BOCCARDO, Gerolamo
Nacque a Genova il 16 marzo 1829 da Bartolomeo, avvocato e direttore del demanio, e da Paola Duppelin Meneyrat, figlia di un generale napoleonico; ultimati gli studi umanistici (1844), s'iscrisse alla facoltà di legge dell'università di Genova, interrompendo poi gli studi per darsi all'attività politica.
Il B. fece parte della Società Entelema, che, fondata in Chiavari l'11 ott. 1846 col nome di Entellica da alcuni studenti raccolti intorno a S. Castagnola, era stata trasferita a Genova sulla fine dell'anno. Accademia culturale con fini politici, l'associazione ebbe nel B. un socio e relatore attivissimo; eletto presidente il 7 febbr. 1847, leggeva il giorno stesso uno scritto (Considerazioni sulla storia) dove enunciava alcuni "cenni sulla storia del commercio". Il 10 marzo veniva accolto nella Entelema, divenendone poi segretario, G. Mameli, che strinse col B. legami d'amicizia. Il B. fece anche parte (almeno, in base al fatto che il suo nome figura tra i membri del Comitato, in calce a una protesta contro la Compagnia di Gesù) del Comitato dell'ordine, costituito nel settembre 1847 da giovani in maggioranza dell'Entelema per organizzare le dimostrazioni a prò delle riforme. Insieme con A. Barabino e G. Papa il B. operava la trasformazione del Corriere mercantile da esclusivamente commerciale in giornale politico-commerciale, collaborandovi poi assiduamente.
Giunta la notizia dell'insurrezione milanese, il B. fu tra i volontari che, guidati da Mameli, partirono da Genova la notte tra il 19 e il 20 marzo ed entrarono a Milano il 24. Tornato a Genova alla fine di aprile, riprese l'attività giornalistica, con articoli di commento agli avvenimenti che, pur riflettendo il passaggio dall'entusiasmo iniziale all'abbattimento per la difficoltà della situazione, non mettono in dubbio i principi moderati e l'accordo tra il principe e il popolo. Contemporaneamente dedicava la sua attività a quel Circolo nazionale che, sorto il 3 apr. 1848 sotto la presidenza di C. Cabella per educare il popolo alla libertà e all'unità nazionale, dopo la firma dell'armistizio Salasco vedeva allontanarsi numerosi soci che aderivano al repubblicanesimo mazziniano.
Con altri moderati, il B. cercò di evitare la scissione, ma proprio l'indirizzo Al popolo francese, da lui stesso redatto, con cui si chiedeva alla Francia l'intervento armato nella guerra, acuì le divergenze. Mameli, che fino allora aveva coadiuvato il B. nello sforzo di unire tutti coloro che professavano idee liberali, se ne allontanò con una lettera pubblica accusandolo di umiliare il popolo italiano quando affermava la salvezza poter venire solo dall'aiuto straniero.
Nell'autunno, chiusa l'attività del Circolo nazionale, il B. riprese gli studi universitari, e il 2 luglio 1849 si laureava in legge. Entrato quindi a far parte dei patrioti amici di Rubattino, fu tra i frequentatori del salotto di Bianca Rebizzo De Simoni.
Appunto nel salotto Rebizzo, sotto la direzione di T. Mamiani e la collaborazione del B., A. Crocco, G. B. Giuliani e V. Garelli, si concretò l'idea di una Accademia di filosofia italica, per unire in una scuola nazionale le diverse tendenze filosofiche. Costituita il 5 genn. 1850 in una sala della Biblioteca Berio, il B. vi sostenne idee positivistiche contro gli hegeliani e le astrazioni metafisiche; come segretario, ne raccolse diligentemente gli atti.
