GERALDO
Non conosciamo il luogo e la data della sua nascita; secondo Leone Marsicano era di origine tedesca. Fu monaco a Montecassino e venne ordinato arcivescovo di Siponto (Foggia) da papa Alessandro II anteriormente al maggio del 1064, data del documento che reca la sua prima sottoscrizione episcopale (Registrum di Pietro Diacono, in Chronica monasterii Casinensis). Prima di questo evento nulla sappiamo di lui anche se è molto probabile che egli si sia formato nella comunità cassinese all'epoca degli abati riformatori Richerio di Niederaltaich (morto nel 1055) - di cui secondo un'ipotesi del Wühr sarebbe stato uno stretto collaboratore - e di Federico di Lorena (1057).
Leone Marsicano sottolinea che la promozione di G. alla sede episcopale di Siponto si dovette al suggerimento dell'arcidiacono Ildebrando, il futuro papa Gregorio VII; questa contiguità tra G., il movimento di riforma della Chiesa e lo stesso Ildebrando - non testimoniata dalle fonti e comunque ipotizzabile solo per il periodo non documentato della sua vita claustrale - non mancherà di segnare il destino di G. negli anni della piena maturità.
È possibile, ma non ulteriormente accertabile, che prima di assurgere alla cattedra sipontina, già sotto il pontificato di Niccolò II, G. sia stato chiamato a Roma con il compito di datario della Cancelleria pontificia, come sembrerebbe desumibile da un atto del 16 maggio 1061 che attesta in questo ruolo un "Geraldus monachus, fungens officio bibliothecarii Sanctae Romanae Ecclesiae". Il primo dei pochissimi documenti a noi pervenuti, in cui G. appare come arcivescovo di Siponto, è il già ricordato atto del maggio 1064: datato con gli anni dell'imperatore di Bisanzio, Costantino X Ducas, esso testimonia la consegna al monaco cassinese Anserico di un tratto di mare pescoso lungo la costa di Siponto, lasciato in eredità a Montecassino dal defunto Pandolfo. In esso appare la sottoscrizione "Ego Girardus archiepiscopus ecclesiae Sipontinae".
Del novembre dello stesso 1064 è poi una chartula conservata nel codice diplomatico di S. Maria di Tremiti, relativa all'atto con cui G. (che si sottoscrive "Gerardus archiepiscopus sancte Sipontine sedis et Beati Michaelis archangeli"), per concludere un'annosa lite, cedette al monastero dell'isola di S. Nicola un terzo di una grande salina in cambio di un prezioso vestito di seta intessuto d'oro (skaramangion) e di un'icona. G. è infine ricordato in una chartula vicariationis del dicembre del 1068 che testimonia di nuovo il passaggio di un terzo della salina nelle mani dei monaci come corrispettivo di un'icona ornata d'oro e di un'altra sontuosa veste di seta.
Negli anni in cui G. fu vescovo, e in particolare (come ha congetturato Schmale) prima dell'agosto 1067, Alessandro II indisse a Siponto un sinodo cui G. dovette forse partecipare, per quanto egli non sia nominato nell'indiretta testimonianza dell'evento (di non certa datazione) offerta da due lettere di questo papa (ibid.). Fu invece senza alcun dubbio presente, come riferisce Leone Marsicano, alla solenne dedicazione della nuova basilica abbaziale di Montecassino, presieduta da Alessandro II, il 1° ott. 1071, insieme con numerosi alti prelati della Curia romana e con i presuli "Campanie, Principatus, Apulie atque Calabrie".
L'importanza dell'avvento di G. all'episcopato fu enfatizzata da un atto di particolare rilievo e solennità: il definitivo distacco della diocesi, cui era stato preposto, dalla soggezione gerarchica alla sede metropolitica di Benevento. Per quella occasione, infatti, Alessandro II innalzò la sede di Siponto alla dignità arcivescovile - del resto già riconosciutale, a partire dal 1023, dai Bizantini durante la loro occupazione. Il gesto del papa - il quale pure, in due lettere del 1062 e del 1063 (Codice diplomatico, p. 236) indirizzate rispettivamente al vescovo Guisardo, predecessore di G., e all'arcivescovo di Benevento Udalrico, aveva ribadito la soggezione di Siponto alla Chiesa di Benevento - rappresenta senza dubbio una concessione alle antiche aspirazioni della Chiesa sipontina, garantita dalla personalità del nuovo presule, monaco benedettino cassinese, scelto nella cerchia riformatrice con l'approvazione dell'arcidiacono Ildebrando.
