SOMMEILLER, Germain
– Nacque a Saint-Jeoire-en-Faucigny (Savoia), il 15 febbraio 1815, da Pierre, coltivatore e proprietario di un piccolo albergo, ed Émilie Nanterne, figlia di Jean-Joseph, esattore delle imposte.
Il padre morì nel 1828, lasciando sei figli e la moglie in condizioni non floride. Il nonno paterno li accolse e si occupò dell’educazione dei nipoti, divenendone il solo tutore quando nel 1832 morì anche Émilie. Sommeiller ricevette l’istruzione primaria nel collegio di Melan, diretto dall’abate Marin Ducrey (1766-1834), che favorì la sua ammissione al Collège Chapuisien di Annecy, noto in Savoia per l’eccellenza del suo insegnamento.
Una borsa di studio del Collegio di Annecy gli permise di frequentare l’Università di Torino dal 1837 al 1841: ne uscì con il titolo di ingegnere idraulico. Nel 1843 entrò a far parte del corpo degli ingegneri civili piemontesi e nel 1845 fu assegnato al dipartimento trasporti pubblici. Tra il 1846 e il 1850 fu inviato a perfezionarsi a Liegi e in Inghilterra, con il mandato di approfondire le proprie conoscenze nel settore dei trasporti ferroviari. In Belgio lavorò presso la fabbrica fondata da John Cockerill (1790-1840), un inglese che aveva fatto fortuna impiantando a Seraing, nell’antico palazzo dei vescovi di Liegi, una fabbrica di macchine a vapore. A Liegi strinse amicizia con un altro ingegnere sabaudo, anche lui in stage presso la Cockerill, Sebastiano Grandis (1817-1892). Nel 1850 Sommeiller fu nominato ingegnere di prima classe e posto a capo di tutte le officine ferroviarie del Regno.
Nel 1851 si recò a Londra per visitare la Great Exhibition del Crystal Palace, dove erano esposte nuove locomotive di grande stazza, atte a superare dislivelli non accessibili alle macchine tradizionali. Si occupò poi dei lavori della linea Torino-Genova, collaborando con l’ingegnere belga Michel-Henri-Joseph Maus (1808-1893), che aveva iniziato i lavori nel 1845, quale consulente del Regno per le linee ferroviarie. Dopo la guerra del 1848, nel 1850 la costruzione riprese con lena.
La linea doveva superare dislivelli importanti, nonostante la costruzione della galleria dei Giovi, che con i suoi 3254 metri era allora la più lunga nella penisola italiana. Maus intendeva applicare nei tratti in salita il suo sistema di trazione dei convogli tramite corde di acciaio mosse da macchine a vapore, già sperimentato con successo a Liegi. L’introduzione di locomotive più potenti e pesanti e i frequenti guasti cui il sistema andava soggetto ne causarono l’abbandono.
L’amministrazione piemontese, pur continuando a servirsi di ditte estere, intendeva sviluppare la capacità di realizzare progetti infrastrutturali, come Camillo Benso conte di Cavour, allora ministro delle Finanze, dichiarò in un discorso alla Camera il 14 giugno 1852 (Discorsi parlamentari del conte Camillo di Cavour, raccolti e pubblicati per ordine della Camera dei deputati, V, Firenze 1866, pp. 292-316). La Torino-Genova andava dunque prolungata sino a Susa, in direzione della Francia, all’interno di un progetto strategico volto a collegare il porto di Genova e il Piemonte al Nordeuropa, Francia e Svizzera in particolare. Il progetto fu affidato all’impresa guidata dal primo costruttore di linee ferroviarie a livello mondiale, Thomas Brassey (1805-1870). Un’ulteriore tappa del piano strategico di Cavour fu la costituzione della compagnia ferroviaria Vittorio Emanuele (con capitale francese), creata il 25 maggio 1853 per realizzare la tratta da Culoz (al confine con la Francia) a Saint-Jean-de-Maurienne via Chambery, completata nel 1856. Ancora una volta, venne scelta la ditta di Brassey. Sommeiller lavorò a stretto contatto con l’ingegnere a capo dei lavori, l’inglese Thomas Bartlett (1816-1874). Questi era autore di molte innovazioni tecniche e di progetti per nuove macchine, tra cui una perforatrice meccanica azionata da macchine a vapore con cui praticare i fori per le mine e accelerare così i trafori.
