GERIATRIA
(App. III, I, p. 727)
La g. è una scienza medica di recente costituzione − il primo libro di testo, Medicina geriatrica, è stato pubblicato nel 1943 da E. J. Steiglitz (Brocklehurst 1975) − in continuo e rapido sviluppo, interessata ai molteplici e complessi problemi fisici e psicosociali tra loro interagenti che caratterizzano la situazione dei pazienti anziani.
Le basi della g. sono quelle della medicina generale. Gli anziani vengono colpiti dalle stesse patologie che si riscontrano nei più giovani, ma alcune malattie e alcuni disturbi sono più frequenti nella tarda età: le malattie dell'apparato circolatorio (arterite a cellule giganti, arteriosclerosi, insufficienza cerebro-vascolare), le neoplasie per l'esposizione durante un più lungo arco di vita alle sostanze cancerogene e per l'aumentata probabilità di espressione degli errori genetici, le condizioni degenerative (morbo di Paget, osteoartrosi, osteoporosi) e, infine, i disturbi della termoregolazione, soprattutto l'ipotermia, sintomo di un'insufficienza dei meccanismi omeostatici di regolazione.
L'approccio diagnostico, nell'anziano, pone problemi specifici, quali l'incertezza nella definizione dei livelli normali delle prove di laboratorio, la riduzione della funzionalità di alcuni organi, l'esordio talora insidioso o atipico delle malattie, e soprattutto, cosa che è eccezionale nei giovani e che costituisce una caratteristica particolare della g., la contemporanea associazione di più fatti morbosi con conseguente molteplicità di prescrizioni farmacologiche.
La presenza contemporanea di più malattie è ciò che caratterizza la geriatria. Mentre i giovani abitualmente hanno una sola malattia alla volta, gli anziani tendono ad avere più fatti morbosi nello stesso momento. Nell'anziano è possibile riscontrare un'anemia da carenza di ferro associata a un'insufficienza cardiaca, a un'osteoartrite e a un'ulcera gastrica, dove una delle condizioni è un fattore aggravante dell'altra. In questo caso l'anemia costituisce un fattore aggravante l'insufficienza cardiaca che, a sua volta, è peggiorata per l'eccessiva ritenzione di sale e di acqua indotta dall'assunzione di un farmaco antiinfiammatorio prescritto per l'artrite. Tale farmaco può irritare ulteriormente la mucosa gastrica e indurre una perdita di sangue dall'ulcera, aumentando così l'anemia. Il riconoscimento e la cura dell'anemia può favorire il compenso cardiocircolatorio così come la sospensione delle sostanze antiinfiammatorie può migliorare lo stato della mucosa gastrica e diminuire la perdita di sangue. È importante conoscere tutte le patologie che colpiscono l'anziano se si vogliono evitare gravi complicazioni dalla stessa terapia farmacologica. Per es., un paziente con un'insufficienza cardiaca congestizia può essere affetto, allo stesso tempo, da diabete mellito. Se quest'ultima condizione non è riconosciuta dal medico, la prescrizione di un diuretico tiazidico per l'insufficienza cardiaca può aggravare ulteriormente il diabete.
L'insidiosità dell'esordio, associata o meno a una lenta evoluzione, è caratteristica di molte malattie (morbo di Parkinson, ipo- e ipertiroidismo, insufficienza cardiaca, ecc.), ma può anche essere dovuta, e lo è abbastanza di frequente, alla tendenza dell'anziano ad accettare una diminuzione delle proprie capacità fisiche come facente parte del processo d'invecchiamento e non come problema da sottoporre tempestivamente all'attenzione del medico.
Tale comportamento viene favorito da quello che è riconosciuto come un atteggiamento negativo generalizzato che può coinvolgere anche medici e operatori sanitari, i quali ritengono che molti disturbi dell'anziano siano più la conseguenza dell'età che non l'espressione di possibili malattie (ageism per gli autori di lingua anglosassone).
La diagnosi precoce e il trattamento in fase iniziale di una qualsiasi malattia rende più favorevole la prognosi soprattutto nel vecchio, in cui si assiste spesso, quando una condizione morbosa non venga immediatamente riconosciuta, all'innescarsi di una serie di eventi negativi che possono determinare la cronicizzazione e la compromissione irreversibile dello stato di salute.
Un anziano che avverte dolore all'anca o al ginocchio a causa di un'artropatia, convinto che il disturbo faccia parte dell'età, non cerca l'aiuto medico e riduce la propria attività rimanendo sempre più a lungo seduto. Molto presto si stabilirà una debolezza e un'atrofia muscolare che favoriranno le cadute e un'ulteriore riduzione della mobilità. S'instaura così un circolo vizioso che può compromettere irreversibilmente l'autosufficienza del paziente.
