GHIRLANDA, Gerolamo (Girolamo)
Nacque a Carrara, dal notaio Pandolfo, dopo il 1495. Nel ristretto ambiente del marchesato di Massa il padre doveva essere un personaggio di una certa rilevanza, se tra i suoi atti, alla data del 20 maggio 1495, si trova l'adesione del marchese Antonio Alberico (II) Malaspina alla lega antifrancese promossa da Venezia. Sull'infanzia e la prima giovinezza del G. non si possiedono notizie precise, se non che fu avviato allo studio della giurisprudenza. Anch'egli, come il padre, si mise al servizio dei marchesi di Massa; Ricciarda Malaspina, che successe al padre Antonio Alberico nel 1519, gli affidò incarichi importanti, tra cui quello di castellano di Carrara.
Amante degli studi e delle lettere, il G. fu in contatto personale ed epistolare con diversi membri della famiglia Ariosto, in particolare con Galasso e Virginio, rispettivamente fratello e figlio naturale di Ludovico. L'amicizia con Galasso, canonico della cattedrale di Ferrara, fu probabilmente all'origine dell'eterodossia del G. e delle sue successive disavventure col S. Uffizio. Tre anni dopo la morte dell'amico (avvenuta nel 1546), infatti, il G. rammentava a Virginio l'"amicitia spirituale" che li aveva legati, nata dal comune interesse religioso ("lo studiar egli et io la Scrittura Santa") e concludeva: "Mi rallegro con voi di lui, che Dio gli aprisse gli occhi dell'intelletto in confessar il nome suo" (Modena, Bibl. Estense, Autografoteca Campori, f. Ghirlanda, Girolamo, lettera da Carrara, 13 maggio 1549).
È assai probabile che l'iter religioso del G. avesse seguito da vicino quello di Galasso, che, come molti altri eterodossi italiani dell'età sua, era passato da un iniziale valdesianesimo a dottrine più radicali, di tipo calvinista e sacramentario. L'amicizia con Virginio ebbe forse origine da un soggiorno di quest'ultimo a Bagni di Lucca, avvenuto nel 1539; i due rimasero in affettuosa corrispondenza almeno fino al 1555, scambiandosi di tanto in tanto anche qualche visita. Dalle lettere del G. all'Ariosto risulta anche che era in contatto con diversi illustri letterati della corte estense, come Giambattista Pigna e Giambattista Giraldi Cinzio, nonché col lucchese Nicolò Fatinelli (padre di Pietro, protagonista della fallita congiura contro la Repubblica di Lucca nel 1542).
Il G. sposò Margherita Venturini (la quietanza della dote, di ben 500 ducati d'oro, è del 1543). Ebbero sei figli: Lucrezia, Caterina, Nicolò, Virginio (morto infante), Pandolfo e Leone. Nicolò, il maggiore, studiò a Lucca e poi a Ferrara, dove fu ospite di Virginio Ariosto e si laureò in giurisprudenza. Anch'egli servì i marchesi di Massa e nel 1562 fu podestà di Pontremoli. Tutti e tre i figli maschi sopravvissuti furono autori di rime latine e volgari. Tra il 1545 e il 1548 il G. si trovò coinvolto nelle movimentate vicende che scossero il piccolo marchesato di Massa e che videro Giulio Cibo Malaspina, figlio primogenito di Ricciarda, opporsi alla madre e prendere il potere per qualche tempo attraverso una serie di colpi di mano, dopo aver stretto alleanza con Cosimo I de' Medici e Andrea Doria.
