GEROLDO DI LOSANNA, PATRIARCA DI GERUSALEMME
Nella persona di G. vescovo di Valenza (Regno d'Arles), appartenente alla nobiltà borgognona ‒ mancano notizie più precise sulla sua origine ‒ un candidato papale, nella primavera del 1225, fu eletto patriarca latino dall'inviato del capitolo della chiesa del S. Sepolcro che ne aveva ricevuto mandato. G., che in un primo tempo aveva abbracciato la vita monastica e aveva raggiunto la carica di abate di Molesmes (1208-1215) e di Cluny (1215/ 1216-1220), a partire dal 1217 dovette misurarsi con il problema della Terrasanta, essendo responsabile della riscossione delle imposte destinate alle crociate per la sua congregazione e del loro inoltro al tesoriere dell'Ordine dei Templari a Parigi. I papi Innocenzo III e Onorio III ne apprezzarono la lealtà e la competenza come amministratore, mediatore e giudice arbitrale nelle questioni di natura ecclesiastica e temporale. Per questo motivo Onorio III, nel 1224, non accolse la richiesta di G. che desiderava dimettersi dalla sua carica. Nella primavera del 1225 sopravvenne l'auspicato allontanamento dal vescovato di Valenza, allorché G., in seguito alla proposta di Onorio III, fu designato successore del defunto patriarca Radulfo dall'inviato del capitolo della chiesa del S. Sepolcro. G. accettò la nomina al più tardi il 10 maggio 1225 a Roma e fu subito eletto. Tuttavia, trascorsero quasi due anni e mezzo prima che raggiungesse l'Oriente latino; doveva infatti affrontare il viaggio per prendere possesso del suo nuovo incarico insieme all'esercito crociato di Federico II. In attesa della partenza si dedicò non soltanto a regolare le pendenze legate alla sua successione a Valenza e ‒ fino al 1225 ‒ a imporre gli interessi del papato nel Regno d'Arles, ma si adoperò anche, seppure senza successo, per promuovere l'impresa di Federico II nominando il 12 maggio 1224 i predicatori della crociata per la Francia e la Provenza. In qualità di patriarca di Gerusalemme in Occidente, sprovvisto di entrate degne di nota ‒ i possedimenti patriarcali erano situati nel territorio del Regno di Gerusalemme occupato dal 1187 dai musulmani ‒, G. subito dopo la sua nomina si fece accordare dal pontefice il diritto di disporre di alcune entrate e proprietà del Regno d'Arles, che gli erano state assegnate già in precedenza.
Dall'estate del 1225 la crociata ebbe il sopravvento sul resto: G. svolse un ruolo essenziale nella conclusione degli accordi di San Germano, che lo impegnavano insieme a Ermanno di Salza e a Giovanni di Brienne a vigilare sull'osservanza da parte dell'imperatore delle disposizioni fissate dall'intesa. G. fece parte quindi di quella commissione a cui Federico II, in conformità degli accordi, ordinò di consegnare in cinque rate 100.000 once d'oro, che avrebbero dovuto essere di nuovo rimesse all'imperatore solo in caso di partenza puntuale. Se l'imperatore o il suo successore non avessero dato inizio al viaggio, G. di concerto con i membri dei tre grandi Ordini cavallereschi avrebbe deciso come utilizzare nel migliore dei modi l'ingente somma di denaro a vantaggio della Terrasanta. Tra la Pasqua e la fine del luglio 1226, dalla dieta di Cremona fino al processo contro i lombardi di Borgo S. Donnino, G. si impegnò nella pacificazione del Regno d'Italia nel senso auspicato da Federico II.
Nell'agosto 1226 G. si congedò a San Miniato dall'imperatore ‒ che poco più tardi dimostrò la sua riconoscenza concedendo privilegi al convento del S. Sepolcro di Denkendorf in Svevia ‒ per dirigersi alla volta di Roma, da dove ripartì per raggiungere il Regno di Sicilia nell'agosto del 1227. La sua nomina a legato pontificio per il territorio del patriarcato latino di Gerusalemme (27 aprile 1227) da parte di Gregorio IX mirava a rafforzare la sua futura posizione in Terrasanta. Il 9 settembre salpò finalmente insieme all'imperatore e ai suoi collaboratori più stretti. Durante una sosta a Otranto G. amministrò l'estrema unzione al langravio di Turingia, Luigi IV, in punto di morte. Mentre Federico II interruppe il viaggio dopo la morte del langravio, G. come guida spirituale della crociata proseguì in compagnia degli altri capi, se pure soltanto con una parte delle navi e delle truppe e, dopo una breve sosta intermedia nell'isola di Cipro, fece il suo ingresso ad Acri al principio dell'autunno del 1227. Grazie alla sua abilità di negoziatore in quello stesso anno riuscì a impedire l'avanzata verso Gerusalemme dei cavalieri di ventura già inviati in Siria dall'imperatore e in tal modo anche a scongiurare la rottura della tregua stipulata nel 1219 con i musulmani. Egli ottenne che sulla base di un accordo unanime fosse avviata collettivamente la fortificazione delle città costiere di Cesarea e Giaffa. I lavori di rafforzamento del castello di Cesarea furono conclusi molto probabilmente prima dell'arrivo di Federico II nel settembre del 1228.
