FRESCOBALDI, Gerolamo
Compositore e organista, nato a Ferrara nel 1583 e battezzato il 9 settembre. Della sua precoce versatilità musicale rimasero varie testimonianze; sappiamo che il F. ebbe come maestro uno dei più reputati organisti e compositori del tempo, il ferrarese Luzzasco Luzzaschi (v.). In un ambiente dove il culto della musica aveva assunto uno splendore e un'intensità ch'erano superate, almeno nell'Italia settentrionale, soltanto da Venezia, il F., grazie alle sue grandi qualita, poté ben presto giungere a un alto grado di destrezza professionale. La prima notizia diretta che abbiamo di lui risale al 1604, ed è l'iscrizione alla Congregazione ed Accademia di S. Cecilia in Roma, in qualità di cantore e organista; in questa città, ove dovette trasferirsi appena ventenne, godette la protezione del prelato ferrarese Guido Bentivoglio, che fu poi cardinale, dal quale fu introdotto nelle case patrizie, ove eseguiva in privati trattenimenti, come egli stesso ricorda nella prefazione delle Fantasie, le sue prime opere strumentali. Nell'estate del 1607 il F. seguì a Bruxelles il Bentivoglio, che era stato creato nunzio pontificio nelle Fiandre, e così ebbe modo d'entrare in contatto con l'ambiente artistico fiammingo, allora dominato dalla figura di J. P. Sweelinck; ad Anversa, presso il Phalèse, nel giugno 1608 pubblicò la prima opera musicale, il Primo libro dei madrigali a cinque voci, in cui il musicista fa buona prova nel genere madrigalistico allora tanto diffuso e fiorente, mostrando qualità d'equilibrio, senza peraltro far decisamente spiccare la sua personalità. Nel luglio 1608 il F. lavorava in Milano a preparare presso l'erede di Simon Tini e il Lomazzo la stampa del Primo Libro delle Fantasie a quattro, che uscì verso la fine dell'anno. Nello stesso 1608 il F. aveva pubblicato tre canzoni strumentali in una raccolta di varî autori edita a Venezia dal Raveri.
Dalle Fantasie si possono ormai desumere i caratteri fondamentali a cui l'artista rimarrà fedele pur nell'ulteriore ricchissimo svolgimento della propria personalità. In queste fantasie, composte anteriormente al soggiorno fiammingo, la severità della tecnica contrappuntistica va congiunta con una libertà strumentale che mostra ormai superato ogni rigido vincolo allo stile polifonico vocale; la ricca elaborazione tematica a uno, a due, a tre e quattro soggetti riveste piacevoli qualità melodiche ed armoniche, in una personale e già matura ricerca d'intensità espressiva, assai spesso conseguita con una notevole sicurezza dei mezzi impiegati.
Verso la fine del 1608 il F., ancorché giovanissimo, venne eletto all'ufficio d'organista della Cappella Giulia nella basilica vaticana; in questa carica egli rimase per tutta la vita, salvo due tentativi, dal primo dei quali si ritrasse ben tosto, di un assestamento economico più adeguato alle sue grandi possibilità d'artista. La vita del F. risulta quindi assai povera di avvenimenti esteriori e, pure nella mancanza di sicure notizie, possiamo pensarla come quella trascorsa da un artefice non curante d'altro che del lavoro da cui tutto si sente assorbito. Il suo insediarsi nella basilica vaticana fu accompagnato da un vivo senso di curiosità e d'ammirazione da parte dei Romani. Certamente il F. come virtuoso non ebbe nel suo tempo alcun rivale, e ciò si desume, oltre che da varie testimonianze, anche dal movimento e dalla libertà delle sue composizioni. Fra tutte le notizie la più significativa è forse quella del francese A. Maugars, che nel 1639 riconosceva meritatissima la riputazione europea del F., e proponeva il maestro italiano come esempio agli organisti francesi.
Dopo le Fantasie del 1608, il F. non pubblicò nuove opere sino alla fine del 1614; questo silenzio non va spiegato come effetto di rallentamento della sua attività creatrice, ma piuttosto dell'alta spesa che a quei tempi procurava l'incisione musicale in lastre di rame. Spinto da un doppio ordine di ragioni, finanziarie e artistiche, il F. entrò in trattative col duca di Mantova e tra la fine di febbraio e l'aprile del 1615 fu alla corte di Mantova, in periodo di esperimento. Ma poiché il duca Vincenzo non mostrò di pregiare l'acquisto fatto e venne meno agl'impegni presi, il F. fece ritorno a Roma e riprese l'ufficio d'organista alla Cappella Giulia, quasi contemporaneamente pubblicò due opere: Recercari et Canzoni Franzese fatte sopra diversi oblighi (Roma 1615) e Toccate e partite d'intavolatura di Cimbalo (Roma 1614-1615).
