'oleodotto e il gasdotto, inaugurati nel 2005, consentono il trasporto verso occidente degli idrocarburi del Mar Caspio e dell'Asia centrale, aggirando la Russia. Una prima breccia nel monopolio russo su tali trasporti era stata aperta, nel 1999, con l'inaugurazione di un oleodotto tra Baku e il porto georgiano di Supsa, sul Mar Nero.
La difficoltà da parte del governo di controllare alcune porzioni del territorio, la corruzione e la presenza di un'economia parallela, che rappresenta più del 60% di quella nazionale, sono fattori che inibiscono la ripresa economica. Anche se in rialzo (8,4% nel 2004 contro 5,6% nel 2002), la crescita del PIL resta la più bassa tra quelle dei tre Paesi transcaucasici. Il settore agricolo contribuisce alla formazione di un quinto del reddito nazionale, occupando oltre la metà della popolazione attiva. Il clima permette la coltivazione di prodotti subtropicali, come, per solo due esempi, tè e agrumi; discreta appare anche la produzione di cereali, di uva, di fiori e di tabacco. L'industria comprende alcuni impianti siderurgici e chimici, una raffineria di petrolio, una fabbrica di autoveicoli e alcuni stabilimenti tessili e agroalimentari.
Storia
di Paola Salvatori
La diffusa corruzione dell'apparato statale e la mancata soluzione dei conflitti etnici che avevano travagliato la G. fin dalla sua indipendenza (1991), si riproposero in tutta la loro gravità agli inizi del Duemila, seppure in un contesto politico fortemente incline al cambiamento. Era infatti emersa, tra gli esponenti più giovani dell'élite dirigente, educati in Europa e negli Stati Uniti, una crescente insofferenza nei confronti dei tradizionali metodi di governo e degli uomini che ne erano espressione - primo tra tutti il presidente E. Ševardnadze (in carica dal 1992) - considerati responsabili della mancata modernizzazione del Paese come pure della sua scarsa rilevanza a livello internazionale.
Lo scontro politico, che assumeva dunque anche i connotati di scontro generazionale, cominciò a manifestarsi a livello istituzionale nel corso del 2001, quando il ministro della Giustizia M. Saakašvili decise di rassegnare le proprie dimissioni (settembre), criticando lo scarso impegno del governo nella lotta alla corruzione. Le sue denunce, sommate alle proteste espresse da più parti per le ingerenze dell'esecutivo nei mezzi di informazione, alimentarono una crescente opposizione che diede origine a ripetute manifestazioni di piazza. L'irrigidimento dell'esecutivo non fece che esacerbare gli animi, provocando inoltre la frantumazione del partito di maggioranza, l'Unione dei cittadini di Georgia, da cui presero vita nuove formazioni politiche guidate dai leader riformisti: Saakašvili, portavoce del nuovo nazionalismo georgiano, fondò il Movimento nazionale, mentre Z. Žvania formò, nel giugno 2002, il partito dei Democratici uniti, di centro.
Nei mesi successivi la situazione rimase critica: si intensificò la mobilitazione della società civile a opera dei nuovi partiti e dei diversi movimenti di opinione - tra i quali svolse un ruolo particolarmente attivo quello denominato Kmara (Basta), cui aderirono i comitati degli studenti - e venne ripetutamente avanzata la richiesta di elezioni anticipate e di precise garanzie sulla correttezza del loro svolgimento. Furono proprio i brogli effettuati in occasione delle elezioni, svoltesi nel novembre 2003, a far precipitare la situazione. Ritenendo illegittima la vittoria dei partiti filopresidenziali, riuniti nel blocco Per la nuova Georgia, le forze di opposizione portarono nelle strade della capitale migliaia di manifestanti, che invasero pacificamente il Parlamento costringendo Ševardnadze alla fuga. Quest'ultimo, dal canto suo, deciso a scongiurare una nuova guerra civile, presentò le dimissioni, e il potere venne assunto ad interim dalla signora N. Burdžanadze. Annullati i risultati delle consultazioni legislative, vennero indette nuove elezioni generali. Quelle presidenziali, svoltesi nel gennaio 2004, furono vinte a larghissima maggioranza da Saakašvili (96,9% dei voti) che, assunto il potere, introdusse (febbraio) modifiche costituzionali volte, tra l'altro, a fissare al 7% dei voti il quorum necessario ai partiti per poter entrare in Parlamento, e a ristabilire il ruolo di primo ministro (carica assunta in febbraio da Žvania e dopo la sua morte, nel febbraio 2005, da Z. Nogaideli). Le successive elezioni legislative (marzo 2004) diedero la vittoria alla coalizione che aveva sostenuto il presidente neoeletto (formata dal Movimento nazionale e dai Democratici uniti), che con il 67,3% dei voti si aggiudicò 135 dei 150 seggi in palio. L'unico altro partito che superò lo sbarramento del 7% fu la Nuova destra (7,5%), cui vennero attribuiti i restanti seggi. La nuova amministrazione pose tra le sue priorità la lotta alla corruzione e il ristabilimento dell'autorità centrale su tutto il territorio, in vista del più ambizioso progetto di assegnare al Paese un ruolo di protagonista nell'area caspico-caucasica, con la conseguente riduzione dell'influenza russa. In particolare, Saakašvili puntò a ricondurre sotto il controllo dello Stato le regioni secessioniste, e cioè l'Agiaristan, l'Ossezia Meridionale e l'Abkhasia, proclamatesi unilateralmente indipendenti, riprendendo così il controllo sulle loro risorse economiche, doganali e fiscali. Mentre nel caso dell'Agiaristan il presidente riuscì a raggiungere tale obiettivo in maniera relativamente facile, senza l'uso delle armi, nell'Ossezia Meridionale e nell'Abkhasia le mire centralizzatrici del governo incontrarono una ferma resistenza, e si riaccesero gli scontri armati. Nel tentativo di promuovere il dialogo, nel gennaio 2005 Saakašvili presentò nuove proposte per garantire l'autonomia delle due regioni, pur nel ripristino dell'autorità centrale. In politica estera la G. accentuò in questi anni l'orientamento favorevole all'Occidente, e in particolare agli Stati Uniti, entrando in contrasto con Mosca, restia a cedere il controllo di una zona cruciale per il passaggio degli oleodotti. Nell'aprile 2005 il governo giunse a un accordo con il Cremlino sulla chiusura delle ultime due basi militari russe presenti sul territorio, che si stabilì dovesse avvenire entro il 2008.