GERARDO di Csanád (Gerardus Moresenae "Aecclesiae" seu Csanadiensis episcopus)
Di origine veneziana o veneta, nacque sul finire del X secolo; le notizie storicamente accertabili sul suo conto sono scarse fino al 1030, quando divenne vescovo della diocesi missionaria di Marosvar, poi Csanád, in Ungheria.
La letteratura erudita e devozionale di ambito veneto-ungherese ha alimentato la pia leggenda della sua appartenenza alla nobile famiglia veneziana dei Sagredo, appartenenza accreditata per la prima volta nella seconda edizione del Catalogus sanctorum di Pietro Natali (Petrus de Natalibus), apparsa nel 1516 a Venezia (c. 99v). Deve essere interpretata in questa prospettiva la stessa tradizione che vuole che G. (nato un 23 aprile e battezzato perciò con il nome del patrono Giorgio) sia stato, sin dalla più tenera infanzia, oblato e poi (assunto il nome del padre, Gerardo, morto nel frattempo in Terrasanta), monaco benedettino, priore e abate del monastero veneziano di S. Giorgio in Isola (più tardi S. Giorgio Maggiore), secondo quanto è dato ricavare dalla biografia assai fantasiosa della Vita s. Gerhardi più nota come Legenda maior (Bibliotheca hagiographica Latina [BHL], 3424). È probabile che il legame con la famiglia Sagredo abbia trovato appiglio in un episodio attestato dalla tradizione agiografica, lo sbarco fortunoso di G. a Zara, città dalmata di cui i Sagredo si volevano oriundi, durante il viaggio devozionale che avrebbe dovuto portare G. in Terrasanta e che invece doveva condurlo, grazie all'incontro con l'abate ungherese Rasina, a farsi evangelizzatore dei pagani nel Regno magiaro di Stefano il santo. Il legame con il cenobio veneziano di S. Giorgio in Isola doveva invece probabilmente giustificarsi, sempre a posteriori, con la fondazione da parte di G. di un monastero dedicato allo stesso martire sulla riva del fiume Maros, ciò che poteva suggerire una qualche analogia di ubicazione geografica con l'omonima sede lagunare. L'origine veneziana o quantomeno veneta sembra comunque confermata anche dalla più sobria Passiob. Gerardi (BHL, 3426) o Legenda minor ("per Venetos parentes sortitus", ed. Madzsar, p. 471), che, insieme con la Vita, costituisce, in mancanza di notizie documentarie dirette, la principale fonte relativa alla vita di Gerardo. Anche la Vita maior Stephani regis (BHL, 7918), attribuibile come la Passio ai primi decenni del secolo XII, conferma tale provenienza ("Gerardus de Venetia veniens", ed. Wattenbach, p. 236). Di dubbio, o addirittura di nessun valore, appaiono tutte le altre speculazioni genealogiche sulle origini di G. contenute nella letteratura del Cinque-Seicento e talora anche del Novecento, animata da evidenti ragioni encomiastico-celebrative.
I dati relativamente sicuri della biografia di G. sono scarsi e in ogni caso limitati al periodo ungherese ed episcopale della sua vita, giacché tutti gli episodi relativi alla fase monastica ed eremitica sino al 1030 appaiono costruiti piuttosto ingenuamente sulla base di tòpoi del genere agiografico e della spiritualità monastica e comunque gravati da patenti anacronismi, come per esempio il presunto soggiorno presso lo Studium di Bologna (cfr. Legenda maior, ed. Madzsar, p. 483): analisi spregiudicate come quella di J. Leclercq hanno indotto persino a dubitare della reale appartenenza di G. al monachesimo benedettino.
Nonostante tutte le ragionevoli ipotesi formulate a riguardo (dalla vocazione ascetico-missionaria alle avviate relazioni politico-diplomatico-commerciali veneto-ungheresi tra X e XI secolo), dobbiamo rassegnarci a ignorare anche i motivi reali che dovettero spingere o portare G. in Ungheria nel corso del terzo decennio del sec. XI: qui, forse dopo un periodo di relativo isolamento presso l'eremo di Beel, avviò i contatti con re Stefano, che, dopo avergli affidato l'educazione del figlio Emerico, lo coinvolse a pieno titolo nella sua politica di consolidamento della cristianizzazione del Regno, affidandogli nel 1037 la nuova diocesi di Csanád, base di partenza per vaste campagne missionarie e per l'erezione di nuove fondazioni ecclesiastiche.
