GESTIONE
. La gestione d'affari (negotiorum gestio) è l'atto di colui che - senza esservi tenuto per legge, come il tutore e il curatore, o per convenzione, come il mandatario - di propria iniziativa ed eventualmente nell'ignoranza dell'interessato tratta affari giuridici o comunque cura interessi altrui (del dominus negotii).
Nel diritto giustinianeo e moderno essa è configurata come un quasi contratto, anzi si può dire il quasi contratto più tipico e saliente: e ciò avvenne, secondo una dottrina recente, dopo che, tramontata l'età classica del diritto romano, la nozione del contractus fu impostata sulla conventio: il giurista Paolo (Dig., III, 5, de negotiis gestis, 15) vede ancora nella negotiorum gestio un negotium contractum, cioè, ellitticamente, un contractus. La negotiorum gestio dapprima fu riconosciuta produttiva di effetti giuridici solo dal pretore, il quale nell'ultimo secolo della repubblica propose un editto il cui testo ci è stato tramandato (Dig., ibid., 3 pr.): si quis negotia alterius, sive quis negotia-quae cuiusque cum is moritur fuerint, gesserit, iudicium eo nomine dabo. È buona congettura del Partsch, approvata anche dal Lenel, che invece di negotia alterius il testo edittale dicesse negotia absentis. Dall'editto scaturivano, secondo la più diffusa opinione (Lenel, Wlassak), due azioni in factum, una a favore del dominus negotii, l'altra a favore del gestor; secondo altri, una sola azione a favore di quest'ultimo. Success¡vamente vennero concesse azioni in ius, ex fide bona, a vantaggio di entrambe le parti: il Biondi ha sostenuto che nel diritto classico doveva essere proposta un'unica formula reciproca esperibile tanto dal gestor quanto dal dominus negotii e che solo nel diritto giustinianeo sarebbero state distinte l'actio negotiorum directa del gestor e l'actio negotiorum contraria del dominus negotii: la distinzione fra le due azioni sarebbe avvenuta nel momento in cui insieme si fondevano nel regime giustinianeo actio in factum e actio in ius. L'opinione del Biondi ha trovato qualche consenso (Perozzi).
La storia e il dogma della gestione d'affari sono ancora oggi, anche su altri punti, campo di vasti dibattiti: chi riconduce le origini dell'istituto all'intervento del gestor nel processo; chi identifica per diritto classico con ardite idee la negotiorum gestio con la procura (Frese). È assai discusso se sia richiesto nel gestore, oltre all'effettiva incidenza dell'affare da lui gerito nell'altrui patrimonio, anche un animus aliena negotia gerendi. Lo stato dei testi della compilazione giustinianea ha fatto nascere le due tesi opposte: secondo una dottrina (Riccobono, Perozzi) l'animus aliena negotia gerendi sarebbe un requisito dassico che Giustiniano tenderebbe a eliminare; secondo l'altra (Partsch, Arangio-Ruiz, in un primo tempo Rabel) Giustiniano richiederebbe l'animus, mentre i giuristi si sarebbero limitati a richiedere il fatto oggettivo della gestione. Di recente il Rabel ha cercato di dimostrare che, come i giuristi non si sarebbero attenuti esclusivamente all'elemento subiettivo dell'animus o all'elemento oggettivo della gestione, non diversamente avrebbero fatto i Giustinianei.
È necessario che il negozio sia stato utiliter coeptum. È naturale che trovi qui particolare considerazione l'apprezzamento individuale del dominus, in quanto fosse precedentemente noto al gestore; ma, se si prescinde da questa ipotesi, il dominus non può essere vincolato se non da quegli atti di gestione che rispondano, secondo il comune apprezzamento, a un'utilità oggettiva. Discussa presso i giuristi romani fu la questione della negotiorum gestio prohibente domino, cioè intrapresa col divieto di colui nel cui vantaggio si intraprende: la disputa classica fu risolta da una costituzione giustinianea (Cod., II, 18, de negotiis gestis, 24), la quale nega al gestore ogni azione, a meno che la prohibitio sia intervenuta dopo che il gestor abbia fatto spese e per esimersi dall'obbligo del rimborso.
