CATTANEO, Gerolamo
Nacque a Genova attorno al 1500 dal nobile Accellino, ma dopo il 1530 si trasferì in Spagna, dove visse e svolse attività mercantile-finanziaria.
Accellino, che apparteneva a un ramo di estrazione popolare, quello dei Mallone, all'interno del grande e nobile "albergo" dei Cattaneo, prese parte attiva alla vita politica della Repubblica e fu uno dei Sindacatores nel 1501; durante la sollevazione del 1506-07, fu eletto dai popolari tra i Pacificatori; tuttavia, nella sua carriera, ricoprì principalmente uffici relativi all'amministrazione economica: fu nel 1494 magistrato di Moneta, nel 1502, 1504,1508, 1514 di Mercanzia, nel 1508 di Gazaria.
Il C. antepose l'attività mercantile e finanziaria, alla quale dovette essere avviato dal padre in giovane età, alla carriera politica, cui non prese parte, nonostante nel 1528 venisse ascritto alla nobiltà. Dopo quest'ultimo anno, probabilmente tra il 1530 e il 1535, il C. si trasferì a Siviglia, dove dovette entrare subito in contatto con l'ambiente di mercanti e finanzieri liguri che vi operavano, interessandosi soprattutto al commercio con le Indie e all'appalto di imposte.
Nel frattempo un fratello del C., Giovanni, si era trasferito in Messico, dove svolgeva attività di agente, oltre che per il C., per altri genovesi di Siviglia, Antonio Grimaldi e Giovan Francesco Vivaldi, soci del C. in varie operazioni commerciali. Forse il C. stesso si recò in Messico e vi risiedette qualche tempo; ma la sua dimora abituale rimase Siviglia,vicino alle grandi banche e alla Casa de Contratación.
Il primo documento che testimonia la collaborazione tra il C. e il fratello è del 20 dic. 1538: in esso, Giovanni, a Città del Messico, riceve procura dal C. perché davanti al tribunale di quella città presenti una ricevuta del re di Spagna come prova di un causa che il C. aveva con Fernando di Toledo.
Nonostante la vaghezza del riferimento, non è difficile ipotizzare, anche alla luce della attività successivamente svolta dal C., che questi abbia prestato qualche somma a Carlo V, e ne abbia ricevuto in cambio qualche immunità nel commercio con le Indie (che era altrimenti vietato agli stranieri che non avessero risieduto da quindici-venti anni in Spagna e non agissero in società con mercanti spagnoli).
In effetti il C., negli anni successivi, entrato anche in relazione con la Casa de Contratación, mantenne i suoi commerci con le Indie sempre in società con spagnoli: il 9 ag. 1542 lui e il socio genovese Antonio Grimaldi fanno impegnare con la Casa anche Pedro Palamote, capitano del galeone "San Juan",e il pilota Gregorio di Santiago per garantire il trasporto di passeggeri e mercanzie a Panama; il 1º ott. 1543 è con Domingo de Lizarrazas (grande banchiere sivigliano cui sarà legato in varie occasioni) che il C. si impegna con la Casa per un trasporto di mercanzie e passeggeri nelle Indie, sul galeone "Santa Barbara",capitanato da Juan de Arzuriaga. Le spedizioni continuanofino al 1549: il 26 nov. 1545 il C. e il Grimaldi noleggiano la "Trinidad",capitanata da Juanes de Luberca, per inviare a San Juan de Ulna 28 tonn. di mercanzia; il 3 apr. 1549 il C. acquista e garantisce per un mercante abitante in Messico, Diego di Nava, presso un mercante tedesco, Cristobal Rayzer, fustagni di vario colore per 750.000maravedi.
Già dal 20 dic. 1544 il C. era entrato come socio nella grande banca di Domingo de Lizarrazas: lui e un altro Cattaneo, Gregorio (forse suo figlio), avevano portato molte malleverie e aiutato il Lizarrazas a rinnovare le garanzie prescritte per il proseguimento dell'attività. Ma l'operazione più brillante del C. fu forse quella di essere riuscito a entrare nell'appalto delle impostedi Siviglia, con contratto dal 1549 al 1558.
