BOSSI, Gerolamo
Di nobile famiglia pavese, dei Bossi d'Azzate originaria di Milano, ascritto per privilegio, con i figli, all'ordine patrizio e senatorio di Roma, nacque a Pavia da Marcantonio e Angelica Longo nell'ottobre 1588. Conclusi gli studi giuridici, fu ammesso al Collegio dei dottori di Milano e dal 1609 prese a insegnare al collegio Carlo Taeggi, conseguendo nel 1619 l'incarico di primo professore di eloquenza. Altri dieci anni durerà, peraltro, il suo noviziato di docente alle scuole palatine milanesi, prima di essere chiamato, a metà del 1629, a succedere ad Aquilino Coppino in qualità di lettore di umane lettere all'università di Pavia. Nel frattempo aveva svolto anche attività amministrativa, per conto del Senato di Milano, come "sindacatore" dal 1625 dei podestà di Lecce e di Valsassina.
Alla cattedra dell'ateneo ticinese il B. giungeva preceduto dalla notorietà, ormai solidamente acquisita negli ambienti culturali, per la sua vasta produzione letteraria di cultore delle lingue classiche, di poeta, ma soprattutto di autore di numerose opere erudite, composte in stile elegante, sensibile ai canoni di maniera della migliore retorica secentesca. Già il suo primo lavoro, De Toga Romana Commentarius, aveva visto due successive edizioni a Pavia, la prima nel 1612, la seconda nel 1614; e sarà poi ripreso (come pure il trattato Isiacus de Sistro, uscito a Milano nel 1612, e in seconda edizione nel 1622) in diverse miscellanee di studi antiquari romani ancora nel 1671 e 1672. La tipografia pavese di Ardizzoni e Rubeo aveva provveduto, del resto, a stampare dal 1613 in poi, in successive raccolte (l'ultima delle quali del 1626), anche un migliaio di Epistolae del B., che a partire dal 1623 ne pubblicherà pure altre presso lo stampatore milanese Angelo Nava. Gli anni fra il 1620 e il 1630 avevano rappresentato, in ogni caso, una stagione feconda di studi e di ricerche, specialmente di erudizione latina (dalle De Senatorum Latoclavo observationes, pubblicate a Pavia nel 1617, su commissione del senatore milanese Giambattista Visconti; al Ianotarius,sive de Strena Commentarius, Mediolani 1624; seconda edizione, 1628); ma anche di carmi, di componimenti poetici, di orazioni: dall'Encomiasticon, stampato a Milano dalla tipografia Malatesta nel 1620, alle Musae subcisivae (Mediolani 1622), alla Musa Iuvenalis (ibid. 1626), all'Oratio de Tulliana imitatione habita publice Mediolani dello stesso anno, alla Dissertatio Academica de amore Philologiae (ibid. 1627), alla Decas Praeloquiorum Palatinorum (ibid. 1627). Altre orazioni, elegie, epigrammi venne inserendo nelle varie, voluminose edizioni delle Epistolae e anche in alcuni trattati celebrativi di altri autori. Ma sono anche numerosi gli esercizi di retorica, gli elogi, i sonetti e altri frammenti poetici rimasti manoscritti e dispersi in vari fondi: così le Odi Toscane, i Praeloquia palatina tria, la Roma feriata in tres libros tributa in quorum primo agitur de Feriis et Festis diebus Romanorum; in secundo de Sacrificiis; in tertio de ludis et spectaculis Romae veteris.
Buon grecista, studioso appassionato dei classici, cultore della commedia latina, in particolare di Plauto, ma anche esperto in materie giuridiche, il B. ebbe larga scuola a Pavia e fu anche invitato fin dal 1629 a trasferirsi all'università di Pisa. Non ebbe, invece, fortuna nella sua ambizione di assumere la segreteria del Senato di Milano; inutilmente brigheranno in suo favore, in quegli stessi anni, i senatori Paolo Giuseppe Meronio e Francesco Cagnoli: ché pregiudiziale alla sua cooptazione nel consesso sarà l'obiezione, sostenuta dalla maggioranza, di non aver egli ricoperto in precedenza cariche di rilievo nell'amministrazione pubblica. Riuscì per contro, grazie all'appoggio del cardinale Paolo Sfondrati, a procurare al fratello Francesco, dottore in legge, l'ufficio di cancelliere del vescovado di Pavia.
Fu, d'altra parte, nel campo dell'attività culturale che il B. trasse maggiore soddisfazione: amico e corrispondente di numerosi eruditi del suo tempo (dal Lauro al Lorenzi, al Pignoria, al Clementi, al Serbelloni), membro di tre accademie (degli Insensati di Perugia, degli Umoristi di Roma e degli Affidati di Pavia), egli ebbe anche modo di esaminare e di seguire l'itinerario culturale e lo sviluppo della produzione letteraria di altri scrittori minori di poesia in latino e in volgare, di cronache, di memorie agiografiche. Un'attività eterogenea, spesso dispersiva o di pura circostanza, quella del B., ma anche suscettibile - al di là della vasta profusione di opuscoli celebrativi, di trattatelli di retorica, di panegirici - di spunti interessanti in direzione critico-erudita. Di fatto, la sua opera di ricercatore, di collezionista, di antiquario curioso e diligente valse a porre le premesse per una più organica ricostruzione, in epoca successiva, delle vicende storiche della città e del territorio pavese. Molte sue opere, rimaste manoscritte, vennero infatti formando il patrimonio documentario cui poi attinsero scrittori e storici ottocenteschi di cose ticinesi: così, in particolare, le Memorie civilidi Pavia seggio del Regno d'Italia che il B. aveva pensato di raccogliere in otto volumi, di cui i primi quattro dedicati alle Memorie civili e gli altri alle Memorie sacre;e le Memoriae Ticinenses novantiquae, vasta collezione di iscrizioni e di epigrafi delle chiese e di altri edifici pubblici e privati locali; e altre note e documenti, poi conosciuti tutti sotto la denominazione comune di Raccolta Ticinensia presso la Biblioteca universitaria di Pavia. Vennero invece pubblicati nel 1640 i Dyptica episcoporum. S. Ticinensis Ecclesiae ab anno Christi 46 ad annum ineuntem.
Inediti rimasero anche parecchi lavori di erudizione e di filologia latina, di curiosità antiquarie, appunti di letteratura greca, prolusioni, note su costumi e su istituzioni giuridiche del mondo romano, ecc.
Il B. morì a Pavia nel 1646.
Bibl.: G. Ghilini, Teatro d'huomini letterati, I, Venezia 1647, I, p. 112; G. Cinelli Calvoli, Biblioteca volante,continuata dal dott. DionigiAndrea Sancassani..., I, Venezia 1734, p. 199; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1856 ss.; P. Talini, Note storichepavesi, in Arch. stor. lombardo, V (1878), pp. 739-740; G. Romano, Eremitani e canonici regolari inPavia nel sec. XIV e loro attinenze con la storiacittadina,ibid., XXII (1895), p. 32 n.; R. Majocchi, Le ossa di re Liutprando scoperte in S. Pietrodi Pavia,ibidem, XXIII (1896), pp. 12, 26-27; Z. Volta, La facoltà teologica nei primordi delloStudio generale di Pavia,ibid., XXV (1898), p. 300; P. Litta, Le famiglie celebri italiane,s.v. Bossi, tav. IV.