Ben scarsi sono i lumi autobiografici che ci provengono dall'opera, incompiuta, di G., la Deliberatio supra hymnum trium puerorum, trasmessaci da un solo manoscritto (Monaco, Bayerische Staatsbibl., Lat. 6211) e oggetto di un'edizione critica: Gerardi Moresenae Aecclesiae seu Csanadiensis episcopi Deliberatio supra hymnum trium puerorum, a cura G. Silagi, Turnholti 1978 (Corpus Christianorum. Continuatio mediaevalis, XLIX). La Deliberatio si presenta formalmente come un commento teologico al cantico dei tre fanciulli rinchiusi nella fornace del Libro del profeta Daniele (Dan. III, 57-65), ma in realtà è infarcita di ampie divagazioni di svariato argomento, che tradiscono una notevole cultura filosofico-letteraria, anche nutrita di autori antichi e profani, sia pur mediati il più delle volte da Isidoro di Siviglia; notevole è l'influsso dello Pseudo-Dionigi, forse conosciuto direttamente dal testo greco. Alcune prese di posizione esplicite rendono comunque difficile non collocare G. tra i rappresentanti della corrente antidialettica o comunque tra gli esponenti della tradizionale esegesi simbolico-allegorica di ambiente monastico, che si opponeva ai primi tentativi di applicazione del metodo razionale all'analisi del dato rivelato. La compiaciuta veste retorico-stilistica e il linguaggio criptico, ricchissimo di neologismi, rendono assai dubbia la valutazione di particolari quali ad esempio le affermazioni secondo cui egli avrebbe compiuto numerosi viaggi in Francia e in altri paesi d'Europa (Deliberatio, l. IV, p. 41; l. VIII, p. 152). Dal punto di vista storico religioso sono inoltre di un certo interesse i numerosi riferimenti alla minacciosa presenza di movimenti ereticali nei Balcani (bogomili) e, in Italia, a Verona, Venezia e Ravenna (Deliberatio, l. IV, p. 51). G. stesso afferma di avere scritto altre opere, tra le quali un commento alla Lettera agli Ebrei, uno alla prima Lettera di Giovanni (Deliberatio, l. V, p. 75) e un Libellus de divino patrimonio (Deliberatio, l. VIII, p. 153). Sono stati ritrovati, anche in anni recenti (Heinzer), frammenti di sermoni mariani a lui attribuibili, che dovettero avere una certa diffusione, come sembra attestare una citazione diretta nella Legenda aurea di Jacopo da Varazze (ed. a cura di T. Graesse, Lipsiae 1850, cap. CXIX, p. 511).
Dopo la morte di re Stefano (1038), nel periodo dei disordini conseguenti alla successione, G. sembra essersi allontanato dalla corte tentando di mantenere una posizione di cauta equidistanza, pur non potendo sottrarsi all'appoggio della fazione di Pietro Orseolo, il nipote di Stefano designato alla successione e sostenuto dall'imperatore Enrico III, che si opponeva all'usurpatore Samuele Aba, appoggiato dagli eretici bogomili. Questi fu sconfitto nel 1044, ma a costo di una crescente sudditanza del regno di Pietro all'Impero germanico, situazione che provocò forte scontento, disordini e congiure nobiliari, nonché una grande sollevazione pagana capeggiata dal "pecenego" Vata. G. si schierò a favore del partito nazionale del principe Andras, figlio di un cugino di Stefano Árpád: il 24 sett. 1046, nei pressi del traghetto di Pest, il drappello di armati che scortava G. diretto a Buda per accogliere il pretendente arpadiano fu assalito da una pioggia di pietre lanciate dai sostenitori di Vata. Il vescovo, legato a un carretto, fu trascinato sul vicino monte Kelen (che da lui prese poi il nome di monte S. Gerardo che conserva ancor oggi) e da lì venne fatto precipitare nel Danubio.
La fioritura agiografico-leggendaria conseguente al suo martirio gli valse, nel 1083, il riconoscimento da parte di papa Gregorio VII di un culto pubblico.