Intrapresa intanto l'avvocatura, intensificava gli studi specialmente nel campo economico. Nel 1853 pubblicava a Torino il Trattato teorico pratico di economia politica. Per la sua preparazione economica il Cavour lo invitò, benché giovanissimo, a ricoprire la carica di sottosegretario al ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio, che il B. non accettò per non allontanarsi da Genova. Nel 1858 accettò però, per conto della Commissione parlamentare sul disegno di legge per una tassa sugli emolumenti, di studiare la questione della imposta sulla rendita, presentando una relazione che a lungo fu considerata uno studio fondamentale sull'argomento (Relazione sull'applicabilità della tassa sul reddito alle classi commerciali ed industriali). Lo stesso anno ebbe, dalla camera di commercio di Genova, la direzione centrale delle scuole tecniche serali per adulti, oltre alla cattedra, nelle scuole stesse, di economia politica industriale. Nel 1860 T. Mamiami, ministro della Pubblica Istruzione, gli propose il segretariato generale del ministero e la cattedra di economia politica nella facoltà genovese di giurisprudenza, e il B. scelse questa ultima. Continuò ad esercitare l'avvocatura; sempre nel 1860 si interessò alla controversia tra il Manzoni e F. Le Monnier sulla proprietà letteraria dei Promessi Sposi, difendendo gli interessi dell'editore fiorentino (Parere sopra una questione insorta tra A. Manzoni..., Firenze 1860). Continuò anche a prendere parte alla vita politica cittadina. Dal 1859 al 1888 fu continuativamente consigliere comunale; nel 1860-64 fece parte della giunta come assessore alla pubblica istruzione, lavorando, con A. Caveri, all'istituzione di scuole serali e domenicali, all'ampliamento delle elementari e al miglioramento delle condizioni dei maestri. Creato a Genova (r. d. 1º ott. 1865) l'Istituto tecnico, il B., che aveva sostenuto il progetto, ne ottenne la presidenza. Nella primavera con L. Patrone aveva rappresentato la camera di commercio di Bologna alla convocazione fatta in Egitto dal De Lesseps, pubblicando subito una dettagliata relazione sullo stato dei lavori e i vantaggi del canale di Suez (Il Canale attraverso l'istmo di Suez e gli interessi commerciali dell'Italia..., Genova-Firenze 1865). Nominato senatore nel 1877 (e trasferitosi quindi a Roma), socio nazionale dei Lincei dal 1878, membro del Consiglio di stato dal 1888, nel 1890 fu tra i delegati alla Conferenza di Berlino per la legislazione degli infortuni sul lavoro. Morì a Roma il 20 marzo 1904.
Al tempo della formazione scientifica del B. la teoria economica sembrava aver raggiunto la sua sistematica con i Principii di J. S. Mill: al più, escludendo punti di minore importanza, restavano soltanto compiti di elaborazione e applicativi. Sotto questo riguardo la posizione del B. è la stessa di tutti gli economisti formatisi tra l'opera milliana (1848) e l'indirizzo marginalista (1871). In questo clima di elaborazione e di completamento dei risultati già raggiunti (e considerati come acquisiti), va inquadrata la sua opera. Sotto l'influsso dell'evoluzionismo spenceriano, fu notevolmente inclinato verso gli studi sociologici e, nei suoi lavori, cercò sempre di rendere completa la trattazione facendo uso della matematica, della statistica, della biologia, della storia. Sebbene la sue opere non siano prive di spunti teorici, esse sono rivolte massimamente verso i problemi dell'economia applicata ed in esse, sotto l'influsso della scuola economica tedesca, che egli largamente divulgò in Italia, è fatto largo uso del metodo storico.
