GERARDO
Ignoriamo le date di nascita e di morte di G., figlio di un Rainerio. Egli appare come conte di Galeria già agli inizi del 1044, quando il suo nome ricorre per la prima volta nelle fonti (Annales Romani, p. 331). Il periodo in cui egli è testimoniato attivo è compreso tra questa data e gli anni 1061-62 circa.
Si è voluto identificare il padre di G. con il Rainerio conte e rettore di Sabina dal 1004 al 1006 (Brezzi) ma gli elementi concreti in nostro possesso non sono tali da suffragare questa ipotesi. Un "Iohannes de Tocco comes Galeriae" appare citato in un documento relativo a una lite nella quale fu chiamato a intervenire il papa Giovanni XIX nel 1026. Non possiamo dire se questo personaggio appartenesse alla stessa famiglia di G. perché non sappiamo se la carica comitale da lui ricoperta fosse personale e tornasse al pontefice alla morte del suo detentore. Nello stesso documento, Galeria - un insediamento castrale sito presso la via Clodia, a nordest di Roma, su uno sperone tufaceo che domina l'omonimo corso d'acqua - ci appare come un luogo dotato di un proprio "populus", dal quale emergono taluni notabili, e di un proprio clero. Nulla possiamo dire circa l'epoca e gli avvenimenti che accompagnarono la sua origine. Intorno alla metà del sec. XI il territorio e la rete di castelli controllati dai conti di Galeria si estendevano, con le loro pertinenze, nel Lazio nordorientale sino a Sutri, al confine tra le odierne province di Roma e di Viterbo.
G. appartenne alla galassia di consorterie aristocratiche locali che tra il sec. X e la prima metà del sec. XI condizionò l'azione del Papato, sino all'affermarsi del movimento riformatore in Roma e che utilizzò sistematicamente le proprie posizioni di forza all'interno del patriarchio lateranense per consolidare i propri interessi economici e signorili nel territorio laziale; in questo contesto egli appare come una della persone più direttamente coinvolte nell'estremo tentativo di difesa del vecchio ordine. Quest'ultimo non comportava necessariamente acquiescenza del Papato a uno stato di perenne anarchia - come testimoniano le attività riformatrici dei papi della prima metà del sec. XI - ma semplicemente una più forte tinta di radicamento territoriale del Papato a spese della sua vocazione universale.
Nel settembre 1044 papa Benedetto IX fu costretto da una rivolta popolare a fuggire da Roma e nel gennaio dell'anno successivo il vescovo di Sabina, Giovanni, grazie all'appoggio dei Crescenzi, fu eletto papa col nome di Silvestro III; G. si schierò contro quest'ultimo e si batté accanto ai conti di Tuscolo per la reintegrazione di Benedetto IX. G. è l'unico personaggio esplicitamente menzionato per nome nell'indistinta categoria dei comites che, nel corso di questi avvenimenti, presero parte, armi in pugno, alla tenzone politica.
Secondo il cronista Bonizone, i Romani si ribellarono a Benedetto IX perché il papa avrebbe progettato di unirsi in matrimonio con la figlia di un "Girardus de Saxo", il quale gli avrebbe chiesto, come unica condizione per il suo assenso, la rinunzia al pontificato. G. potrebbe essere identificato con questo "Girardus de Saxo". Il racconto di questo episodio, considerato falso dal Borino (1916, pp. 198-200), potrebbe infatti contenere in sé alcuni elementi di verità, come per esempio il fatto che questo "Girardus" era comunque legato a Benedetto IX. D'altra parte, la località ricordata dal cronista come "Saxum" potrebbe riconoscersi in quella di Sasso presso Cerveteri, non lontana da Galeria e allora forse facente parte dei territori controllati da G. (risulta, infatti, che il castello del Sasso era nelle mani dei conti di Galeria nel sec. XIII).
Nonostante la sua presa di posizione in favore di Benedetto IX tra il 1044 e il 1045, e anche dopo il mai sopito conflitto tra quest'ultimo - ancora vivente seppure deposto - e Leone IX (1049-54), G. non dovette veder indebolite le sue posizioni, dato che la sua presenza risulta ancora nel sesto decennio del secolo ben radicata nel territorio. Le pertinenze da lui controllate si estendevano nel Lazio nordorientale, oltre Sutri, sin quasi alle rive del Tevere, come si desume da un atto del 1° apr. 1058, relativo alla donazione al monastero di Farfa di due chiese site presso il Soratte (S. Maria presso il ponte di Flaiano e S. Biagio nel castello di Flaiano) compiuta da un "Girardus comes" e da una Teodora "comitissa". Che il primo sia da identificarsi con il G. ce ne accerta il fatto che il documento è stato "actum in Galeria".