Una particolare forma di gestione, che il pretore munì di apposita azione, si ha quando alcuno, spinto non da mere ragioni di pietà, provvede a un funerale in luogo della persona a cui ne incombe l'obbligo. L'actio funeraria compete, nella misura delle spese funebri conformi alla posizione sociale del defunto, contro colui ad quem funus pertinet.
Le actiones negotiorum gestorum sono accordate anche per amministrazioni legali di patrimonî altrui, il che si verifica nelle varie ipotesi di cura obbligatoria. Ma siccome qui siamo fuori della tecnica negotiorum gestio intrapresa da alcuno sua sponte et nulla necessitate cogente, non spettano le normali azioni negotiorum gestorum, ma azioni adattate a imitazione loro (actiones utiles: Partsch).
Fondamentalmente modellata sulla negotiorum gestio giustinianea è la negotiorum gestio regolata nel codice civile italiano. Perché sorga actio negotiorum gestorum directa occorrono nel nostro diritto le seguenti condizioni: che il gestore sia capace di obbligarsi; che gerisca negozio altrui, né importa, secondo quanto molti scrittori ritengono, che egli lo creda proprio. Se occorra anche che il negozio sia gerito a insaputa del dominus, è disputato: alcuni scrittori lo affermano dicendo che altrimenti vi sarebbe un mandato tacito. Il gestore deve: continuare la gestione cominciata e condurla a termine anche dopo la morte del dominus, sino a che il dominus o il suo erede possa provvedere da sé a tutte le conseguenze e sottostare a tutte le obbligazioni che risulterebbero da un mandato avuto dall'interessato (articoli 1141-1142); amministrare come bonus pater familias. Quando la gestio è stata utiliter coepta, il dominus deve: 1. adempiere le obbligazioni contratte in suo nome dal gestore; 2. tenerlo indenne delle obbligazioni che ha assunto personalmente; 3. rimborsarlo delle spese necessarie e utili, con gli interessi, dal giorno in cui furono fatte (art. 1144). Questi obblighi del dominus cessano se egli sia incapace di obbligarsi; se abbia proibito al gestore di ingerirsi nei suoi affari (però, contro l'espliciia statuizione giustinianea, contenuta in Cod., II, 18 [19], de neg. gestis, 24, secondo molti scrittori non si può negare nel diritto moderno al gestore prohibente domino l'azione de in rem verso per conseguire il rimborso delle spese nei limiti in cui il patrimonio del dominus si è arricchito); il 2. e il 3. se il gestore abbia agito animo donandi. Se il dominus ratifica la gestione, fa suoi gli atti del gestore come se compiuti per mandato, giacché ratihabitio mandato comparatur; in questo caso non ha importanza il requisito dell'utiliter gestum. La ratifica ha effetto retroattivo, salvi i diritti dei terzi.
Bibl.: A. Sturm, Das negotium utiliter gestum, Weimar 1878; M. Wlassak, Zur Geschichte der negotiorum gestio, Jena 1879; V. Scialoja, Sulla negotiorum gestio prohibente domino, in Foro Italiano, XIV (1889), p. 941; P. Cogliolo, Trattato teorico-pratico dell'amministrazione degli affari altrui, Firenze 1890; C. Ferrini, in Bull. Ist. dir. rom., VII (1894), pp. 85-116; id., Opere, III, Milano 1929, p. 205; G. Pacchioni, in Bull. Ist. dir. rom., IX (1896), pp. 50-87; O. Karlowa, Römische Rechtsgeschichte, Lipsia 1901, II, pp. 667-79; P. Huvelin, voce Negotiorum gestio, in Daremberg e Saglio, Diction., ecc., VII, 1904; J. Partsch, Studien zur negotiorum gestio, I, Heidelberg 1913; P. De Francisci, La misura delle spese ripetibili coll'actio funeraria, Pavia 1915; G. Pacchioni, Trattato della gestione degli affari altrui secondo il diritto romano e civile, Milano 1915; G. Bortolucci, Ratihabitio mandato comparatur, Modena 1916; S. Riccobono, in Annali Sem. giurid. Palermo, III-IV (1917), pp. 170-261, id., in Riv. dir. comm., XV (1917), p. 369 segg.; E. Albertario, Procurator unius rei, Pavia 1921; B. Frese, Prokuratur und negatiorum gestio, in Mélanges Cornil., Parigi 1926, p. 324 segg.; E. Rabel, Negotium alienum und animus, in Studi Bonfante, IV, p. 279 segg.