Una sintesi della metodologia del B. è offerta nella sua Prefazione al secondo volume della terza serie della "Biblioteca dell'economista": Dell'applicazione dei metodi quantitativi alle scienze economiche, statistiche e sociali. Saggio di logica economica (Torino 1878). Il metodo storico, interpretato e trasformato in senso positivista, giunge a confondersi con il metodo sperimentale, e il B. replica con fermezza alle "tre gravissime obbiezioni" avanzate da coloro che ritenevano impossibile l'applicazione dei metodi quantitativi alle scienze sociali, dimostrando che nelle scienze sociali sono possibili le "esperienze" così come avviene nelle scienze fisiche; che nelle prime, a somiglianza delle seconde, i fatti oggetto di esperienza sono passibili di misurazione altrettanto precisa; e che il "libero arbitrio" connesso con le scelte e le attività umane non moltiplica all'infinito le cause di perturbazione dei fenomeni economici e non annulla i nessi di causalità esistenti tra i diversi fatti economici. Un simile modo di pensare non fu caratteristico solo del B.: nel 1893 sorse, ad esempio, presso l'università di Torino un Laboratorio di economia politica, fondato e diretto da S. Cognetti De Martiis, con il preciso scopo di studiare "una scienza (quella economica) che ha carattere essenzialmente sperimentale".
Nell'uso concreto dei risultati delle indagini. statistiche il B. si rivelò, tuttavia, piuttosto cauto. Egli, infatti, se nella discussione, cui si dedicarono, fra gli altri, Ricardo, Malthus, Sismondi, Macleod, Jevons, sulle cause delle crisi economiche e sui cicli economici, accettò, sulla base anche di proprie rilevazioni statistiche (La legge di periodicità delle crisi. Perturbazioni economiche e macchie solari, Genova 1879) la spiegazione che riconduceva i fenomeni alla durata delle perturbazioni magnetiche e delle macchie solari, rilevò che difficilmente la sola azione di queste poteva essere considerata la causa ultima dell'alternarsi delle crisi, in quanto il decorso delle stagioni non soltanto è diverso nei due emisferi, ma presenta aspetti differenti nelle diverse zone di uno stesso emisfero.
La notorietà e l'influenza del B. nel campo degli studi economici ebbero inizio con la pubblicazione del suo Trattato teorico pratico di economia politica (1 ediz., Torino 1853; 7 ediz., ibid. 1885).
Scritto sostanzialmente sulle linee del Mill e dei suoi contemporanei francesi, si divide in tre volumi, il primo dei quali è dedicato all'economia teorica mentre negli ultimi due sono discussi problemi di economia pratica. Quest'opera, ricca di informazione e di bibliografia, costituì il più diffuso trattato italiano di economia del secolo scorso, ed aveva il suo completamento in un'altra opera dello stesso B., il Dizionario dell'economia politica e del commercio, così teorico come pratico (1 ediz., Torino 1857-63; 2 ediz., con titolo leggermente modificato, Milano 1881).
Il B. però influenzò in maniera più efficace gli studi di economia politica quando successe a F. Ferrara nella direzione della "Biblioteca dell'economista". Questi non aveva mai accolto - nelle due serie da lui dirette - traduzioni di economisti tedeschi, pubblicando quasi esclusivamente le opere degli economisti appartenenti alla cosidetta "scuola classica". Nella direzione della terza serie il B. aprì la collana a tutti coloro che dissentivano dalla "scuola classica" e gli autori accolti furono per la maggior parte tedeschi (Roscher, Schäffle, Wagner, Schönberg, Marx, Schultze), sebbene non siano mancati gli inglesi (Mill, Macleod, Spencer, Jevons) e i francesi (Walras, Leroy-Beaulieu).
La terza serie della "Biblioteca dell'economista", pubblicata fra il 1876 e il 1892, consta di quindici volumi, per complessivi venti tomi. I primi dieci volumi accolgono prefazioni dello stesso B., che videro altresì la luce come saggi a parte sulla Revue desdeux mondes. Gli ultimi cinque volumi (per complessivi otto tomi) accolgono, invece, la traduzione italiana del Manuale di economia Politica diretto da Schönberg, monumentale testimonianza dell'indirizzo di studi seguito dalla scuola economica tedesca.