Protetto da Cavour (primo ministro dal 2 novembre 1852), Sommeiller divenne membro della Camera dei deputati nella V legislatura (dicembre 1853-ottobre 1857) e nella VII (aprile-dicembre 1860). Non fu rieletto nella VI legislatura perché sospettato di favorire non meglio specificate ‘idee socialiste’, probabilmente forme di simpatia verso gli utopisti francesi che inneggiavano al progresso tecnico e scientifico come capace di favorire forme di giustizia sociale. L’École des mines di Parigi, presso cui si stavano formando generazioni di ingegneri sabaudi, ne era un autorevole propugnatore. Sommeiller divenne il portavoce tecnico di Cavour per i grandi progetti ferroviari, intervenendo alla Camera per perorare, tra gli altri, il completamento del collegamento tra Piemonte e Francia tramite il traforo del Fréjus, un progetto in discussione dagli anni 1830.
Joseph François Medail (1784-1844), di Bardonecchia, imprenditore di lavori pubblici stabilitosi a Lione, aveva già individuato la traiettoria ottimale, tra Modane e Bardonecchia. Anche Michel-Henri-Joseph Maus (coadiuvato dal geologo Angelo Sismonda) era giunto alle conclusioni di Medail e aveva presentato un progetto di traforo al re Carlo Alberto, che prevedeva l’utilizzo di una macchina di scavo azionata da funi d’acciaio mosse da macchine a vapore da collocarsi fuori della galleria.
La corsa alla costruzione di apparati per la perforazione di lunghi tunnel stava interessando ingegneri europei e americani; le tecniche più diverse e più fantasiose furono discusse tra il 1840 e il 1870. Nel 1852 il fisico ginevrino Jean Daniel Colladon (1802-1893) propose al Piemonte l’uso di perforatrici azionate da aria compressa, ottenuta tramite un sistema di condotte d’acqua. Nel 1853 Giovanni Battista Piatti (1812-1867), un ingegnere milanese che aveva soggiornato a lungo in Inghilterra e si era stabilito a Torino per prendere parte alla competizione per la soluzione dei problemi del traforo, propose l’utilizzo dell’aria compressa per azionare perforatrici multiple e fornire le gallerie di un costante flusso di aria fresca. L’aria a sei atmosfere era prodotta dalla caduta di acqua in condotte che avrebbe compresso l’aria atmosferica presente nei tubi immagazzinandola poi in contenitori stagni.
Il progetto del 1853 fu sottoposto a una commissione di esperti, di cui faceva parte anche Sommeiller. Fu l’inizio di una lunga disputa che non si chiuse neppure con la morte di Piatti nel 1867. Il famoso geologo Antonio Stoppani diede vita nel 1872 a un’associazione per attribuire il merito della ‘scoperta’ dell’uso dell’aria compressa al bistrattato Piatti, osteggiato da una congiura ordita dagli apparati tecnici del Piemonte, capeggiata da Sommeiller. Anche Carlo Cattaneo e Il Politecnico si schierarono dalla parte del milanese. Il 18 novembre 1894 l’associazione, ancora attiva, fece erigere un monumento a Piatti, oggi in largo La Foppa a Milano.
