BOTTO (Botta, Botti), Gerolamo
Nacque nella seconda metà del sec. XV da Agostino, di nobile e potente famiglia genovese, e Andreola Cavazza. Il B. sposò Bettina Salvago Calizzano di Leonardo, sorella di Simonetta, moglie del fratello maggiore del B., Battista. Da questo matrimonio nacquero Giovanni, Giacomo e Filippo. Come i fratelli Battista e Martino partecipò attivamente alla vita politica della Repubblica genovese, sia nel periodo in cui essa gravitava entro l'orbita milanese degli Sforza sia in quello in cui dovette riconoscere i governatori francesi di Luigi XII.
La prima attività politica del B. di cui abbiamo notizia risale al turbolento anno 1500: ma probabilmente egli doveva già essersi qualificato politicamente, dal momento che lo troviamo a presiedere il Gran Consiglio come capo degli artefici bianchi, del cui gruppo faceva parte anche il fratello Battista, contro gli artefici neri, nelle cui file erano invece i cugini Battista, Vincenzo e Gerolamo, figli di Giovanni Antonio. È probabile che anche il B., come i fratelli Battista e Martino, fosse ostile ai Francesi e partigiano dei Fregoso; infatti nella lotta fra Luigi XII e il Moro, mentre gli Adorno parteggiavano per il duca di Milano, i Fregoso, appoggiati da Gian Luigi Fieschi, convinsero il Consiglio cittadino a offrire la città al re di Francia (26 ott. 1499), a condizione che gli Adorno fossero espulsi e venissero riconosciuti i privilegi e i diritti cittadini. Comunque all'epoca dell'arrivo della flotta aragonese a Genova, il 1º ott. 1506, e dell'immediato volontario trasferimento della stessa a Portofino, egli venne scelto come uno dei tre ambasciatori che dovevano portare l'omaggio della città a Ferdinando il Cattolico. Il B., Gerolamo Palmario e Francesco Spinola ebbero anche l'incarico di porgere al sovrano le condoglianze del governo per la morte del genero Filippo. Inoltre, gli ambasciatori dovevano far osservare al re che il governo genovese avrebbe preferito che egli si fermasse a Genova piuttosto che a Portofino: comunque essi avevano ricevuto istruzione di restare presso il sovrano e di mettersi a sua completa disposizione. Il soggiorno degli Aragonesi a Portofino fu reso forzatamente più lungo del previsto dal perdurare dei venti contrari: e se è vero che in questa occasione venne offerta la signoria di Genova a Ferdinando, che non accettò essendo in quel periodo in tregua con Luigi XII, non è da escludere che il B. ne fosse stato incaricato. Anch'egli, come i fratelli, rivestì numerose cariche pubbliche: fece parte nel 1511 dei Sindicatores, la magistratura che si trovava al vertice dell'organizzazione statale genovese, in un periodo in cui Genova era formalmente suddita di Luigi XII re di Francia. Inoltre l'Ufficio dei rotti, cioè dei giudici dei fallimenti, lo ebbe tra i propri membri nel 1512 e nel 1518; nel 1527, infine, egli fu tra i magistrati dell'Ufficio di sanità.
Nel 1528, in seguito alla riforma di Andrea Doria, che volle istituire un governo puramente aristocratico in Genova e conferire poteri politici solo agli appartenenti ai gruppi nobiliari degli "alberghi", cioè delle famiglie che contassero sei capi del medesimo cognome, il B. e i suoi figli entrarono a far parte dell'"albergo" dei Fieschi, assumendo quindi il cognome di Fiesco Botto.
Insieme con i fratelli, nel 1523, dedicò una cappella nella chiesa di S. Maria di Castello: chiesa nella quale egli stesso, come i fratelli, venne sepolto. I monumenti, con le lapidi recanti i nomi di Battista, Gerolamo e Martino, sono tuttora visibili.
Fonti eBibl.: Archivio di Stato di Genova, Instructiones et relationes, 2707, c. 49; Ibid., Diversorum Collegi, reg. 570; Ibid., mss. nn. 10, 473, 495, 497, 6/92, 516, 518, p. 88, 620, pp. 351-53; Genova, Civica Biblioteca Berio, ms. 13: Della Cella [1782], pp. 361-63; Genova, Biblioteca dell'Università, ms. 652, cc. 1174 s. (Fransone); B. Senaregae De rebus genuensis commentaria, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXIV, 8, a cura di E. Pandiani, ad Ind.;R. A. Vigna, Illustrazioni di S. Maria di Castello, Genova 1864, pp. 169 s:, 303; E. Pandiani, Un anno di storiagenovese, in Atti della Soc. ligure di st. patria, XXXVII (1906), p. 60; Istruzioni e relazioni di ambasciatori genovesi, I, a cura di R. Ciasca, in Fonti per la storia d'Italia, XIV, Roma 1951, pp. 57 s.