Al B. inoltre resta il merito di aver fornito al pubblico italiano la prima traduzione del primo libro del Capitale di K. Marx, nonché quelle delle prime e fondamentali opere dei marginalisti (in particolare la Teorica dell'economia politica di W. S. Jevons, che per più di cinquant'anni fu reperibile in traduzione italiana solo in tale lontana edizione), fornendo in tal modo agli studiosi di economia utili strumenti di lavoro.
Il B. fu libero scambista convinto e in più occasioni si oppose al socialismo sebbene, da giovane, avesse sentito verso di esso una certa attrazione: pur non accettando le tesi dei sostenitori del "lasciar fare, lasciar passare", affermò che allo Stato compete solo di garantire l'effettiva libertà economica e di prevenire e combattere gli abusi che da un suo male inteso esercizio sarebbero potuti scaturire.
Per soddisfare a queste esigenze, il B. vide con favore l'intervento dello Stato in materia di rapporti di lavoro (controllo dell'emigrazione e del lavoro dei minori), di salvaguardia del patrimonio minerario, forestale e naturale in genere (sfruttamento delle miniere, diboscamento, corso dei fiumi, pescosità delle acque costiere e interne), nonché in materia di istruzione e di sanità pubblica. Con l'assolvere a queste funzioni lo Stato avrebbe garantito nel modo migliore la libertà (non soltanto economica) dei singoli e avrebbe messo tutti nelle migliori condizioni per affrontare la concorrenza economica; oltrepassati però questi limiti, qualsiasi intervento diretto dello Stato veniva considerato dal B. come distruttore di ricchezza, in quanto la libera iniziativa individuale è sempre capace di garantire risultati migliori di quelli raggiungibili dallo Stato.
Questo giudizio negativo si palesa anche quando egli tratta dell'attività finanziaria dello Stato. Nel Trattato e negli altri suoi scritti si dichiara favorevole all'alienazione del demanio fiscale (a meno che una ragione di pubblico interesse non richieda il contrario) e all'abolizione delle privative fiscali, sostenendo che un'opportuna imposta di fabbricazione sarebbe capace di garantire ugualmente il gettito dovuto, lasciando tuttavia che il sistema della libera industria migliori la qualità del prodotto. In particolare egli fu acceso fautore dell'imposta unica proporzionale sul reddito e nettamente avverso all'imposizione progressiva, giudicata iniqua per i cittadini e pericolosa per la produzione perché equivalente a una punizione dell'attività e dell'industria.
Anche in materia di circolazione monetaria il B. fu contrario all'intervento dello Stato. In quegli anni gli economisti discussero largamente il problema delle riserve auree degli istituti di emissione: gli uni difesero il "principio metallico", secondo il quale lo Stato deve intervenire preventivamente allo scopo di impedire che le banche di emissione eccedano nell'emettere dei biglietti, fissandosi per legge l'intera copertura, con monetamerce, di ogni emissione oltre un ammontare fissato; gli altri sostennero il "principio bancario" argomentando che l'emissione dei biglietti (nel regime di convertibilità che allora vigeva) non sarebbe mai stata eccessiva in quanto, se la banca avesse spinto l'emissione dei biglietti oltre il "fabbisogno" del mercato, il loro valore sarebbe diminuito ed essi sarebbero ritornati alla banca per la conversione. Il B. aderì in pieno alla "scuola bancaria" e sostenne (Sul riordinamento delle banche in Italia, Torino 1881) che in Italia, per effetto dei vincoli posti dallo Stato, erano impiegati negli istituti di emissione (che furono 6 fino al 1893) più capitali di quanti fossero necessari.
