PALMARO, Gerolamo
PALMARO, Gerolamo. – Nacque a Genova, o con meno probabilità a Sanremo, attorno alla metà del XV secolo da Giovan Francesco, discendente da una famiglia di mercanti sanremesi stabiliti a Genova attorno al 1350.
Ebbe sette sorelle e due fratelli, Giacomo e Sperindeo, quest’ultimo annoverato da Raffaele Soprani (1667) tra gli umanisti liguri e lodato per la sua straordinaria memoria. Il padre ricoprì diversi incarichi nel governo genovese e fu tra gli armatori di una flotta per contrastare gli attacchi dei pirati catalani nel 1466.
Palmaro compì studi giuridici e iniziò la sua carriera come giureconsulto. Nel 1473 fu eletto nel Consiglio degli anziani, ottenendo la carica anche nel 1476, 1480, 1490, 1500, 1506. Nel 1478, mentre il dogato di Battista Fregoso segnava una temporanea tregua dal dominio milanese, occupò un ruolo di rilievo negli uffici di governo e più tardi, nel novembre 1484, il magistrato di S. Giorgio lo nominò commissario insieme con Paolo Lercari, Lazzaro Lomellini e Tommaso Giustiniani nella spedizione guidata da Ludovico Fregoso che avrebbe dovuto risolvere la guerra con Firenze per il possesso di Pietrasanta e Sarzana. Dopo aver perso la prima città nel 1484 e la seconda nel 1487, negli ambienti di governo crebbe il malcontento nei confronti del doge Paolo Fregoso e nello stesso 1487 Palmaro fu tra i dieci cittadini che lo affiancarono nel governo. In questi anni Palmaro fu anche elettore dell’ufficio di Corsica (1485) e degli anziani (1488), consigliere ed elettore dell’ufficio di S. Giorgio (1487-88, 1495, 1498, 1503), membro dell’ufficio di mercanzia (1501) e sindicatore (1497, 1502). Nel 1493 fece parte dell’Officium Cataloniae con Giovan Battista Grimaldi, Francesco Spinola e Silvestro Invrea, insieme con i quali, nel febbraio dello stesso anno, fu ambasciatore presso il re di Castiglia.
I frequenti impegni di governo non gli impedirono di curare anche interessi commerciali privati e di ottenere da S. Giorgio, nel maggio 1486, il diritto di un quarto per cento su alcuni traffici con Tunisi e, nel maggio 1494, il privilegio esclusivo della pesca del corallo nella colonia genovese di Marsacares, presso Tunisi, per sei anni. Nonostante gli assalti dei pirati, alcuni crediti non riscossi e i problemi per il rinnovo delle concessioni d’appalto, Palmaro pose salde radici nella colonia nordafricana, occupando l’ufficio di Tunisi nel 1492 e favorendo l’elezione al consolato locale del figlio Giovan Francesco nel 1506.
Gli impegni con il governo rimasero tuttavia costanti e nel 1497 fu incaricato di procurare venti sacchi di lana per la flotta che tra giugno e luglio assediò Tolone per contrastare le scorribande dei pirati locali e frenare le mire espansionistiche di Carlo VIII sui territori genovesi.
Il biennio più significativo della sua vita fu il 1506-07, quando Genova, dopo la conquista della città da parte di Luigi XII nel 1499 e la peste del 1504, venne ulteriormente sconvolta dalla sollevazione popolare delle cappette, che portò alla temporanea espulsione dei Fieschi e dei nobili filofrancesi dalla città e all’instaurazione del breve dogato di Paolo da Novi. Iscritto nell’elenco dei mercanti bianchi, cioè tra i popolari di parte grassa (la famiglia Palmaro verrà ascritta alla nobiltà nell’albergo De Franchi soltanto con il figlio di Palmaro, Giovan Francesco, nella riforma del 1528), nel 1506 Palmaro fu eletto nel Consiglio degli anziani e, in ottobre, tra i diciotto riformatori degli uffici. In quei mesi favorì alcune proposte dei popolari come l’istituzione di otto tribuni della plebe, l’abolizione della gabella sul grano e la diminuzione della tassa sul vino. Nel 1506 fu anche coinvolto in due importanti missioni diplomatiche, la prima delle quali risale al 10 ottobre, quando il governatore Filippo de Cleves lo inviò con Francesco Spinola e Gerolamo Botto a Portofino presso il re d’Aragona, impossibilitato a levare le ancore a causa dei venti contrari, per provvedere per quanto possibile alla sua comodità e mostrare il cordoglio del governo per la morte del genero. A novembre una seconda ambasciata portò Palmaro e Agostino Foglietta a Bologna, al cospetto di papa Giulio II, per congratularsi della liberazione della città felsinea, chiedere il sostegno del pontefice al nuovo governo e sollecitare un suo intervento per il rientro dei nobili e la restaurazione della pace cittadina. Il carteggio con Giovan Battista Lavagna, ministro presso il papa, testimonia la presenza di Palmaro alla corte di Giulio II anche nei mesi successivi, finché, il 24 gennaio 1507, fu sostituito da Domenico Adorno.
Il 6 maggio dello stesso anno Palmaro fu eletto tra i quattro giudici incaricati di punire alcuni atti di violenza tra cittadini genovesi, ma dopo la repressione del governo popolare da parte dell’esercito di Luigi XII, la sua carriera politica subì una brusco ridimensionamento. Il progressivo disimpegno dagli affari pubblici (nel 1508 fu nominato custode del Sacro Catino e consigliere di S. Giorgio, nel 1512 ebbe un nuovo incarico presso S. Giorgio e nel 1514 entrò nell’ufficio di balìa, poi più nulla) permise a Palmaro di dedicarsi agli studi umanistici. Nonostante non si abbiano notizie di sue opere, i suoi meriti letterari non furono irrilevanti, tanto che Agostino Giustiniani lo citò tra gli intellettuali in auge nel 1519 insieme con Nicolò da Brignale e Bartolomeo Giustiniani.
A quest’ultimo nell’agosto 1520 Palmaro donò, accompagnata da una lettera in latino, una preziosa edizione da lui postillata delle epistole di Plinio. Ma fu anche amico e corrispondente di Giovanni Garzoni e Gregorio Cortese. Di notevole ingegno e grande eloquenza, forse apprese il greco da Benedetto Tagliacarne detto Teocreno e, come altri umanisti liguri, si interessò alla cultura ebraica, favorita dalla folta presenza sefardita nella città.
Non si hanno notizie di Palmaro posteriori al 1520 e si presume sia morto prima del giugno 1523, data di un documento privato in cui il figlio Giovan Francesco viene definito suo erede.
Gli esemplari dell’epistolario di Plinio (Napoli, Mattia Moravo, 1476) e di una Guerra giudaica di Giuseppe Flavio (Verona, Pierre Maufer, 1480) appartenuti a Palmaro si trovano a Genova, Biblioteca universitaria, Rari, rispettivamente D.III.14 e B.IV.11.
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