OFFREDUCCI, Gerardo da Marostica
OFFREDUCCI, Gerardo da Marostica. – Nacque presumibilmente attorno agli anni Trenta del XII secolo.
Gli Offreducci, forse un tempo signori di Marostica, con sicurezza erano membri dell’aristocrazia comunale di Padova durante il suo episcopato: un probabile membro di questa famiglia, Ofreduzo, era infatti console nel 1182.
Il primo documento in cui Gerardo compare risale al 1163, quando fu incaricato dai suoi confratelli del capitolo della cattedrale di Padova di difendere pubblicamente a Pernumia diritti e privilegi di loro proprietà che, in loco, erano con forza rivendicati anche dai da Carrara. Fu, quindi, uomo di sicura cultura (una testimonianza tarda del 1239 lo qualifica quale «sacre pagine et decretorum doctor» Gloria, 1884, pp. 147 s., doc. 172), dotato di una solida preparazione giuridica «componente fondamentale della formazione di molti prelati dell’epoca» (Rigon, 1981, p. 284). Proprio alla vigilia della nomina episcopale avrebbe insegnato giurisprudenza nella casa padovana di Martino de Goxo, da identificare come uno dei quattro giureconsulti di Bologna invitati, nel 1158, da Federico I alla dieta di Roncaglia.
L’elezione a presule di Padova avvenne nel marzo 1165. La linea di governo della diocesi che adottò fu, sin dagli inizi del suo lungo episcopato, in sintonia con gli orientamenti dei due predecessori, Giovanni Cacio e Bellino. Infatti, da un lato conservò, anche durante gli anni caldi, marcati da forti tensioni fra il papato e Federico Barbarossa, un atteggiamento di sostanziale lealismo verso la Curia di Roma, dall’altro operò con mano salda per continuare a garantire alla figura del vescovo una centralità costante e crescente all’interno del quadro gerarchico diocesano. L’azione di organizzazione della vita religiosa padovana fu compiuta, insomma, con estrema lucidità dall’autorità episcopale al punto che in ambito ecclesiastico «non vi fu settore ove non fece sentire la sua presenza » (ibid.).
Seguì in prima persona, con vigile attenzione, l’evoluzione degli ordinamenti della Chiesa padovana e mantenne un forte controllo sullo sfruttamento dei beni a essa pertinenti tanto a Padova quanto nei territori rurali. In città nel 1178 controllò da vicino, in un delicato momento in cui si stava consolidando il passaggio dalla pieve unica alla pluralità delle parrocchie, la definizione dei confini delle cappelle cittadine mentre, tra il 1170 e il 1199, diede vita a una lunga serie di mirati interventi inerenti all’organizzazione, ai diritti patrimoniali e ai compiti della congregazione dei sacerdoti delle chiese cittadine aventi cura d’anime (la fratalea cappellanorum).
Nelle aree extra urbane, invece, si adoperò per stilare una serie di atti con le principali istituzioni civili e religiose del territorio (a Piove di Sacco nel 1191; a San Giorgio delle Pertiche nel 1195; a Torre nel 1196; a Campagna Lupia nel 1210), volti a ribadire i suoi pieni diritti di tipo pubblico su castelli, prerogative giudiziarie, decime e quartesi, nonché per garantire un più capillare servizio religioso alle popolazioni rurali. Tra il 1175 e il 1189 fu, infatti, decisivo il suo intervento per dar vita a nuove chiese battesimali (S. Biagio di Villa del Bosco e S. Donato e Sigismondo di Civè) in grado di razionalizzare maggiormente l’inquadramento pastorale della popolazione contadina in zone di bonifica dei colli Euganei e della bassa padovana dove era in atto una grande espansione agricola.
Incentivò e favorì la nascita di centri religiosi (come l’istituto ospedaliero padovano di S. Giovanni delle Navi nel 1166 o i cenobi femminili di S. Margherita di Salarola nel 1179 e di S. Cecilia di Padova nel 1213) e affermò con la forza necessaria la propria giurisdizione sui principali gangli della struttura monastica e canonicale diocesana per sottrarli alla stringente morsa degli interessi politici locali. Infatti da una parte consolidò una diplomatica intesa con i marchesi d’Este e i loro fedeli per garantire un corretto funzionamento della canonica agostiniana delle Carceri (1174-98), dall’altra intervenne con vigore nei confronti di esponenti della famiglia carrarese pur di assicurare ai monaci di S. Stefano di Carrara libere elezioni del loro abate (1194-1213).