Veramente tale contratto era stato rilevato da uno dei precedenti appaltatori, Alonso de Illescas, e da Juan Nuñez de Jérez. Ma, quasi subito, quest'ultimo cedette al C. sei delle tredici parti in cui era diviso il capitale sociale, trattenendosi un solo tredicesimo, mentre all'Illescas e al C. rimanevano due parti eguali (6/13 ciascuno). Ma il C. cedette alcuni tredicesimi, permettendo l'ingresso nella società ad altri genovesi: Andrea Lomellini e Cristoforo Centurione, il 13 sett. 1549, ricevevano dal C. un tredicesimo indiviso; il 14 giugno 1550 Giorgio Di Negro ne rilevò un altro tredicesimo. Comunque il C. ebbe e mantenne, insieme con l'Illescas, la responsabilità dell'appalto fiscale estremamente redditizio. In una carta di pagamento dell'Illescas al C., il 18 marzo 1553, sono riportati i guadagni relativi al periodo 1549-51: mentre l'appalto per dieci anni era loro costato un totale di 38.300.000 maravedì, il C. ricevette in pagamento nei primi tre anni, per i suoi 6/13 (includendo nel conto il Lomellini, il Centurione e il Di Negro) 22 milioni 844.489 maravedì.
Intanto, con un documento stilato a Medina del Campo il 27 ag. 1551 il C., già socio titolare della banca Lizarrazas e Gregorio Cattaneo, entrava, fino alla fine del dicembre 1552, nella società bancaria di Gian Giacomo Spinola e otteneva dai soci la procura per stipulare gli abituali contratti tra banchieri e, soprattutto, le operazioni di credito con Carlo V.
In questo modo l'attività del C., contemporaneamente banchiere del re e appaltatore delle sue imposte, manteneva in contatto con interessi solidali vari gruppi di grandi mercanti, poiché, mentre cresceva sempre più il reddito dell'appalto, la banca sivigliana titolare dei crediti inerenti poteva fare nuovi prestiti al sovrano.
Ma all'inizio del 1553 il C. doveva essere uscito dalla società col Lizarrazas, infatti, mentre quest'ultimo giungeva al fallimento, il C., insieme ad altri 86 fra mercanti e banchieri, offrì la propria garanzia per l'ex socio (interessante notare che su una malleveria totale di 204.000 ducati, sei mercanti genovesi, compreso il C., potevano rispondere per 22.000 ducati).
Il processo che seguì al fallimento del Lizarrazas mise in evidenza legami non sempre limpidi tra i banchieri sivigliani e la Casa de Contratación, e una diffusa corruzione, tanto che il procuratore, avendo l'impressione che i giudici sivigliani fossero stati comprati dal denaro genovese, ne fece venire altri da fuori. Comunque il C. e Giovan Giacomo Spinola il 14 dic. 1553 riuscirono a far riaprire il banco, consolidandolo anzi con depositi di persone influenti, mercanti stranieri e delle Indie e magistrati di Siviglia. Al procuratore non rimase che constatare che i genovesi erano tanto potenti che "no había medio de proceder contra ellos".Il C. proseguì con l'attività bancaria e quella di appaltatore di imposte almeno fino al 1558: il 5 agosto a lui, all'Illescas e al Nuñez vennero corrisposti 20.000 ducati come rendita dell'appalto. Qualche mese dopo, il 3 nov. 1558, sempre a Siviglia, il C. stese il testamento olografo, cui non dovette sopravvivere a lungo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, mss. 10, c. 86v; 494, c. 312; Collección de documentosinéditos para la historia de Hispano-America, in Catálogo de losfondos Americános del Archivo de protocolos de Sevilla, Madrid 1930, XI, docc.400, 683; XIV, docc. 235, 343, 682 s., 731; E. Pandiani, Un anno di storia genovese, in Atti della Soc. lig. di storia patria, XXXVII(1905), pp. 317, 375; R. Almagià, Commercianti, banchieri e armatori genovesi a Siviglia nei primi decenni del sec. XVI, Roma 1935, p. 448 e n. 4; P. Gribaudi, Navigatori, banchieri e mercanti ital. nei documenti degli archivi notarili di Siviglia, in Boll. della Soc. geogr. ital., s. 7, I (1936), p. 21; R. Carandé, Carlos V ysus banqueros, Madrid 1965, pp. 303 s., 307, 310, 312, 314, 523.