Nel primo di questi libri il F., cimentandosi nella forma dotta del ricercare, di severo carattere contrappuntistico, conserva, in alcune composizioni, notevoli elementi stilistici derivati dalle forme tradizionali specialmente coltivate dai maestri veneziani del secondo '500; sennonché l'apparente frammentarietà o suddivisione tematica è mirabilmente trasformata in un'effettiva unità nel corso dello svolgimento, in cui il F. manifesta insuperabile dottrina. In un secondo gruppo i varî caratteri della composizione indicano il conseguimento d'una nuova, più personale indipendenza di elaborazione; è sensibile soprattutto una forte e tipica concentrazione tematica in virtù della quale al F. riesce di conseguire una coerenza di stile che si attua nonostante i diversi "obblighi" (le intricate difficoltà di contrappunto sulle quali si compiace di mostrare la propria bravura). Nel libro dei Ricercari vi sono inoltre sei canzoni che l'autore per modestia o per naturale omaggio alla tradizione, chiama francesi, mentre invece son già tutte vivificate da un rinnovato spirito di libertà che assai le allontana dal tipo della trascrizione organistica cinquecentesca, ricolma di artifizî e di "coloriture" strumentali.
Nelle Toccate del primo libro, invece, non è più possibile scorgere la più lieve traccia di una disposizione intellettualistica o riflessiva; la fantasia frescobaldiana, fervida e geniale, tocca qui il suo primo grado di assoluta autonomia. È vano perciò cercarne la derivazione stilistica da alcuni tipi di toccate cinquecentesche, quali si erano venuti configurando specialmente presso A. e G. Gabrieli e C. Merulo. La mirabile unità delle toccate non è data da una trama esteriore su cui si modelli l'elaborazione tematica, ma da un sentimento tutto intimo che sembra esprimersi specialmente nell'originale flessibilità del disegno ritmico-melodico; ogni composizione freme tutta per un'interiore continua mobilità delle linee che rende assolutamente vano il tentativo di ridurre la toccata entro il rigore d'uno schema. Oltre le dodici toccate, quest'opera contiene quattro "Partite" sui bassi melodici della Romanesca, del Ruggero, de La Monicha e de La Follia, nonché numerose danze (correnti, passacaglie, ciaccone e balletti) e alcuni capricci, in eui il F. mostra, in ogni occasione, l'inesauribile fantasia delle sue concezioni strumentali.
Con il Primo libro di Capricci fatti sopra diversi soggetti et Arie, pubblicato in Roma nel 1624 presso il Soldi, abbiamo un ritorno alla musica polifonica; ma l'ideale artistico, dopo la preziosa esperienza delle toccate, si è rinnovato interamente, e il F. stesso ne è consapevole, poiché l'interpretazione dell'opera è acutamente suggerita nelle norme esposte nella prefazione. La maturità spirituale dell'artista s'esprime in questa opera attraverso la quasi completa indipendenza dello stile dalla tradizione del polifonismo strumentale; difatti, al contrario di altre forme strumentali, il capriccio non si può costringere nella rigorosa fissità d'un genere, e il genio del F., sempre ansioso di più libere forme, accoglie i più difficili "obblighi" esterni di difficoltà contrappuntistiche per risolverli e dominarli con l'originalità "capricciosa" della sua fantasia. Questa particolare disposizione è persino palesata da alcuni titoli, fra i quali vogliono essere ricordati, come tipicamente significativi: il Capriccio con l'Obligo di cantare la Quinta parte senza toccarla sempre di Obligo del Soggetto scritto si placet (manteniamo fedelmente la bizzarra grafia secentesca), quello cromatico con ligatura al contrario, quello di durezze, ecc., i quali, con tutti i loro indiscutibili pregi, bene rispondono al carattere di artificiosa sottigliezza tipico dello spirito secentesco.
