DE MARINI (Marini, De Marinis, Marinus), Gerolamo
Nacque a Genova nel marzo 1595 da Francesco di Gerolamo e Maria Serra; fu ascritto alla nobiltà Il 23 luglio 1616.
Da un secondo matrimonio del padre con Paola Cattaneo di Giacomo nacque nel 1613 Domenico, poi dedicatosi alla carriera ecclesiastica. Secondo la testimonianza dell'abate Michele Giustiniani, che lo conobbe personalmente, il D. fu capace uomo politico, impegnato sempre con zelo nelle principali magistrature della città e attento studioso di storia e di politica. Secondo il Giustiniani il D. sarebbe stato un degnissimo doge, se avesse avuto adeguati sostegni familiari, mentre "difficilmente prevale in Genova colui che non viene avvalorato da gran numero di parenti, dei quali egli non è tanto abbondante". Tuttavia uno zio del D., Giovanni Agostino, dopo alcuni tentativi falliti, fu eletto alla somma carica nel 1641; un altro zio, Domenico, fu arcivescovo di Genova dal 1616 e poi patriarca di Gerusalemme. Molti altri familiari del D. si dedicarono alla carriera ecclesiastica ed egli stesso appare devoto e particolarmente legato, per relazioni e amicizia, agli ambienti religiosi.
Nonostante la testimonianza del Giustiniani, della attività politica del D. risultano pochi documenti: l'incarico di inviato straordinario al campo spagnolo, al seguito di Ambrogio Spinola, durante l'assedio di Casale nel 1630, la nomina tra i Padri del Comune nel 1632 e 1641;la carica di senatore nel 1649 e nel 1651. Molto più documentata è la sua attività di scrittore, in italiano e in latino, grazie ad una mezza dozzina di operette, alcune pubblicate a stampa, quasi sempre finalizzate alla difesa dei diritti della Repubblica e perciò spesso usate da questa a sostegno delle proprie rivendicazioni, sebbene non risultino essergli state ufficialmente commissionate.
Nell'incarico del 1630, il D., ancora relativamente giovane, dovette avere la prima importante esperienza di politica internazionale, della quale si dimostra già esperto conoscitore nell'intensa corrispondenza al governo dal campo spagnolo, dal marzo al maggio 1630.
Osservatore privilegiato del delicato momento politico-militare, in rapporti pressoché quotidiani con lo Spinola, il D. sa individuare e prevedere le mosse dei contendenti: della Francia nei confronti del duca di Savoia, minacciato per il suo passaggio al campo ispano-imperiale, e dello stesso Carlo Emanuele, attento ad ottenere aiuti dalla Spagna e contemporaneamente a salvaguardarsi dai successi della stessa che possano tradursi in suo danno. La funzione del D. è appunto anche quella di convincere lo Spinola della doppiezza del Savoia, per evitare che la nuova alleanza si traduca in svantaggi per Genova, la cui neutralità appare egoista e ambigua. Deve inoltre segnalare alla Repubblica il momento opportuno per intavolare trattative di pace dirette con Carlo Emanuele: cosa che il D. fa da Sartirana, con lettera del 22 marzo 1630, avendone ricevuto indicazione dallo Spinola, in partenza per il Piemonte in aiuto del duca. Sempre al seguito dello Spinola, il D. scriveva da Alessandria il 26, 27 e 28 marzo e il i" aprile dettagliate notizie sulla situazione militare, sulle forze in campo e sui retroscena politici internazionali; in aprile da Carmagnola sui contrasti tra i generali, quindi il 5 maggio da Poirino, dove il D. aveva raggiunto di nuovo lo Spinola, che aveva fatto prevalere: il suo progetto di attacco a Casale. La corrispondenza del D. continuò intensa per tutto il maggio da San Giorgio, a 2 miglia da Casale, dove si erano concentrate le forze alleate e da dove venivano portati i primi attacchi alle località attorno alla città; proseguì, molto più sporadica nel giugno, fino al 27, quando l'ultima lettera informa sulla controffensiva delle truppe francesi del maresciallo J. du Caylar de St Bonnet Toiras. È probabile che il D. sia quindi tornato a Genova, senza assistere all'infelice conclusione dell'impresa.
Dopo il ritorno, cominciò a dedicarsi all'attività letteraria, anche se il suo primo opuscolo, un panegirico in latino per Urbano VIII, con dedica allo zio arcivescovo Domenico, era già stato pubblicato a Roma nel 1624. Di questo periodo è invece probabilmente la Relazione della congiura del Vachero, che il Giustiniani cita come manoscritto molto lodato, ma di cui attualmente non c'è traccia nelle biblioteche pubbliche genovesi. Forse la Relazione circolò anonima (del resto, l'Oldoini avverte che alcune opere manoscritte del D. sono sotto altro nome, senza specificare quale) e probabilmente appoggiava la più famosa narrazione di Raffaele Della Torre, al quale il D. risulta legato anche nella trattazione di altri due argomenti: gli onori regali della Repubblica e la questione del Finale. Sul primo punto il D. compose infatti le Considerazioni intorno al discorso fatto da Raffaele Della Torre sopra le preminenze reali della Repubblica genovese, rimaste manoscritte e senza data, come testimonia il Giustiniani (che dichiara di averle trovate e lette a Roma nella biblioteca del fu cardinale Bernardino Spada). Sul secondo punto, nel "tempo dei sequestri", e quindi probabilmente nel 1654, il D. compose una Lettera sopra le controversie del Finale, che risulta pubblicata in volume con lo scritto di Raffaele Della Torre Al curioso del vero.