G. trattò l'imperatore scomunicato con il rigore prescritto dal diritto ecclesiastico e in conformità alle direttive di papa Gregorio IX. Egli adottò integralmente il punto di vista del pontefice evitando accuratamente qualsiasi partecipazione all'impresa dell'imperatore e, anche dopo la partenza di Federico II dalla Siria, non mantenne affatto un atteggiamento neutrale. Innanzitutto additò pubblicamente l'imperatore come scomunicato e spergiuro, cercò di indebolire la posizione di Federico nei negoziati con il sultano e vietò agli Ordini cavallereschi religiosi di sostenerlo in qualsivoglia modo. Inoltre riuscì a schierare dalla sua parte la totalità dei prelati, due dei tre maggiori Ordini cavallereschi religiosi e i baroni di orientamento antimperiale del Regno di Cipro e del Regno di Gerusalemme. La lettera indirizzata da G. al papa il 26 marzo 1229, l'enciclica del maggio 1229 ‒ la cui autenticità recentemente (Powell, 1999) è stata però messa in dubbio con argomentazioni fondate ‒, come pure l'estratto dell'accordo del 18 febbraio 1229 che il prelato inviò al papa accludendovi i suoi commenti personali, sono fonti particolarmente importanti non solo per le vicende relative al soggiorno imperiale in Terrasanta, ma anche per comprendere le opinioni del patriarca.
Le iniziative di G. hanno indotto più volte gli storici a fare congetture sul suo temperamento e sul suo carattere, ma testimoniano anche dei suoi sforzi, non sempre coronati da successo, di ostacolare Federico II nella realizzazione dei suoi progetti, per esempio nella visita a Gerusalemme. Forse G. non poté fare di meglio quando informò il papa dell'autoincoronazione dell'imperatore scomunicato a sovrano di Gerusalemme. Non mostrò alcun riguardo per i sentimenti dei crociati, quando proibì loro di visitare la città e lanciò l'interdetto contro di essa, e neppure esitò a rinnovare la scomunica di Federico II, a causa del comportamento da lui tenuto nei confronti dell'arcivescovo latino di Nicosia, poco dopo la partenza dalla Siria nell'estate del 1229. L'imperatore fu irritato anche dal rifiuto opposto da G. alla consegna di una certa somma, alla quale Federico riteneva di avere diritto, e dall'arruolamento di mercenari ‒ deciso in modo autoritario dal patriarca ‒ che avrebbero dovuto provvedere alla difesa del territorio dopo la partenza dell'imperatore. G. non era un uomo pragmatico e incline al compromesso. Essendo un risoluto oppositore di qualsiasi tregua mantenne ad Acri la sede del suo incarico; occasionalmente risiedette anche a Giaffa, di cui fece rafforzare le difese dopo la partenza di Federico II. Visitò Gerusalemme soltanto una volta per la consacrazione della chiesa del S. Sepolcro.
Gregorio IX, che ancora nel 1229 aveva rifiutato a G. l'autorizzazione a intraprendere un viaggio a Roma, nell'estate del 1232 per motivi tattici accolse le rimostranze espresse dall'imperatore nei confronti del patriarca e lo richiamò a Roma. G. evidentemente poté dar seguito alla convocazione papale solo nell'autunno del 1233 (dopo il 30 settembre). Seguì un periodo di esilio in Italia che si protrasse per quasi tre anni. G. riuscì rapidamente a conquistarsi il favore di Gregorio IX, ma solo nell'estate del 1236 il papa si decise a reinsediare il patriarca nella sua carica contro la volontà di Federico II. Dopo il 9 agosto 1237 G., a bordo di una nave fornita da Genova, città antimperiale, salpò alla volta di Acri e in autunno riprese la sua attività in Siria. Negli ultimi due anni della sua vita si occupò nel modo consueto ‒ ma questa fase ancora non è stata studiata in maniera esauriente ‒ delle questioni di carattere ecclesiastico e temporale in qualità di mediatore, giudice arbitrale e negoziatore. Nel novembre del 1239 partecipò alla campagna dell'esercito crociato sopraggiunto il 1o settembre, alla cui sconfitta a Gaza G. sopravvisse per breve tempo. Morì infatti il 5 dicembre di quell'anno. Il suo ingente patrimonio in denaro fu trasmesso ai Templari per sovvenzionare il finanziamento della difesa della Terrasanta.
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Traduzione di Maria Paola Arena