ODOMERI, Gerozzo
degli. – Figlio di Nepuccio, nacque ad Arezzo molto probabilmente nel primo quarto del XIV secolo. Dell’eminente casata cui apparteneva – una delle dodici famiglie magnatizie che popolavano la contrada di Porta Burgi (oggi corso Vittorio Emanuele) – dà notizia il cronista Bartolomeo di ser Gorello (1918, p. 18) e fa menzione anche lo statuto del Comune di Arezzo del 1345 (Arezzo, Arch. comunale, st. 1, arm. A, n. I, rub. LXXVIII), che riporta un elenco di famiglie nobili cittadine.
Gerozzo è l’autore di un libro di contabilità commerciale e familiare, conservato presso l’Archivio di Stato di Arezzo (Manoscritti diversi, A, 4) in un registro cartaceo composto di 56 carte (292 × 212 mm), cui si devono aggiungere quattro carte sciolte. Nella compilazione alla mano di Gerozzo si alternano quelle dei figli Domenico e Odomero. Il libro restituisce un’immagine chiara delle molteplici direttrici lungo le quali si dispiegavano gli investimenti e le attività economiche degli Odomeri, che vedevano coesistere l’esercizio della mercatura, il prestito di denaro e una nutrita serie di investimenti di natura fondiaria e di operazioni inerenti la gestione di un non certo esiguo patrimonio familiare.
Se appare difficile far luce sugli anni della formazione di Gerozzo, si può immaginare una giovinezza trascorsa ad acquisire un solido avviamento alla professione e una certa consuetudine con le scritture mercantili e i suoi formulari. Lo rivela la mercantesca sicura con la quale tracciò nel registro note e conti dei suoi negozi.
La prima nota risale ai primi giorni di giugno 1349 e si riferisce all’acquisto di una chiusa nella corte d’Uliveto, in territorio aretino. L’annotazione successiva, dell’ultimo giorno di agosto, è relativa alla presa in locazione di un quarto di un podere in località S. Fiorenzo, per il quale Gerozzo investì 37 soldi e 6 denari. Tra le due note si interpone un’altra registrazione, inserita non all’interno del quaderno di conti ma sul recto della coperta di pergamena del documento e relativa a un affare rimasto probabilmente in sospeso e che Gerozzo si accingeva a chiudere; essa segna verosimilmente il confine tra la passata e la nuova gestione dell’attività commerciale e fondiaria della famiglia, della quale è presumibile che, in quell’estate di metà Trecento, Gerozzo avesse assunto in pieno la conduzione. La fonte permette poi di seguire la sua attività fino al 1360.
Ben inserito nell’ambiente economico e commerciale della città, Gerozzo vantava una clientela di un certo prestigio, come quel Berto di ser Ubertino da Cortona, cui nel settembre 1351 fornì, per conto del nipote Giovanni, un ricco corredo di tessuti pregiati e merci preziose, accuratamente descritte, tra le quali compaiono una corona d’argento dorato con perle, nastri di seta guarniti d’argento, una guarnaccia foderata di vaio.
Accanto ai resoconti degli investimenti economici sono presenti nel libro tre brevi note relative a spese familiari effettuate in momenti importanti della vita di Gerozzo. Risale alla primavera del 1350 la menzione di un instrumentum, rogato dal notaio Agnolo di ser Cialdo, relativo alla dote della moglie, Caterina, che ammontava a 225 fiorini d’oro. Il 1° agosto 1354 sono annotate le spese per l’istruzione del primogenito, Domenico, che per apprendere «a leggiere» era stato affidato al maestro Franceschello. Due anni più tardi nacque il secondo maschio, Odomero, che fu dato a balia a Monna Rita di Renzo.
In un altro passo del libro, subito dopo il settembre 1351, Gerozzo annota alcune «memorie antiche de l’elettioni de nostre chiese», riportando gli estremi di atti relativi alla nomina dei rettori delle chiese di Querceto, S. Apollinare, S. Fiorenzo e Coiale redatti in anni compresi tra il 1247 e il 1278.
La sua data di morte è ignota.
A partire dalla trascrizione fornita da Luca Serianni (1972), il libro dei conti è stato più volte studiato e citato come reliquia preziosa delle caratteristiche del volgare aretino anteriore al XV secolo, rivelandosi un punto di riferimento imprescindibile per gli studi di storia della lingua italiana. Invece uno sguardo più distratto la storiografia ha posato sia sui suoi contenuti, sia sull’identità del suo autore.
Se pochi sono i momenti dell’esistenza di Gerozzo che la documentazione restituisce, maggiore è la possibilità di ricostruire la vicenda biografica del figlio Domenico: avviato agli studi notarili, esercitò la professione di notaio a partire dagli anni Ottanta del XIV secolo. Il 16 marzo 1380 «in castro montis Benichi», in val d’Ambra, per mano del notaio Giovanni del fu Torre, insieme ad altri fuoriusciti di parte guelfa, nominò come procuratore un certo ser Angelo (Fabbri, 1997). Qualche anno dopo risulta dedito alla professione notarile fuori della città: negli anni 1382-84 nelle località di Davola e Castrocaro, nel 1384-85 e tra il 1387 e il 1390 a Bagno di Romagna, centro della signoria dei conti Guidi. Tra il 1385 e il 1387 è attestato a Civitella a rogare in casa di Andronico Ubertini, e nel biennio successivo nei territori dominio della stessa potente famiglia signorile, tra Rondinaia, Valbona, Spinello e Pondo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Arezzo, Antichi notai, Imbreviature ser Dominici Gerotii Lodomeri, 8; Ibid., Manoscritti diversi, st. 1, arm. 4, n.4.
E. Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane ed umbre, II, Firenze 1671, pp. 441 s.; Cronica dei fatti d’Arezzo di ser Bartolomeo di ser Gorello, in Rerum italicarum scriptores, XV, a cura di A. Bini - G. Grazzini, Bologna 1918, p. 18; C. Lazzeri, Guglielmo Ubertini, vescovo di Arezzo (1248-1289) e i suoi tempi, Firenze 1920, p. 303; U. Pasqui, Documenti per la storia della città di Arezzo nel medioevo, IV, Firenze 1929, pp. 121, 240; L. Serianni, Ricerche sul dialetto aretino nei secoli XIII e XIV, in Studi di filologia italiana, XXX (1972), pp. 59-191; A. Cicchetti-R. Mordenti, I libri di famiglia in Italia, I, Filologia e storiografia letteraria, Roma 1985, pp. 178 s.; G. Cherubini, Bagno di Romagna alla fine del Trecento, in La Val di Bagno. Contributi per una storia, Bagno di Romagna 1995, pp. 95-111; P.G. Fabbri, Due notai a Bagno di Romagna: Domenico di G. O. (1384-1385, 1387-1390) e Antonio Stefani (1446-1449), in Comunità e vie dell’Appennino tosco-romagnolo, Bagno di Romagna 1997, pp. 101-113; G. Sergio, Parole di moda. Il corriere delle dame e il lessico di moda nell’Ottocento, Milano 2010, p. 573 (s.v. turchino).