Oltre alla già citata prefazione al secondo volume, si ricordano del B. nella stessa Biblioteca: Introduzione generale. L'economia politica odierna come scienza e come ordinamento generale, I, Torino 1876; I principii filosofici dell'economia politica, III, ibid. 1877; Del metodo e dei limiti dell'economia politica, IV, ibid. 1878; Il dottor Schäffle ed il problema economico e sociale in Germania, V, ibid. 1879; Credito e banche, VI, ibid. 1879; L'animale e l'uomo. Fondamenti dottrinali e metodici della moderna sociologia nelle sue relazioni con le scienze biologiche, economiche e statistiche. Saggio filosofico, VII, ibid. 1881; La sociologia nella storia, nella scienza, nella religione e nel cosmo, VIII, ibid. 1881; Gli eretici dell'economia politica e la legislazione sociale, IX, ibid. 1882; I principii della scienza e dell'arte della finanza, X, ibid. 1887. Tra gli scritti su questioni bancarie si menzionano qui: La Banca d'Italia, Genova 1863; Le banche e il corso forzato. Sul riordinamento degli istituti di emissione, Roma 1879; L'economia nazionale e le banche. Alcune osservazioni intorno al nuovo progetto di legge per l'ordinamento degli istituti di emissione, Roma 1888; si vedano inoltre Il socialismo e l'Italia, Padova 1879; Socialismo sistematico e socialisti incoscienti, Roma 1896; Le condizioni presenti e l'economia nazionale, Roma 1889.
Il B. si interessò anche di studi geografici, e fu autore di apprezzati manuali di storia, economia, geografia, diritto, contabilità. Tra gli studi di geografia si ricordano: Degli studi geografici e del loro stato presente in Italia, in Arch. stor. ital., n.s., V (1857), pp. 60-87; e Sismopirologia, Genova 1869. Tra i manuali si possono riferire La terra e la sua progressiva conquista. Storia della geografia e del commercio, Torino 1866; Manuale di diritto commerciale, Torino 1862; Manuale di diritto amministrativo, Torino 1863; L'evoluzione economica della società umana. Manuale di storia del commercio, delle industrie e dell'economia politica, Torino 1865. Inoltre si ricordano: Della proprietà letteraria e dei limiti degli autori e degli editori, Torino 1861; La connessione delle scienze, Genova 1868; Semplici riflessioni sulla Scuola superiore di commercio, Genova 1884; Sulla istituzione dei ministeri del Tesoro e della Agricoltura, industria e commercio, Roma 1878.
G. ANCONA
Bibl.: P. L. Isnardi-E. Celesia, Storia dell' univ. di Genova, II, Genova 1867, pp. 363 s., 365, 397 s.; L. Cossa, Introduz. allo studio dell'economia politica, Milano 1892, pp. 512 s. e 528 s.; Corriere mercantile, 20 e 21 marzo 1904 (necrologio); G. Giorgi, Commemoraz. del socio Sen. G. B., in Rend. dell'Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze morali, s. 5, XIII (1904), pp. 161-176; E. Curotto, L'Accademia di filosofia italica fondata dal Mamiani in Genova nel 1850, Genova 1915, pp. 13, 17 s., 29 s., 39, 44, 66 s., 68, 73, 99; F. Ridella, La vita e i tempi di C. Cabella, Genova 1923, pp. 157 s.; M. P. Pantaleoni, G. B., in Palgrave's dictionary of Political economy, I, London 1925, pp. 824 s.; F. E. Morando, A. G. Barrili e i suoi tempi, Napoli-Genova 1926, pp. 160-165, A. Codignola, G. Mameli. La vita e gli scritti, I, Venezia-Firenze 1927, pp. 36-43, 108 s., 243, 282 s.; Id., R. Rubattino, Bologna 1928, pp. 45, 463; G. Ricca Salerno, Storia delle dottrine finanziarie in Italia, Padova 1950, pp. 27, 427 s., 433; J. A. Schumpeter, Epoche di storia delle dottrine e dei metodi, Torino 1953, p. 67; Id., Storia dell'analisi economica, II, Torino 1959, pp. 617-622.
A. BenvenutoVialetto-G. Ancona