Un evento degno di nota accaduto durante il suo episcopato fu il rinvenimento, nel 1177 nell’antico spazio cimiteriale romano e paleocristiano del cenobio di S. Giustina, dei corpi dei santi Innocenti, della martire Giustina, di Mattia apostolo e, soprattutto, dell’evangelista Luca. Le inventiones non solo accrebbero il prestigio della chiesa locale ma ebbero pure rilevanti ricadute di natura politica: in un contesto marcato da forti tensioni intestine, infatti, ebbero il benefico effetto di far lievitare il senso di appartenenza cittadina, aumentando così lo spirito di coesione fra le diverse componenti della società padovana dell’epoca.
Gerardo non si limitò a governare con cura la sua diocesi ma ricoprì anche un ruolo da protagonista nelle vicende politiche del tempo. Numerosi furono gli incarichi affidatigli dalla Curia papale, tra il 1174 e il 1191, per dirimere spinose controversie pendenti fra vescovi, parroci, monaci e potenti dinastie feudali. Nel 1204, su mandato delle autorità comunali di Padova, fu invece arbitro pacificatore nella contesa in atto fra i da Camposampiero e i da Romano per il possesso del castello di Campreto (sito nel Padovano nelle vicinanze dell’odierna Loreggia). In una non meglio precisata data, probabilmente compresa tra il 1178 e il 1187, si inserì in prima persona nelle turbolente lotte intestine cittadine: alcuni suoi vassalli, infatti, si scontrarono per le vie di Padova con uomini armati del conte padovano Manfredino.
Nel 1213 , ormai vecchio e provato nel fisico, decise di ritirarsi a vita privata. La data della morte non è nota: secondo alcuni, andrebbe collocata intorno al 1216 (Simioni, 1968), per altri, addirittura dopo il 1223 (Zonta, 1921).
Fonti e Bibl.: Padova, Archivio capitolare della Curia vescovile, Episcopi II, doc. 161; Archivio di Stato di Padova, Corona, 172, doc. 49; Diplomatico, 5, docc. 408, 440, 453, 519; 6, docc. 608, 633, 639, 648; F.S. Dondi Orologio, Disserta-zione sesta sopra l’istoria ecclesiastica padovana, Padova 1812, pp. 23-71, doc. LXXVII, pp. 78 s.; XCI, pp. 94-96; CIII-CIV, p. 112; CXXVII, p. 136; CXXXIX, p. 149; CLXII, pp. 186-188; A. Gloria, Codice diplomatico padovano. Dall’anno 1101 alla pace di Costanza (25 ottobre 1183), Venezia 1879-81, ad vocem; Id., Monumenti della Università di Padova (1222-1318), Venezia 1884, ad vocem; Rolandini Patavini Chronica in factis et circa facta Marchie Trivixane(aa 1200 cc.- 1262), a cura di A. Bonardi, in Rerum Italicarum Scriptores, II ed., VIII, 1, Città di Castello 1905-08, pp. 19 s.; G. Zonta, G. O. da Marostica 1165-1213, inStudia Sacra, II (1921), pp. 106-112; P. Sambin, L’ordinamento parrocchiale di Padova nel medioevo, Padova 1941, pp. 31-47; A. Simioni, Storia di Padova. Dalle origini alla fine del secolo XVIII, Padova 1968, pp. 379 s.; A. Rigon, Le elezioni vescovili nel processo di sviluppo delle istituzioni ecclesiastiche a Padova, in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen age - Temps modernes, LXXXIX (1977), pp. 373-375; Id., Chiesa e vita religiosa a Padova nel Duecento, in S. Antonio. 1231-1981. Il suo tempo, il suo culto e la sua città, Padova 1981, pp. 284 s.; Id., Clero e città. «Fratalea cappellanorum», parroci, cura d’anime in Padova dal XII al XV secolo, Padova 1988, ad ind.; S. Bortolami, Da Carlo Magno al 1200, inDiocesi di Padova, a cura di P. Gios, Padova 1996, pp. 97-100; A. Tilatti, Istituzioni e culto dei santi a Padova fra VI e XII secolo, Roma 1997, pp. 316-330; G. Rippe, Padoue et son contado (Xe-XIIIe siècle): société et pouvoirs, Roma 2003, pp. 105-110; Il Catastico Verde del monastero di S. Giustina di Padova, a cura di L. Casazza, Roma 2008, ad vocem.