GERARDO da Feltre (Gerardus de Silteo; Gerardus de Silcro)
Originario presumibilmente di Feltre (Belluno), nacque forse, stando a un oroscopo tramandato nella sua opera e probabilmente a lui stesso riferibile, l'11 marzo 1218 (Summa, Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms. C.245 inf., c. 16r). Fiorì, in ogni caso, negli anni in cui Giovanni da Vercelli fu generale dei domenicani (1264-83). Le varianti "de Silteo", "de Silcro" e altre, talvolta nei repertori ancora associate al suo nome, sono verosimilmente forme corrotte.
Nulla ci è dato sapere sulle circostanze del suo ingresso nell'Ordine domenicano o intorno alla sua formazione scolastica e ai suoi eventuali spostamenti. Verosimilmente G. appartenne a quella cerchia intellettuale dell'Ordine impegnata, tra la metà degli anni Sessanta e i primi anni Settanta del Duecento, nel dibattito riguardante, fra l'altro, lo statuto epistemologico della scienza e della pratica astrologica (oltre ad Alberto Magno e G., vi presero parte attiva Tommaso d'Aquino, Robert Kilwardby, Bernardo di Trilia, Egidio di Lessines), come risulta dal confronto del suo trattato astrologico, la Summa de astris, databile con sicurezza al 1264, con alcuni scritti naturalistici di Alberto Magno o, comunque, con opere riconducibili alla scuola del grande teologo coloniense, come il celebre Speculum astronomiae, da alcuni ritenuto, fra l'altro, una risposta polemica, benché in tono pacato e cordiale, alla Summa di Gerardo. Questi poteva riferirsi al celebre maestro appellandolo "frater Albertus ordinis nostri hoc est fratrum predicatorum, magnus philosophus" (Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, ms. A.539, c. 13b), ma poi criticava aspramente il credito eccessivo che anche Alberto avrebbe dato di lì a poco alle conoscenze e alle pratiche astrologiche.
Sappiamo che nel 1264 la comparsa di una grande cometa aveva destato l'interesse del neoeletto maestro generale Giovanni da Vercelli, che volle pertanto sollecitare alcuni eminenti confratelli a esaminare le questioni connesse all'evento, sottoponendo loro dapprima una serie di questioni parziali, per poi consultare ufficialmente, nella primavera del 1271, i tre maggiori maestri domenicani, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino e Robert Kilwardby, esigendo da essi una risposta esaustiva e sistematica. In quella occasione, forse direttamente sollecitato dal superiore, G. scrisse una breve nota sulla cometa, l'Opusculum dominicani anonymi cuiusdam, magistro Iohanni [de Vercellis] O. P. dicatum, "ad indagandam altitudinem cuiuslibet stelle nove […], specialiter […] de altitudine […] stelle que anno preterito […] 1264 apparuit", che, a lui attribuito, è conservato a Bamberga, Staatliche Bibliothek, Astron.-mathem. 4, cc. 65-68. Probabilmente anche la Summa de astris fu composta da G. nella stessa circostanza, come sembra provare fra l'altro la datazione ("nunc, anno scilicet Domini 1264") contenuta alla c. 2 del già menzionato manoscritto bolognese, il più antico testimone; nel manoscritto ambrosiano (c. 1r) la Summa è preceduta da un'Epistola prefatoria indirizzata a Giovanni da Vercelli, verosimilmente compiuta nell'ottobre 1265.