L'impegno di G. non si volse soltanto alla cura pastorale della sua arcidiocesi; papa Gregorio VII si valse della sua opera per il riordinamento ecclesiastico dell'Illiria. Nella primavera del 1074 G. fu infatti inviato come legato apostolico a Ragusa di Dalmazia perché risolvesse la causa del vescovo Vitale (II), incarcerato dai suoi concittadini e sostituito con un altro pastore. Il papa, nel caso che G. non fosse riuscito a comporre la controversia, imponeva ai Ragusei, sotto pena della scomunica, di inviare a Roma, dinnanzi al suo tribunale, Vitale e il vescovo eletto irregolarmente. Non conosciamo l'esito della vicenda; secondo una notizia contenuta nella tarda Historia pontificum Salonitanorum et Spalatinorum dell'arcidiacono Tommaso di Siponto (1200-68), G., in veste di legato apostolico, indisse un concilio provinciale a Spalato nel novembre del 1074, i cui atti non ci sono pervenuti.
Nel corso di questo sinodo - riferisce Tommaso -, alla presenza dell'arcivescovo spalatino Lauro e dei suoi suffraganei, fu ripristinata la diocesi di Nona (Nin), soppressa nel 928, dopo essere stata per 64 anni la sede dell'"episcopus Croatorum"; venne inoltre, allora, risolta la controversia tra il vescovo di Zara Stefano e l'abate Pietro di S. Crisogono della stessa città; di quest'ultima vertenza ci è stato conservato in parte il decreto, che secondo Holder Egger è stato interpolato (cfr. Thomas Spalatensis, p. 572 nota 2). Questo documento reca la seguente significativa datazione: "In anno 1075 [stile pisano] ab incarnatione Domini nostri Iesu Christi, mense novembris, ea tempestate, qua comes Amicus regem Croatiae cepit". L'intervento armato del normanno conte di Giovinazzo Amico (II) era stato stimolato dallo stesso Gregorio VII - forse su suggerimento del suo legato G. (cfr. Košćak, p. 258) che ben doveva conoscere, in quanto arcivescovo sipontino, il conte normanno - per contrastare le rivendicazioni di Slavac, eletto re dai Croati probabilmente già nel 1073, ma ricusato dalle città del Nord che parteggiavano per un pretendente al trono sostenuto dal ceto ecclesiastico, il bano Demetrio Zvonimir.
Sempre secondo la Historia dell'arcidiacono Tommaso, nel corso del sinodo spalatino del 1074 G. rese operative le ultime volontà di Alessandro II a proposito della sorte da riservare al prete scismatico Vulfo, che dodici anni prima - per essersi opposto con violenza alla soppressione della liturgia e della lingua slava voluta dalla Curia romana - era stato imprigionato dall'allora legato pontificio Giovanni, cardinale vescovo di Porto. Vulfo fu liberato dal carcere ma gli venne imposto l'esilio perpetuo dalla Dalmazia e un pellegrinaggio a Roma per ottenere la remissione delle sue colpe.
Nella primavera del 1076 G. era impegnato, sempre come legato apostolico, in una nuova missione, della cui natura non siamo informati: nella lettera "Quia matrem", indirizzata nell'aprile di quell'anno al patriarca di Grado Domenico (IV), Gregorio VII si limita a ricordare l'assenza di G. da Roma.
G. morì il 6 febbraio di un anno a noi ignoto, che deve comunque essere posto non molto oltre il 1080.
Il giorno e il mese della morte di G. sono registrati nel grande necrologio dell'abbazia di Montecassino, nel necrologio della dipendenza cassinese di S. Nicola di Cicogna e nella redazione originaria (della metà del sec. XII) del necrologio di Venosa, sempre nella prima delle tre righe previste per ogni giorno - e cioè in una posizione di particolare importanza, riservata secondo la prassi ai membri della comunità o alle persone strettamente a essa legate. Nel necrologio di Venosa, al di sopra del suo nome si trova un segno di croce che indica l'"officium plenum", il particolare servizio liturgico ("missa videlicet et vigilia") dedicato ai monaci e alle personalità di un qualche prestigio. Non sono chiare le ragioni per cui G. sia così enfaticamente ricordato nel Liber mortuorum venosino a un secolo di distanza dalla sua scomparsa.
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