GERIONE (Γηρυών o Γηρυονεύς, Geryon)
Figlio di Crisaore e dell'Oceanina Calliroe, abitante in Eriteia, isola posta vicino all'Oceano, che si cercava dagli antichi presso Cadice, alla foce del Guadalquivir. Aveva tre corpi uniti in uno nel ventre e separati giù dai fianchi e dalle cosce; era anche tricipite. Possedeva giovenche purpuree, guidate da Euritione e custodite dal cane Orto. Eracle, mandato da Euristeo alla conquista di queste giovenche, pervenne nella Libia e, passato nel paese dei Tartessi, pose due colonne eguali sulle due rive dello stretto. Abbruciato dal Sole, tese l'arco contro l'iddio, sì che questi gli concesse il suo bicchiere per attraversare l'Oceano. Arrivato in Eriteia bivaccò sul monte Abas. Orto lo assalì, ma egli uccise questo e il pastore Euritione. Gerione, sorpreso Eracle presso il fiume Antemois mentre gli portava via le giovenche, impegnò battaglia, ma restò ucciso. Eracle tornò a Tartesso, e, dopo molti travagli, consegnò le giovenche a Euristeo. Questa la leggenda di G. narrata da Apollodoro (II, 5, 10).
Originariamente G. è una figura del mondo sotterraneo. Nella pittura parietale etrusca della Grotta dell'Orco a Tarquinia (metà del sec. IV a. C.?) G. si trova accanto al trono di Ade e presso Persefone. E la tradizione italica, che lo poneva nel regno di sotterra, è rievocata da Orazio e Virgilio. Il gregge di G. è dunque quello di Ade, sì che Menete, il pastore di Ade, che gli avrebbe rivelato il furto di Eracle, è un suo doppione, come Orto è un doppione di Cerbero. L'avventura gerionea di Eracle è originariamente localizzata in Ambracia, nella contrada del mare Acherusio, dove s'immaginava l'ingresso al mondo sotterraneo. Ma, quando i Greci penetrarono nel mare occidentale, Eriteia era localizzata al di là delle colonne di Eracle. Di qui l'espediente del bicchiere, dato a Eracle dal Sole, o, secondo altre fonti, dall'Oceano o da Nereo. È tardiva la leggenda che l'eroe compisse il viaggio in una nave di bronzo.
Svetonio (Tiber., 14) riferisce che Tiberio, recandosi nell'Illirio, interrogava presso Padova l'oracolo di G. e che, ammonito da questo, consultava il fonte di Apono. Dunque l'oracolo di G. è ubicato accanto all'odierna borgata di Abano, famosa per le sue terme. Il carattere peculiare di G. dell'oracolo patavino è quello non già d'un mostro che abita lontano dall'umano consorzio, ma di un eroe che dimora presso benefiche e salutari acque termali, quasi come protettore e consigliere benevolo. Questo carattere trova riscontro in Sicilia nel culto che G. ebbe in Agirio. Quindi si reputa che i Siciliani, numerosi ad Adria (intorno agli anni 385-380) giungendo ad Abano, alla vista dell'oracolo d'un eroe locale, facessero credere trattarsi dell'oracolo di G., il cui culto, come in Sicilia, sarebbe stato stabilito da Eracle reduce dalla spedizione dell'Iberia.
Un poema epico-lirico stesicoreo aveva il titolo Γηρυονηίς. Nicomaco scrisse un dramma, Γηρυόνης; Efippo, in una commedia omonima, lo rappresentava come un crapulone vorace, applicando a lui quel vizio che la commedia applica al suo avversario Eracle. Al repertorio costante del mimo-ballerino apparteneva anche la figura del mostro. Le più antiche opere artistiche rappresentano G., presso a poco come lo descrive Apollodoro. Nella figura di lui i dotti videro la personificazione della trinità delle regioni del mondo, o del lampo, tuono e fulmine, o dei turbini e delle tempeste e dei freddi invernali; nella fatica eraclea contro Gerione si è propensi a riconoscere una leggenda solare, il viaggio del sole (Eracle) all'Ade, in cui egli toglie al dio della morte (G.) i suoi tesori.
Bibl.: L. Preller e C. Robert, Die griechische Heldensage, II, Berlino 1921, p. 465 segg.; Weicker, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VII, coll. 1286-96; E. Ciaceri, L'antico culto di G. nel territorio di Padova e in Sicilia, in Archivio storico per la Sicilia Orientale, XVI, p. 14 segg.