Come arrivare alla scoperta precoce delle varie patologie? Prima di tutto si rende necessario educare il pubblico sul processo d'invecchiamento, mettendo in chiaro che vecchiaia non vuol dire malattia, per cui si può essere anziani, godere nello stesso tempo di buona salute e mantenere indipendenza fisica e psichica. Un secondo mezzo per arrivare a una diagnosi precoce delle varie patologie è quello d'istituire periodici controlli clinici tali da mettere in evidenza i fattori di rischio o le manifestazioni morbose in fase iniziale, in modo da non perdere quella opportunità terapeutica che può evitare sofferenze e disagi al paziente e all'ambiente in cui vive.
Esempio classico e frequente di atipia nell'esordio delle malattie della tarda età è offerto dall'infarto del miocardio, che nell'anziano, a differenza di quanto succede nei giovani, invece di dare segno di sé col caratteristico dolore toracico precordiale, spesso si manifesta con un'improvvisa caduta a terra o con un vero e proprio episodio di confusione mentale, espressione del collasso circolatorio secondario alla lesione ischemica del miocardio. Altro esempio è offerto da un'infezione respiratoria, quale per es. la polmonite, che si può presentare senza tosse, né febbre, ma soltanto con tachipnea, per la compromissione del riflesso della tosse e dei centri termoregolatori. Anche nel corso di una tale infezione vi può essere uno stato confusionale che viene a rappresentare così una manifestazione non specifica, piuttosto comune, di malattia nella tarda età.
Come si è accennato, di molti dati di laboratorio o strumentali non si conosce ancora con esattezza quale sia l'intervallo dei valori da considerare normali per l'età anziana; così per es., per quanto riguarda il livello della glicemia e della pressione arteriosa, se ci si riferisce a quelli ritenuti normali per i soggetti più giovani, molti anziani devono essere considerati diabetici o ipertesi e quindi trattati come tali.
Certamente numerosi parametri tendono a essere più elevati in tarda età; va tenuto comunque presente che quello che è comune non è necessariamente normale. La difficoltà sta nel discriminare quanto è in rapporto al solo processo d'invecchiamento da quanto è determinato dalle alterazioni patologiche a esso associate. Donde la necessità di una valutazione clinica caso per caso.
Nell'anziano la funzionalità di molti organi può essere ridotta. È tuttora oggetto di discussione se tale diminuzione sia da attribuire al processo d'invecchiamento in sé o alla presenza di qualche patologia. La diminuzione di funzionalità è spesso latente e si manifesta soltanto nei casi in cui l'organo è sottoposto a un sovraccarico di lavoro. È quanto succede all'apparato cardiovascolare, che si può scompensare per una più intensa attività muscolare o per un aumento di volume di sangue da ritenzione idrica e salina determinata dall'uso improprio di farmaci. La capacità vescicale, per es., può diventare insufficiente dando luogo a incontinenza urinaria, quando venga assunto un diuretico che improvvisamente aumenti il volume di urina.
La tendenza alle prescrizioni farmacologiche multiple è uno dei problemi maggiori della g.; essa è legata alla presenza contemporanea di più patologie che, molto spesso, induce il medico a somministrare numerosi farmaci. Talvolta la mancanza di una supervisione periodica della terapia permette al paziente di assumere contemporaneamente i farmaci di una nuova prescrizione e quelli che ha sempre preso e di cui pensa non poter fare a meno. Nascono numerosi problemi legati all'interazione tra le diverse sostanze, agli effetti di una somministrazione prolungata, alla maggiore concentrazione nell'organismo a causa di una ridotta escrezione e metabolizzazione legata alla minore capacità funzionale di alcuni organi (rene, fegato, ecc.).
Particolarmente rischioso diventa così l'uso di sostanze quali ipnoinducenti, tranquillanti, antidepressivi, analgesici spesso associati in una stessa prescrizione e il cui effetto cumulativo è un potenziamento dell'attività sedativa. In questi casi si possono avere conseguenze negative sul livello di coscienza, sulla memoria, sui processi cognitivi, sul controllo posturale e su quello degli sfinteri. Nell'anziano, pertanto, quali effetti indesiderati possono verificarsi quadri di disorientamento fino alla confusione mentale, disturbi dell'equilibrio, frequenti cadute, incontinenza urinaria.
Nell'anziano non si può avere un trattamento standard. Ogni paziente dev'essere valutato singolarmente, e la terapia adattata alle sue particolari necessità.
