Dulac, Germaine
Nome d'arte di Charlotte Elisabeth Germaine Saisset-Schneider, regista, produttrice e teorica cinematografica francese, nata ad Amiens il 17 novembre 1882 e morta a Parigi il 20 luglio 1942. Ebbe un ruolo centrale nel cosiddetto cinema impressionista francese (v. impressionismo), realizzando ‒ anche attraverso la propria casa di produzione, la Delia Film ‒ dapprima film narrativi, contraddistinti tuttavia da un uso innovativo e spregiudicato del linguaggio, poi opere prettamente sperimentali. Nella pratica come nella teoria, la D. propugnò nel corso della sua carriera cinematografica una fusione tra strutture narrative del cinema di consumo e stile dell'avanguardia, tra industria e arte, tra formalismo e psicologismo.
Sposata al romanziere Albert Dulac, nel 1908 iniziò a lavorare come critico teatrale del periodico delle suffragette francesi "La française", di cui divenne direttrice. Nel 1915 esordì nel cinema come regista (tra le poche cineaste dell'epoca) con Les sœurs ennemies, seguito da altri film di carattere sentimentale, quali Vénus victrix (1916) o Âmes de fous (1918). Tra il 1919 e il 1920 realizzò i suoi primi film importanti: La cigarette (1919), su sceneggiatura di Jacques de Baroncelli, e La fête espagnole (1920), scritto da Louis Delluc. Nel 1921 uscì invece La belle dame sans merci, storia di un adulterio dove acquistano un ruolo centrale l'ambientazione, la scenografia e gli oggetti quotidiani, attraverso un uso fugace ma ripetuto del dettaglio.Ma è con La mort du soleil (1921) che la D. utilizzò in maniera inusuale alcuni procedimenti tecnici (dissolvenze incrociate, sovrimpressioni, mascherini ecc.). Su questa linea proseguì la sua opera più celebrata: La souriante madame Beudet (1923). Ispirato alla coeva pièce teatrale di D. Amiel e A. Obey, questo intenso Kammerspiel affronta, in chiave quasi femminista, il tema del rapporto di coppia, raccontando di una vita coniugale regolata dalla noia e dalle convenzioni borghesi. La condizione in cui vive la protagonista (interpretata da una formidabile Germaine Dermoz) viene mostrata attraverso una serie di effetti (ralenti, doppie esposizioni ecc.) e tagli particolari di inquadrature: oltre alla soggettiva, notevole è l'uso del primo piano, che rivela le sfumature di questo dramma psicologico. Nello stesso anno la D. ‒ per riconquistare la fiducia dei produttori e diffondere tra il grande pubblico le sue ricerche avanguardistiche ‒ diresse per la Ciné-Romans il feuilleton in sei episodi Gossette. Ma il film non ottenne il successo sperato. Dopo altri lungometraggi come Le diable dans la ville (1925), La folie des vaillants (1926) e L'invitation au voyage (1927), la D. intraprese la strada di un cinema senza narrazione, portando sullo schermo il soggetto surrealista di Antonin Artaud La coquille et le clergyman (1928). Il film venne però duramente contestato da A. Breton e dallo stesso Artaud con l'accusa di risolversi in un'"orgia di trucchi", senza cogliere lo spirito rivoluzionario del Surrealismo.
Tra il 1928 e il 1929 la D. si interessò al rapporto tra immagine e musica, realizzando alcuni cortometraggi: Celles qui s'en font e Danses espagnoles (ritrovati solo nel 1994) sono ispirati a due canzoni allora molto in voga, mentre la trilogia composta da Étude cinématographique sur une arabesque, Disque 927 e Thème et variations, basata su brani di F. Chopin e C. Debussy, costituisce un esempio di quel cinéma pur fondato sui concetti di movimento, ritmo e vita e sulla loro interazione che la D. teorizzò anche nei suoi scritti. Subito dopo, con l'avvento del sonoro, non potendo più realizzare i suoi progetti in piena libertà, la cineasta rinunciò a proposte più commerciali e decise di dedicarsi esclusivamente alla direzione di cinegiornali, lavorando negli anni Trenta prima per la Pathé Frères e in seguito per la Gaumont. I materiali migliori furono poi raccolti nel lungometraggio Le cinéma au service de l'Histoire (1937).Tra i suoi scritti si segnalano: Le cinéma d'avant-garde, in Le cinéma: des origines à nos jours, a cura di H. Frescourt, 1932 (trad. it. in "Bianco e nero", 1943, 5) e la raccolta di saggi Écrits sur le cinéma. 1919-1937, a cura di P. Hillairet, 1994.
A. Artaud, À propos du cinéma, Paris 1961 (trad. it. a cura di E. Fumagalli, Firenze 1981, pp. 23-30, 43-44); G. Sadoul, Histoire générale du cinéma, avec la collaboration de B. Eisenschitz, 5° vol., L'art muet. 1919-1929, t. 1, L'après-guerre en Europe, Paris 1975² (trad. it., Torino 1978, pp. 89-98); P. Bertetto, Il cinema d'avanguardia. 1910-1930, Venezia 1983, pp. 111-16, 350-53, 354-64.