La Summa, ancora parzialmente inedita, è tradita, oltre che dal manoscritto bolognese (sec. XIII, cc. 1v-95v [96v]) e da quello ambrosiano (sec. XIV in., cc. 1ra-45rb), anche dal ms. 308 (sec. XV), cc. II-125v della Wellcome Historical-Medical Library di Londra. L'Epistola dedicatoria, il Prologus e la distinctio 19 (De reprobatione fati et casus) della III parte sono stati editi da M. Grabmann (pp. 76-82); la distinctio 23 della I parte è pubblicata da L. Thorndike (1950, pp. 185-195). Il trattato, suddiviso in tre parti (dedicate, rispettivamente, all'astronomia, all'astrologia e alla "reprobatio astrologie superstitiose et indagatione astrologie naturalis"), è preceduto da un Prologus "in quo assignatur ratio studendi in astrologia et ipsius ab astronomia differentia" e in cui si annuncia la vis polemica del linguaggio e dei toni che caratterizzerà l'intero scritto nell'atto stesso in cui viene giustificata la necessità di conoscere a fondo e divulgare gli abominevoli errori dell'astrologia superstiziosa (essenzialmente, quella sottesa alle correnti pratiche oroscopiche), proprio al fine di sradicarne la diffusione nociva alla salvezza dei credenti. La critica di G., dai toni aspri e violenti (il determinismo sotteso all'astrologia giudiziaria, negando di fatto la facoltà del libero arbitrio, rende questa pratica una vera e propria pestis heretica, una forma di blasphemia e di infidelitas, assimilando i suoi stolti cultori a ribaldi e ignoranti pseudofilosofi, oltretutto in gran parte pagani), è infatti condotta da un punto di vista sostanzialmente teologico più che scientifico-filosofico, come invece avviene nello Speculum astronomie o in altre opere sicuramente attribuibili ad Alberto Magno, che pure, con Tolomeo e con i grandi rappresentanti della tradizione astronomica islamica, specialmente Abū Mà'shar (Albumasar), viene assunto da G. tra le fonti autorevoli del suo trattato. In esse, in effetti, si registrava una certa apertura alle indicazioni, sia pur di carattere probabilistico e non necessario, fornite dalla conoscenza dei moti astrali e della loro mediata influenza sulle realtà di ordine fisico-corporeo (donde la loro utilità pratica in ambito medico-terapeutico ovvero meteorologico), fatto salvo ovviamente il principio dell'impregiudicabilità del libero arbitrio (che può sempre sottrarsi alle inclinazioni naturali passibili di una determinazione astrale) e scontata, per tutte queste ragioni, la sostanziale fallibilità della scienza e della pratica astrologica. Se su molti punti anche fondamentali, come la questione del libero arbitrio non soggetto al determinismo astrale, G. sembra accordarsi con queste valutazioni, egli è animato in primo luogo da un'accesa volontà di denuncia e di condanna, che con spirito inquisitorio e conservatore si appella talvolta a ragioni del tutto esteriori, come l'origine greca e araba (e perciò "pagana" ed "eretica") dei massimi cultori di questa pseudoscienza. Inoltre, egli scarta decisamente anche l'interpretazione cautelativa - fatta propria da Alberto Magno sulla scorta di Giovanni Damasceno e di altri teologi - degli astri come segni e non come semplici cause degli eventi futuri, accettando però la tesi albertina delle stelle come strumenti della volontà divina e come cause seconde, anche se poi rifiuta il tendenziale determinismo morale inerente all'astrologia stessa. L'unica concessione avviene nei riguardi delle forme di astrologia naturale basate sul presupposto della mediazione degli influssi astrali esercitata dalla materia, che trovano applicazione, sia pure in un senso meramente congetturale, nell'ambito delle conoscenze meteorologiche, zoologiche, geologiche, ma assai meno, sembrerebbe, in quelle mediche, giacché la "complexio alicuius hominis non solum est ex positione siderum, immo contrahitur a parentum natura, ab alimentis, ab exercitationibus, ab aëris qualitatibus et huiusmodi" (pars III, dist. II, cap.2).
La documentazione non consente di seguire le vicende della vita di G. negli anni successivi alla compilazione della Summa, e appare del tutto arbitrario fissare la data della sua morte, come alcuni hanno ipotizzato, nell'anno 1291.
Fonti e Bibl.: L. Thorndike - P. Kibre, A catalogue of incipits of Mediaeval scientific writings in Latin, I, Cambridge, MA, 1937, p. 347; M. Grabmann, Die "Summa de astris" des G. da F., in Archivum fratrum praedicatorum, XI (1941), pp. 51-82 (poi in Id., Mittelalterliches Geistesleben. Abhandlungen zur Geschichte der Scholastik und Mystik, III, München 1956, pp. 255-279); R. Creytens, Hugues de Castello astronome dominicaine du XIVe siècle, ibid., pp. 95-97; L. Thorndike, Latin treatises on comets between 1238 and 1368, [Chicago] 1950, pp. 185-195; W.A. Hinnebusch, The history of the dominican Order, II, Intellectual and cultural life to 1500, New York 1973, p. 207; P. Zambelli, Albert le Grand et l'astrologie, in Recherches de théologie ancienne et médiévale, XLIX (1982), pp. 148-158; Th. Kaeppeli, Scriptores Ordinis praedicatorum Medii Aevi, II, Roma 1975, pp. 34 s; IV, Addenda, a cura di E. Panella, ibid. 1993, p. 94; J. Quétif - J. Échard, Scriptores Ordinis praedicatorum, I, p. 725; Lexikon des Mittelalters, s. v. Gerhard v. Silteo.