In una serie di articoli pubblicati tra il 1857 e il 1866, Piatti denunciava che Sommeiller, fiancheggiato dall’amico Grandis e dall’ingegnere Severino Grattoni (1815-1876), aveva approfittato del suo ruolo di membro della commissione di esperti chiamata a esaminare il progetto e si era appropriato della sua idea. Nel 1854 Sommeiller aveva costituito una società e chiesto un primo brevetto (cosa che Piatti non aveva fatto) per l’utilizzo dell’aria compressa come forza motrice e nei primi mesi del 1857 aveva convinto il Parlamento ad adottare il sistema di perforatrici che (a dire di Piatti) aveva plagiato, per cui ottenne un secondo brevetto.
La scarsa storiografia sull’argomento si divide tra colpevolisti (una minoranza) ed esaltatori del genio di Sommeiller. Non sono state intraprese al riguardo adeguate ricerche d’archivio e la questione attende ancora un’equilibrata ricostruzione storica. Va detto tuttavia che Sommeiller non avrebbe potuto dispiegare la sua azione senza l’avallo se non le direttive esplicite delle autorità dello Stato sabaudo e di Cavour, probabilmente preoccupati per il proliferare di progetti e di richieste di brevetti, che avrebbero pesantemente condizionato il futuro dell’impresa. Con un’improvvisa accelerazione il 19 marzo 1857 cominciarono i test (con l’aiuto del giovane Quintino Sella) di una perforatrice Bartlett adattata da Sommeiller al funzionamento ad aria compressa; si sperimentarono dei compressori d’aria a caduta d’acqua; il 1° maggio Sommeiller brevettava la perforatrice usata nei test; si tennero subito dopo dibattiti in Parlamento sui costi e le modalità tecniche dell’impresa; il 25 giugno il Parlamento diede il via libera ai lavori del Fréjus; il 30 agosto Vittorio Emanuele II inaugurò lo scavo accendendo le micce delle prime mine. Solo il 14 novembre Sommeiller, Grandis e Grattoni furono formalmente nominati direttori dei lavori.
Tra il 1857 e il 1862 si pose finalmente mano al progetto esecutivo, a cantiere già aperto. Furono eseguite le triangolazioni per stabilire la direzione delle due gallerie, quella di Bardonecchia (a 1324 metri s.l.m.) e quella di Modane (a 1190 metri s.l.m.), affidate a Enrico Copello (1830-1920) e Bartolomeo Borrelli (1829-1905), il quale divenne poi direttore del cantiere di scavo. Il passaggio dall’‘idea’ di usare l’aria compressa alla dura realtà della montagna fu molto più difficile e costoso del previsto: accadde con il progetto Sommeiller, sarebbe accaduto lo stesso con il progetto Piatti.
Le macchine e i giganteschi compressori idraulici erano costruiti in Belgio e trasportati per ferrovia e carri sino all’imbocco dei due tunnel: le prime consegne avvennero solo all’inizio del 1859. La prima perforatrice raggiunse il fronte dello scavo il 12 gennaio 1861 ma solo il 25 gennaio 1863 entrarono in funzione sul versante di Bardonecchia le perforatrici in assetto ottimale, che incorporavano tutte le novità tecniche messe a punto da Sommeiller e dai suoi ingegneri. Tuttavia, i progressi continuavano a essere lenti. Dal lato francese, si ottennero 193 metri l’anno nel 1861, 243 metri nel 1862, 458 metri nel 1865, 212 metri nel 1866. Molto probabilmente, l’uso della dinamite, inventata nel 1867 da Alfred Nobel (che mise a frutto la scoperta della nitroglicerina, dovuta a un chimico piemontese, Ascanio Sobrero), permise risultati migliori e salvò il progetto. I costi furono ingenti, 75 milioni in totale, di cui circa 26 contribuiti dalla Francia, a seguito degli accordi intercorsi dopo il 1861, quando la Savoia passò alla Francia.