Fonti e Bibl.: Vita maior Stephani regis, a cura di W. Wattenbach, in Mon. Germ. Hist., Script., XI, Hannoverae 1854, p. 236; Passio b. Gerardi…, in Acta sanctorumseptembris, VI, Antverpiae 1757, pp. 722-724; Vita s. Gerhardi episcopi…, a cura di E. Madzsar, in E. Szentpétery, Scriptores rerum Hungaricarum…, II, Budapestini 1938, pp. 480-505; Passio b. Gerardi…, a cura di E. Madzsar, ibid., pp. 471-479; P. de Natalibus, Catalogus sanctorum, Venetiis 1516, cc. 99v-100; G. Morin, Un théologien ignorée du XIe siècle: l'évêque-martyr Gérard de Csanád O.S.B., in Revue bénédictine, XXVII (1910), pp. 516-521; M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, II, München 1923, pp. 74-81; A. Bacotich, Tribuni antichi di Venezia di origine dalmata, in Archivio storico per la Dalmazia, XXV (1938), pp. 101 s., 104; F. Banfi, Vita di s. G. da Venezia nel Leggendario di Pietro Calò, in Janus Pannonius (Roma), I (1947), pp. 224-228; Id., Vita di s. G. da Venezia nel codice 1622 della Biblioteca universitaria di Padova, in Benedictina, II (1948), pp. 262-330 (BHL, Suppl., 3424); A. Borst, Die Katharer, Stuttgart 1953, pp. 78 s.; J. Horváth, A Gellért-legendák forrásértéke [La valutazione delle leggende di G. come fonti storiche], in A Magyar tudományos akadémia Nyelv és Irodalomtudományi osztályának közleményei. Acta linguistica Academiae scientiarum Hungaricae, XIII (1958), pp. 21-82; E. von Ivánka, Das "Corpus areopagiticum" bei Gerhard von Csanád…, in Traditio, XV (1959), pp. 205-222; E. Pásztor, Problemi di datazione della "Legenda maior s. Gerhardi episcopi", in Bull. dell'Ist. stor. ital. per il Medio Evo e Arch. muratoriano, LXXIII (1961), pp. 113-140; H. Barré, L'oeuvre mariale de Saint Gérard de Csanád, in Marianum, XXV (1963), pp. 262-296; G. Silagi, Untersuchungen zur "Deliberatio supra hymnum trium puerorum" des Gerhard von Csanád, München 1967; S. Tramontin, Pagine di santi veneziani. Antologia, Brescia 1968, pp. 17-26; Z.J. Kosztolnyik, The importance of Gerard of Csanád as the first author in Hungary, in Traditio, XXV (1969), pp. 376-386; B. Smalley, Lo studio della Bibbia nel Medioevo, Bologna 1972, p. 115; É. Gilson, La filosofia nel Medioevo, Firenze 1973, pp. 283 s.; J. Leclercq, San G. di Csanád e il monachesimo, in Venezia e Ungheria nel Rinascimento, a cura di V. Branca, Firenze 1973, pp. 3-22; L. Szegfü, La missione politica e ideologica di san G. in Ungheria, ibid., pp. 23-36; R. Manselli, L'eresia del male, Napoli 1980, pp. 149 s.; F. Heinzer, Neues zu Gerhard von Csanád: die Schlussschrift einer Homeliensammlung, in Internationale Zeitschrift für Geschichte, Kultur und Landeskunde Südosteuropas, LXI (1982), pp. 1-7; S. Tramontin, Problemi agiografici e profili di santi, in La Chiesa di Venezia nei secoli XI-XIII, a cura di F. Tonon, Venezia 1988, pp. 160-166; G. D'Onofrio, L'itinerario dalle arti alla teologia nell'Alto Medioevo, in XXXVI Convegno di studi bonaventuriani, Bagnoregio 1989, in Doctor seraphicus, XXXVI (1989), pp. 111-142; G. Cracco, I testi agiografici: religione e politica nella Venezia del Mille, in Storia di Venezia, I, Roma 1992, p. 934; Bibliotheca sanctorum, VI, coll. 184-186; Dict. de spiritualité, VI, 1967, coll. 264 s.; Rep. fontium hist. Medii Aevi, IV, pp. 697 s.; Bibliotheca hagiographica Latina…, I, pp. 510 s., Idem, Novum supplementum, p. 386; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XX, coll. 761-763.