Il G. si schierò con Giulio Cibo Malaspina fin dal 1545, offrendogli i suoi servigi di castellano di Carrara; l'anno seguente fu a Genova, inviato a chiedere aiuti militari. Ma l'imprudenza politica del Cibo Malaspina, che, con un rapido voltafaccia, era passato dalla parte dei congiurati filofrancesi Fieschi contro il Doria, finì col causarne la caduta e la condanna a morte, eseguita a Milano per ordine del governatore imperiale Ferrante Gonzaga (maggio 1548). Dopo che Ricciarda tornò a governare sul marchesato di Massa, il G. riuscì a riconquistarne il favore, probabilmente tramite l'inviato imperiale Girolamo Dalmate, col quale aveva stretto un'amicizia rinsaldata dal comune interesse per la musica. Quando, nel 1553, Alberico (I) Cibo Malaspina ereditò dalla madre Ricciarda il marchesato, il G., che risiedeva sempre a Carrara, passò al servizio del nuovo signore, al quale rimase molto legato.
All'ambiente gravitante attorno alla corte di Alberico si riferiscono anche le scarsissime tracce dell'attività letteraria del Ghirlanda. Un suo sonetto, l'unico finora noto, compare nelle Rime del poeta pisano Annibale Nozzolini (edite a Lucca nel 1560), dedicate appunto al marchese di Massa. Nel Dialogo del flusso e reflusso del mare il letterato aretino Girolamo Borri scrisse che l'argomento trattato era stato discusso durante un suo soggiorno presso Alberico e sua moglie Elisabetta Della Rovere, con la partecipazione del "dotto Ghirlanda". Fu anzi proprio il G. che, all'insaputa del Borri, fece stampare l'opera, alla quale aggiunse il Ragionamento della perfettione delle donne (anche questa opera del Borri), premettendo al volume una sua lettera da Carrara, diretta all'autore, del 6 genn. 1560. Anche il Borri, come Galasso Ariosto, apparteneva al variegato ambiente del dissenso religioso di matrice valdesiana (era legato all'eterodosso Pietro Gelido e nel 1551 era stato incarcerato per eresia a Roma).
L'8 marzo 1568 il G. fu incarcerato nel castello di Carrara e in seguito trasferito a Massa per ordine del S. Uffizio romano. L'accusa di eterodossia va inserita nell'ambito dell'intensa attività inquisitoriale promossa dal pontefice Pio V, deciso a indagare, oltre che sui movimenti ereticali ancora attivi, anche su vicende molto lontane nel tempo e addirittura su personaggi ormai defunti da anni (come Galasso Ariosto e Marcantonio Flaminio, morti rispettivamente nel 1546 e nel 1550). Inutilmente il marchese Alberico cercò di intervenire a favore del suo protetto, scrivendo ripetutamente al cardinale Benedetto Lomellini (vescovo di Luni-Sarzana, che aveva trasmesso l'ordine di carcerazione), alle autorità del S. Uffizio e persino al papa, affinché si potesse procedere contro il G. a Massa, risparmiandogli la convocazione a Roma. Tra la primavera e l'estate del 1568 il G. dovette invece recarsi a Roma, dove subì un processo e una lunghissima carcerazione. Tornò libero soltanto nel marzo 1571, dopo che, come gli scrisse congratulandosi Alberico, divenuto principe, aveva riconosciuto "quelli errori ne' quali era trascorso" (Sforza, p. 16).
Dopo questa data si perde ogni traccia del G., che, ormai vecchio e malato, non dovette sopravvivere di molto alla penosa disavventura.
Fonti e Bibl.: Modena, Bibl. Estense, Archivio familiare Ariosto, f. 22; Autografoteca Campori, f. Ghirlanda Girolamo; Ferrara, Bibl. comunale Ariostea, Raccolta Cittadella (Fondo Autografi), n. 1334; A. Nozzolini, Rime, Lucca 1560, pp. 154, 162; Dialogo del flusso e reflusso del mare d'Alseforo Talascopio [i.e. G. Borri], con un ragionamento di Telifilo Filogenio [id.] della perfettione delle donne, Lucca 1561, pp. 11 s.; G. Sforza, G. G. di Carrara, vittima della Sacra Inquisizione, e il suo carteggio inedito con Virginio figliuolo di Lodovico Ariosto, in Giornale stor. della Lunigiana, n.s., XI (1920), pp. 5-40.