Spesso lo scopo della terapia non può essere quello della guarigione completa, intesa come eliminazione della malattia e delle sue conseguenze. Numerosi processi patologici nel vecchio sono di natura degenerativa e quindi, fino a oggi, irreversibili. Nel caso di una malattia invalidante associata a una depressione, mediante una terapia farmacologica si può ottenere il miglioramento dell'umore e dell'interesse verso l'ambiente. In altri casi l'intervento terapeutico consiste in un programma di riabilitazione rivolto al potenziamento di capacità residue e quindi al recupero di funzioni quali per es. la deambulazione.
Dopo aver messo in evidenza le diverse patologie il geriatra deve decidere le condizioni da sottoporre alla terapia. Tale decisione dipende dagli effetti della malattia sulle capacità funzionali, sullo stato mentale e sulla situazione sociale del paziente. In ogni caso il fine della terapia rimane sempre il miglioramento della qualità di vita.
In età avanzata diverse condizioni patologiche, singolarmente o associate tra loro, possono portare, attraverso un meccanismo metabolico e/o circolatorio, a una compromissione, spesso transitoria, delle funzioni cerebrali con scompensi che possono interessare il controllo omeostatico, la motilità volontaria o automatica, le capacità cognitive. L'esperienza clinica conferma che disturbi della motilità e cadute, confusione mentale, incontinenza urinaria, difficoltà alla regolazione omeostatica sono i problemi medici più comuni nella popolazione anziana, ai quali si aggiungono i disturbi iatrogeni provocati da più farmaci, spesso a dosi eccessive, prescritti nell'ansia di risolvere le varie patologie del paziente. Si profila così un ''quintetto'' formato da un insieme di sintomi che si possono trovare separatamente o associati in ogni malattia acuta o cronica, i quali rappresentano l'essenza della medicina geriatrica (Cape 1978). Tali sintomi, da qualsiasi causa prodotti, esprimono un carente contributo del cervello e del rimanente sistema nervoso centrale all'elaborazione e alla produzione di risposte adeguate alle esigenze dell'organismo e dell'ambiente. Sovente la malattia colpisce l'anziano quando questi si trova in una condizione di particolare vulnerabilità a causa di una diminuzione dei sostegni psicologici e sociali.
Il pensionamento con perdita di ruolo, le minori occasioni d'interazione sociale per la perdita di coetanei o del congiunto danno luogo molto spesso a una situazione di solitudine o di vero e proprio isolamento. La malattia può, più facilmente che in altre età, contribuire a determinare o aumentare l'insicurezza dell'individuo o a incidere sulla sua autostima favorendo l'ansia o/e la depressione, condizione quest'ultima estremamente frequente nella terza età. La depressione, cancellando ogni motivazione, accentua il distacco dall'ambiente e sottrae l'individuo anziano a quelle stimolazioni che sono necessarie al mantenimento della funzionalità cerebrale.
Non sono rari i casi in cui l'inizio del deterioramento delle capacità intellettive è stato avviato da una lunga fase depressiva. Anche il processo inverso si osserva con frequenza: i primi segni di una riduzione della memoria possono favorire una reazione depressiva che, secondariamente, può portare a un'accentuazione dei deficit cognitivi.
La malattia nell'anziano è solo eccezionalmente un evento puntiforme, cioè limitato nel tempo e circoscritto al singolo processo morboso. Aspetti fisici, psichici e sociali tendono a sovrapporsi, ed è raro trovare una malattia fisica senza disagio emotivo-affettivo del paziente o senza coinvolgimento dell'ambiente. Un soggetto affetto da un'artrosi invalidante o uno colpito da ictus e divenuto emiplegico richiede un intervento dell'ambiente, sì da poter far fronte alla perdita di movimento autonomo. Così nelle varie forme di deterioramento mentale, di cui la malattia di Alzheimer (v. senescenza e senilità, in questa Appendice) è la più grave espressione, si rende necessaria una riorganizzazione dei rapporti e delle dinamiche del gruppo in cui il paziente è inserito. L'attenzione del geriatra dev'essere così diretta al paziente nella sua realtà fisica, psicologica e sociale. Questa è una delle principali differenze tra le altre varie specialità mediche e la geriatria. Mentre diverse branche della medicina sono orientate verso un particolare organo bersaglio, la g. si deve occupare dell'individuo nella sua dimensione globale.
Riabilitazione geriatrica. - Il concetto di riabilitazione, nell'ambito geriatrico, travalica il significato e i limiti di un semplice intervento rivolto al recupero di capacità perdute o comunque compromesse. Nell'anziano la riabilitazione, con l'enfasi sul riadattamento funzionale, si è vieppiù affermata, dal punto di vista sia teorico che pratico, come la modalità più utile ed efficace di esercitare la medicina; con l'interessarsi meno alle malattie che alle loro conseguenze sull'attività quotidiana, ha riproposto la necessità di un accostamento alla globalità dell'individuo non limitato alla sua dimensione medica; con la ricerca della massima autonomia, promuove la valorizzazione delle potenzialità fisiche e psichiche residue anche nei soggetti più colpiti.