Nel 1627, presso Nicolò Borboni di Roma, il F. pubblicò Il secondo Libro di Toccate, di cui è difficile definire in breve l'insuperabile coerenza di stile da cui tutta l'opera (una fra le maggiori della musica strumentale di tutti i tempi) è fervidamente compenetrata. La pienezza fantastica frescobaldiana s'effonde in figurazioni di ritmo e di melodia di così vibrante mobilità da serbar quasi il carattere d'una sorgiva, irrefrenabile improvvisazione; illusione, questa, suggerita appunto dalla rapidità con cui l'immagine musicale si rinnova e trasforma di battuta in battuta. Alle undici toccate seguono numerose e varie composizioni, le quali tutte si mantengono sulla linea della più alta arte frescobaldiana: canzoni, gagliarde, correnti, arie, e infine alcuni esempî di composizioni di cui il F. si valeva come organista per l'uso liturgico, che naturalmente inducono a ricordare subito l'opera religiosa per eccellenza pubblicata alcuni anni più tardi, nel 1635 a Venezia, presso A. Vincenti: I Fiori Musicali, l'opera più nota a causa appunto dei servigi pratici ch'essa può rendere e, per conseguenza, delle sue ristampe moderne. Concepita nello spirito della più intima e fervida religiosità l'opera contiene ricercari, d'una musicalità austera e profonda, canzoni, capricci, e soprattutto una serie numerosa di brevi toccate e versetti liturgici, compenetrati della suggestiva espressività del canto gregoriano di cui svolgono frammenti, da inserire nello svolgimento della funzione liturgica (innanzi al Kyrie, al Christe, al Credo, ecc.), fiori musicali, veramente, d'una sottile e mistica fragranza.
Dopo il breve soggiorno del 1615 alla corte dei duchi di Mantova, il F. non aveva più lasciato Roma, salvo per non lunghe assenze dovute probabilmente a ragioni artistiche; è certo ch'egli, oltre l'ufficio della Cappella Giulia, godeva il mecenatismo di qualcuna fra le maggiori famiglie principesche di Roma, fra cui, come s'è detto, quella degli Aldobrandini. Verso la fine del 1628 il F. otteneva dal capitolo di S. Pietro di essere sostituito alla Cappella Giulia e si trasferiva alla corte di Firenze in qualità di virtuoso di Ferdinando II di Toscana. Diversamente dall'infelice esperienza mantovana, il F. a Firenze dovette trovare immediati e unanimi riconoscimenti del suo valore; certo più difficile sarebbe stato disinteressarsi di un artista che ormai era salito, nella compiuta sua maturità, a una diffusa rinomanza europea. Nel 1630, il F. pubblicò a Firenze, presso G. B. Landini, il primo e il secondo libro di Arie musicali per cantarsi nel Clavicimbalo o Tiorba, a una, a due e a tre voci, in cui è chiaramente sensibile l'influenza dello stile recitativo fiorentino. Anche per il soggiorno fiorentino ci mancano particolari notizie: nell'aprile del 1634 il F. fece ritorno a Roma e, riprendendo il posto nella Cappella Giulia, otteneva dal capitolo vaticano un aumento di due scudi sullo stipendio mensile, nonché l'ammissione del figlio Domenico fra i chierici beneficiati. Dai libri di conti di casa Barberini risulta che il F. dal 1636 al 1642 fu tra gli artisti sussidiati dal cardinale Antonio. Nel 1637 J. J. Froberger (v.), ottenuto dalla corte di Vienna un sussidio, si recava a Roma per studiare sotto la guida del grande organista e compositore italiano e vi rimaneva sino al 1641, trasmettendo quindi l'efficacia degli insegnamenti frescobaldiani sull'arte cembalo-organistica della Germania meridionale. Il maestro si dedica intanto alla pubblicazione di nuove opere o alla ristampa di antiche, in parte rimaneggiate; la sua fecondità non era meno nota e ammirata dello splendore della sua esecuzione se fin dal 1628 un suo allievo, Bartolomeo Grassi, avvertiva nella prefazione delle Canzoni che: "il Signor Girolamo ha fatto infiniti altri volumi et continuamente ne va formando di nuovi, perché è così eminente in comporre, che alla sprovista, come vede continuamente Roma, fa cose meravigliose; ma la fatica et spesa delle stampe non permette che vedano la luce".
Gerolamo Frescobaldi morì, colpito da "febbre maligna", dopo dieci giorni di malattia, nella notte del 10 marzo 1643, nella sua abitazione alla salita Magnanapoli; il giorno dopo veniva solennemente sepolto nella basilica dei Ss. Apostoli.