A partire dal 1863, il traforo suscitò l’interesse di tutta Europa e Sommeiller divenne un personaggio famoso. Persino la Revue des deux mondes, la principale rivista culturale francese, dedicò un lungo articolo – dal titolo in italiano – alla sua impresa (G. Hudry-Menos, Il traforo delle Alpi, 1865, vol. 55, n. 4, pp. 894-937). Il pomeriggio del giorno di Natale del 1870 gli operai al lavoro sui due versanti vennero a contatto e l’ultimo diaframma cadde il mattino del 26 dicembre: il margine di errore si rivelò davvero esiguo, 60 centimetri in orizzontale e 40 centimetri in verticale su un percorso di 12.847 metri. Più di 4000 uomini avevano lavorato al traforo, e 45 persero la vita, di cui 18 di colera.
Sommeiller non assistette al trionfale viaggio inaugurale, il 17 settembre 1871. Indebolito da anni di lavoro senza sosta, si era ritirato nella sua casa di Saint-Jeoire-en-Faucigny, dove morì l’11 luglio 1871.
Il governo sabaudo lo aveva fatto commendatore dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (1855) e quello italiano cavaliere di gran croce dello stesso Ordine (1870). La Francia lo ricompensò con la Legion d’honneur.
Fonti e Bibl.: L.F. Menabrea, Discours sur la loi du percement des Alpes prononcé à la chambre des deputés dans la séance du 26 juin 1857, Turin 1857; G. Sommeiller, Risposta dell’ingegnere Sommeiller alle accuse mosse dal signor G.B. Piatti contro gli ingegneri Grandis, Grattoni e Sommeiller, Torino 1857; G.B. Piatti, Il gigantesco traforamento del Monte Cenisio, le macchine che lo operano, e il vero autore del progetto, in Giornale dell’ingegnere-architetto ed agronomo, VI (1858), pp. 569-576, 629-644; VII (1859), pp. 15-29, 69-83, 428-448, 516-535, 589-602, 644-651; A. Cagnoni, Considerazioni sul deflusso dell’aria compressa per lunghi condotti e sulle relative applicazioni, segnatamente al traforo del Cenisio, in Giornale dell’ingegnere-architetto ed agronomo, VII (1859), pp. 244-271; S. Grandis - S. Grattoni - G. Sommeiller, Traforo delle Alpi tra Bardonnèche e Modane. Relazione della direzione tecnica alla Direzione generale delle strade ferrate dello Stato, Torino 1863; L. Beltrami, G.B. Piatti e il traforo del Cenisio, in L’edilizia moderna, III (1894), pp. 87-92.
A. Duluc, Le Mont-Cenis. Sa route, son tunnel. Contribution à l’histoire des grandes voies de communication, Paris 1952; J. Routier, G. S. (1815-1871), ingénieur de la première grande percée alpine, in Revue savoisienne, 1970, n. 110, pp. 33-82; R. Ratel, Le tunnel ferroviaire du Fréjus, 1857-1995, Roux 1996; L. Garrone, Collaborazione internazionale Italia-Francia: il traforo del Frejus, tesi di laurea, Politecnico di Torino, 1997; R. Ratel, La ragione politica della perforazione del tunnel ferroviario del Fréjus con l’apertura verso l’Europa, in Dans les traces d’Hercule. Sulle tracie (sic) di Ercole, Paris 2002, pp. 163-192; C. Laville, G. S. un grand ingénieur savoyard, in Mémoires de l’Académie des sciences, des belles lettres et des arts de Savoie, s. 8, 2011-2012, vol. 12, pp. 292-300; S. Sacco, Frejus sbocco europeo della rete ferroviaria cavouriana, Borgone Susa 2012; É. Cottet Dumoulin, Franchir pour unir, équiper pour rattacher. Les premiers chemins de fer en Savoie: intentions, usages, représentations (années 1830-années 1880), tesi di dottorato, Université de Savoie, 2013 (offre anche una descrizione degli archivi pubblici e privati francesi, italiani e svizzeri relativi al tema).