Al di là del contesto in cui è nata, quello del superamento delle conseguenze del danno, la riabilitazione ha contribuito in modo sostanziale all'emergere di una metodologia geriatrica. Si può affermare infatti che non vi è vera g. senza riabilitazione. Di fronte al pessimismo terapeutico fondato sullo stereotipo ''sta male perché è vecchio'' (il già ricordato ageism degli autori di lingua inglese), la riabilitazione ha favorito l'emergere di un atteggiamento più realistico tendente a valorizzare le eventuali potenzialità residue anche nelle più sfavorevoli situazioni in cui l'anziano viene a trovarsi. Con ciò la riabilitazione contribuisce ad ''aggiungere vita agli anni'' dopo che i progressi della medicina hanno contribuito ad ''aggiungere anni alla vita''. Inoltre è opportuno sottolineare che la riabilitazione è presente a tutti i livelli dell'assistenza geriatrica: al domicilio del paziente e nelle diverse forme di assistenza ospedaliera, nei reparti per acuti, in quelli per lungodegenti, presso l'ospedale diurno e negli altri centri in cui è articolata l'organizzazione a favore dell'anziano.
La terapia riabilitativa si basa su un apporto multidisciplinare a cui concorrono competenze diverse: quella del geriatra, dello psicologo, dello psichiatra e di altri specialisti in medicina e chirurgia, del fisioterapista, del terapista occupazionale, del logoterapista, dell'assistente sociale.
I compiti della riabilitazione comprendono alcuni punti essenziali: controllare il problema principale; prevenire le complicazioni secondarie; ripristinare le capacità funzionali perdute; favorire l'adattamento dell'individuo all'ambiente; adattare l'ambiente all'individuo; favorire l'adattamento della famiglia.
Quando si tratta di un paziente anziano, ciascuno di questi compiti merita una particolare attenzione. Ma non sempre, nel caso di una multipatologia, è possibile privilegiare il problema principale: il paziente che viene riabilitato per una frattura dell'anca può presentare contemporaneamente uno scompenso cardiaco e un diabete mellito che richiedono, per le possibili improvvise modificazioni, un costante controllo.
La prevenzione delle complicazioni secondarie connesse al problema che richiede il ricorso alla riabilitazione è anche d'importanza cruciale, data la frequenza con cui queste complicazioni si verificano. In un paziente colpito da ictus si possono avere uno stato confusionale, una depressione, contratture e accorciamenti muscolari, incontinenza, piaghe da decubito, broncopolmonite, trombosi venose, dipendenza psicologica.
Il ripristino delle capacità funzionali perdute è ritenuto il compito più specifico della riabilitazione. Mediante una serie di esercizi suggeriti e guidati dal fisioterapista, dal terapista occupazionale o dal logoterapista, il paziente può riapprendere ad affrontare autonomamente le proprie attività quotidiane.
Nel caso del paziente anziano è indispensabile un'attenta valutazione del suo potenziale riabilitativo. Oggetto di particolare studio devono essere la capacità della funzione cardio-polmonare nei confronti delle richieste poste dalle condotte riabilitative, la presenza di eventuali alterazioni muscolo-scheletriche, la valutazione delle funzioni corticali superiori − fasie, prassie, memoria, orientamento spaziale − e così pure quelle della vista, dell'udito e infine lo stato psichico nella sua globalità. Se infatti sono compromesse le capacit'a cognitive, possono nascere più o meno gravi difficoltà nell'apprendimento di quegli schemi che il paziente deve acquisire nel corso della riabilitazione. Anche la considerazione dello stato affettivo è un aspetto che non dev'essere mai trascurato. Una mancanza di motivazioni o un atteggiamento apatico del paziente può nascondere una forma depressiva che, non riconosciuta, può costituire un grosso ostacolo alla riabilitazione.
La qualità, il tipo, la disponibilità dell'ambiente familiare e sociale, le sue risorse economiche sono punti altrettanto essenziali di valutazione per pianificare il programma riabilitativo, soprattutto in vista di un ritorno del paziente al proprio domicilio.
Bibl.: J. C. Brocklehurst, Geriatric care in advanced societies, Baltimora 1975; R. Cape, Aging: its complex management, Hagerstown (Maryland)-San FranciscoLondra 1978; M. E. Brandstater, J. V. Basmajian, Stroke rehabilitation, Baltimora 1987; W. R. Hazzard, R. Andres, E. L. Bierman, J. P. Blass, Principles of geriatric medicine and gerontology, New York 19902.