Lo scritto del Della Torre reca luogo e data di stampa (Genova 1655); quello del D. segue senza alcuna indicazione tipografica. Il D. contesta lo scritto di un "Incerto" con una serie di argomentazioni storico-giuridiche sulla completa sovranità di Genova (il cui riconoscimento, ben diverso dalle concessioni alle città Ionibarde, fa risalire a Federico Barbarossa) e sui suoi antichissimi diritti sul Finale, confermati in tempi più recenti da Carlo V e Filippo II. Proprio questi scritti del Della Torre e dei D., insieme ad uno analogo di Federico Federici, vengono allegati alle istruzioni ufficiafi consegnate ai vari inviati presso la corte di Madrid negli anni successivi: sia nel 1659 ad Alessandro Grimaldi, sia nel 1663 a Giacomo Saluzzo, al quale il governo raccomanda di "internarsi" nella lettura di questi scritti onde difendere persuasivamente gli interessi genovesi.
Il D. compose e pubblicò altre due operette politiche: la prima nel 1656, sotto l'anagramma Hieronimus De Arminis, intitolata Observationes ad Annales ecclesiasticos Henrici Spondani Apamiarum in Gallia episcopi, quibus expenduntur nonnulla eiusdem Spondani da aliquibus principibus, nationibusque elogia, quae sequens pagina demonstrabit.
Dedicata al gesuita G. P. Oliva, che sarà eletto generale dell'Ordine nel 1661, l'opera non reca né luogo di stampa né nome dello stampatore. In 159 pagine di elegante e facile latino, assai più vicino a Cornelio Nepote che a Tacito, secondo la moda del tempo eletto dal D. a proprio modello, il D. si propone di difendere l'onore genovese contro le imprecisioni presenti, a suo giudizio, negli Annales ecclesiastici che H. De Sponde aveva proseguito da quelli del Baronio. Il D. riporta in corsivo i passi contestati e in margine nota le fonti, o le auctoritates, cui appoggia le proprie confutazioni. L'operetta, preceduta dall'indice, è divisa in sei capitoli, alcuni dei quali ulteriormente suddivisi in sezioni. Parte da eventi del XIV secolo e, seguendo un ordinamento secondo problemi piuttosto che quello annalistico, anche se è rispettata la progressione cronologica, giunge al 1640, dopo aver dedicato l'intero ultimo capitolo alla guerra contro i franco-sabaudi del 1625, della quale il D. dichiara di essere stato diretto testimone. I capitoli (De Genuensium fama; De Genuensium fide; De Genuensium rebus gestis pro Christi fide, et Ecclesia; De Andreae de Oria fidelitate; De bello Genuensi anni 1625; De Italia aliisque, nel quale ultimo sono espressi penetranti giudizi su Francesco I, su Elisabetta d'Inghilterra, su Rodolfo d'Asburgo) vogliono difendere la Repubblica soprattutto dalle accuse di ambigua neutralità, sollevate a causa dei suoi legami con la Spagna.
Più originale l'altra operetta: Genua, sive Dominij, gubernationis, potentiae, dignitatis Serenissimae Reipublicae Genuensis compendiaria descriptio. Ilminuscolo volume, 166 pagine in formato 24º, pubblicato nel 1666 e nel 1676 a Genova, si presenta come un ex voto ("votivam tabellam" lo definisce il D. stesso) dedicato alla Madonna per aver salvato, due volte nel corso del secolo, Genova e il D. dall'epidemia di peste.
Anche questa opera è divisa in capitoli: il dominio (la città e le Riviere, con precise notizie demografiche e urbanistiche); il governo (nella prima sezione l'elenco delle magistrature e delle modalità di elezione e funzionamento, compreso il Banco di S. Giorgio); le opere pie pubbliche, cui aggiunge in appendice l'elenco di quelle religiose più importanti; la potenza (e distingue la potenza militare, in relazione alla quale riporta dettagliatamente le cifre dell'armamento terrestre e marittimo raggiungibile in caso di necessità, riferendole ai dati del 1625, dalla reale potenza di Genova, che indica nel commercio, specie per gli approvvigionamenti granari all'Italia settentrionale, e nel sistema di S. Giorgio); la dignità (dall'origine del Comune alle vittorie sui Saraceni, alla guerra con Pisa all'elenco delle famiglie nobili più prestigiose della città).
Morì nel 1669, probabilmente a Genova, e lasciò numerosa prole: quattro figli risultano ascritti alla nobiltà il 18 dic. 1649: Francesco, nato nel 1620; Domenico, nel 1626; Ettore Carlo, nel 1630; Paolo, nel 1632. Quest'ultimo fu ambasciatore a Parigi nel 1684.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Mss. 454, c. 4;Genova, Civica Bibl. Berio, ms. m.r. X. 2. 168:L. Della Cella, Famiglie di Genova (1782), cc. 922-924;M. Giustiniani, Gli scrittori liguri, Roma 1667, pp. 442 ss.; A. Oldoini, Athenaeum Ligusticum, Perusiae 1680, p. 249;R. Della Torre, Congiura di G. C. Vachero, a cura di C. L. Bixio, in Arch. stor. ital., Appendice, III (1846), p. 551; Istruzioni e relaz. degli ambasciatori genovesi, a cura di R. Ciasca, IV, Roma 1951, pp. 78 n. 2, 206;G. B. Spotorno, Storia letter. della Liguria, Genova 1858, III, p.201;V, p. 21;A. Manno, Bibliografia stor. degli Stati della monarchia di Savoia, Torino 1884, V, n. 206-53;R. Quazza, La guerra per la successione di Mantova e del Monferrato, Mantova 1926, II, pp. 53 ss., 63-66, 75-78, 110; A. Cappellini, Dizionario biogr. dei genovesi illustri Genova 1936, p. 50; G. Guelfi Camajani, Il "Liber nobil. Genuensis"..., Firenze 1965, p. 331 s.