Le opere sopra ricordate, nelle prime loro edizioni, appartengono tutte allo stile cembalo-organistico; i due libri delle Toccate sono pubblicati nell'intavolatura particolare della musica strumentale a tastiera, gli altri, a carattere polifonico, sono in partitura secondo l'uso del tempo, ma, come si desume oltreché dal loro stile peculiare dalle esplicite dichiarazioni del F. stesso o dell'allievo Grassi (nelle diverse prefazioni), sono principalmente concepite per l'esecuzione cembalo-organistica. Esse rappresentano compiutamente lo svolgimento dell'arte frescobaldiana nel particolare aspetto in cui eccelse il genio sovrano del creatore; ma ancora occorre ricordare le varie opere per istrumenti diversi (due edizioni fra loro in parte diverse del 1628, Roma, presso il Grassi e presso il Masotti, e del 1634, Venezia, presso A. Vincenti, in parte eguale alle precedenti) tutte provviste di un basso, il quale è chiamato, secondo la sua diversa natura, ora "seguente" ed ora "continuo". La prefazione del Grassi all'edizione del 1628 è specialmente preziosa per gli avvertimenti ch'egli porge agli esecutori del tempo; le canzoni "da sonare per ogni sorte d'istrumenti", palesano una vivace mobilità dinamica e una notevole varietà melodica, mirabilmente accordate, anche in quelle a più voci, nell'equilibrio totale della composizione; esse, escludendo rigorosamente qualsiasi accenno al tipo di danza che stava diffondendosi nel gusto europeo, appartengono alla più schietta tradizione italiana, e anche se lontane dal carattere della trascrizione polifonica, hanno ormai assunto la più completa autonomia strumentale. Postumo, nel 1645 a Venezia presso il Vincenti, fu ancora pubblicato un quarto libro di Canzoni alla francese, tutto ravvivato dal più giovanile soffio dell'arte frescobaldiana.
Il grande splendore dell'arte strumentale offuscò ben presto, nel ricordo dei posteri, l'opera vocale del F., la quale, pur non esprimendo tutta la potenza del genio, tuttavia non è affatto trascurabile né per quantità, né per qualità. Già s'è detto del Primo libro dei Madrigali, pubblicato nel 1608 ad Anversa al tempo del soggiorno fiammingo; il F. lasciò ben presto questo genere in cui certo non gli riuscì d'eguagliare le qualità artistiche d'un Luca Marenzio, d'un Gesualdo da Venosa o di un Claudio Monteverdi, e per qualche tempo pubblicò varie composizioni di carattere religioso o profano in Giardini e Ghirlande musicali, ossia raccolte di diversi autori assai in voga al suo tempo. Fra le maggiori opere vocali pervenute sino a noi è soprattutto da ricordare il Liber Secundus Diversarum Modulationum, pubblicato a Roma presso Andrea Fei nel 1627, sino a poco tempo fa assolutamente ignorato, che comprende composizioni a più voci su testo latino, assai vicine allo stile secondo il quale il Viadana nei Concerti ecclesiastici compì la sua nota trasformazione mottettistica: opera certamente significativa per i caratteri ben definiti in cui si manifesta un nuovo aspetto della religiosità frescobaldiana. A questi due libri d'indole religiosa (il primo però non è stato sinora rintracciato) corrispondono nel campo profano i due di Arie musicali già citati a proposito della loro pubblicazione (1630) durante il soggiorno fiorentino dell'autore.
Tutte le testimonianze dei contemporanei e dei successori celebrano con parole di altissima lode il prodigio dell'arte frescobaldiana, e Bernardo Pasquini e lo stesso J. S. Bach non disdegnarono di copiarne di propria mano le opere. Poi seguì, col mutare dei tempi, rapido e ingiusto, l'oblio. Studî recenti hanno riportato al suo grandissimo valore, e soprattutto criticamente giustificato, l'immortalità del genio di Gerolamo Frescobaldi, che è da considerare figura fondamentale, con Claudio Monteverdi e Giacomo Carissimi, per la comprensione non solo del Seicento, ma di tutto lo svolgimento storico della musica italiana.
Bibl.: per la biografia sono fondamentali: F. X. Haberl, Hyeronimus Frescobaldi. Darstellung seines Lebensganges und Shaffens auf Grund arch. und bibliograph. Documente, in Kirchenmusikalisches Jahrbuch, 1887, e soprattutto A. Cametti, G. F. in Roma (1604-1643), in Rivista musicale italiana, 1908. La scarsa e dispersa bibl. frescobaldiana è indicata in Ferrara a G. F. nel Terzo centenario della sua prima pubblicazione, raccolta di scritti a cura di N. Bennati, Ferrara 1908, e in A. Cametti, G. F. (appunti bio-bibliogr.), in Boll. bibl. mus., Milano 1927. Per il compiuto studio di valutazione critico-storica, L. Ronga, G. F., organista vaticano, nella storia della musica strumentale, Torino 1930.