Nel 1058, subito dopo la morte del papa Stefano IX, il "lorenese" esponente del partito riformatore (29 marzo), G., che nell'occasione viene indicato dagli Annales Romani come "Raynerii filius et comes Galeriae", si alleò con Gregorio di Alberico di Tuscolo e con Ottaviano Crescenzio di Monticelli e con loro fu promotore del colpo di forza che il 5 aprile portò all'elezione al soglio pontificio, col nome di Benedetto X, di Giovanni detto "Mincio". Fu l'estremo tentativo dell'aristocrazia romana per mantenere la scelta dei candidati al soglio pontificio sotto il proprio controllo. Il Collegio cardinalizio, che si era affrettato ad abbandonare Roma durante i tumulti e non aveva pertanto concorso all'elezione, lanciò l'anatema su Benedetto X e, il 6 dic. 1058 a Siena, elesse papa un esponente del movimento riformatore, il vescovo di Firenze Gerardo, che venne consacrato a Roma il 24 genn. 1059 col nome di Niccolò II. In questo frangente G. rimase fedele a Benedetto X e in piena coerenza con tale scelta di campo fu anche la sua condotta successiva.
Benedetto X, cacciato da Roma, trovò rifugio prima a Passarano (Tivoli) e poi entro le mura di Galeria proprio presso G., che gli fornì tutto il suo appoggio, resistendo a lungo all'assalto portato contro i suoi domini e contro la sua stessa città dalle truppe di Niccolò II e dell'alleato di quest'ultimo, il normanno Riccardo Drengot, principe di Capua.
Di questi fatti parlano anche i Chronica monasterii Casinensis, secondo i quali l'azione militare condotta dagli armati del papa legittimo e dai Normanni costrinse all'obbedienza i conti di Preneste, di Tuscolo e di Nomentum, prima di volgersi contro G. e Galeria. Anche se questa piazzaforte non fu conquistata, G. fu costretto a consegnare Benedetto X ai sostenitori di Niccolò II. Il colpo subito dal prestigio di G. dovette essere duro. Il castello, centro della sua signoria, non era stato oggetto di devastazioni ma queste avevano interessato tutti gli altri castra di cui egli aveva il controllo e che costituivano una rete piuttosto estesa sul territorio. Nonostante questo, G. non venne eliminato del tutto dalla scena politica. Nell'ormai definitivo prevalere del movimento riformatore nella Chiesa romana e nella stessa Roma, i gruppi aristocratici locali - o almeno la parte di essi che era tradizionalmente ostile ai riformatori - ritennero di poter trovare nel giovane re di Germania Enrico IV, un proprio interlocutore. In questo contesto G. nel 1061 ricevette dai Romani il prestigioso incarico di recarsi, insieme con l'abate di S. Andrea "in Clivo Scauri", a Basilea presso il re, allora decenne, per pronunciarsi contro il nuovo pontefice Alessandro II e offrire al giovane sovrano le insegne del patriziato romano, "pregandolo di usare il diritto che quel titolo gli offriva nell'elezione del pontefice" (Violante). La missione ottenne successo e contribuì a portare nell'ottobre del 1061 all'elezione papale del vescovo di Parma Cadalo, che prese il nome di Onorio II. Da questo momento in poi iniziano le incertezze sulla sorte di Gerardo.
S. Pier Damiani afferma che G. partecipò alla promozione di Cadalo al soglio pontificio. La notizia è stata contestata da alcuni studiosi, i quali ritennero che il Damiani si riferisse alla elezione di Benedetto X. La questione non sembra essere stata risolta dalla critica storica.
D'altra parte il 25 marzo 1062 - secondo la testimonianza di Benzone d'Alba - "conti di Galeria", menzionati genericamente, si incontrarono a Sutri con l'antipapa filoimperiale Onorio II insieme con i senatori romani e con Benzone, che aveva anticipato lo stesso Onorio II a Roma. Si può ragionevolmente ritenere che, se G. fosse stato ancora vivo in quel frangente, data la preminenza della sua figura, lo si sarebbe nominato esplicitamente.
Le fonti non forniscono ulteriori notizie su Gerardo. Brezzi scrive che G. scomparve prima del 1069, senza però portare referenze a sostegno di questa sua affermazione; Herberhold, seguendo Meyer von Knonau, ritiene invece G. sia morto nel 1061.
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