gettare (gittare; indic. pres. II singol., in rima, gette)
Verbo ad alta frequenza, che ricorre, per lo più nella forma ‛ gittare ', largamente attestata nell'uso trecentesco, in tutte le opere volgari di D.: nella poesia, la forma ‛ gettare ', fatta eccezione per Fiore XLI 8 e Detto 379, ove compare nel corpo del verso, si registra soltanto in rima; nella prosa del Convivio essa è presente una sola volta su sei occorrenze. D. usa questo verbo in parecchie accezioni, sia in senso proprio che figurato.
Nel significato più proprio di " allontanare " da sé con gesto rapido, talvolta incontrollato, talora con l'idea di violenza (quindi, nel senso di " scagliare "), il verbo è ampiamente documentato: If XVI 114 ei... / la gittò [la corda] giuso in quell'alto burrato; Rime CVI 112 gitta 'l pasto ver' lui (in senso proprio, ma in espressione metaforica); Pg XXX 20 fior gittando e di sopra e dintorno; If XXVIII 79 gittati saran fuor di lor vasello; e ancora: Cv IV XXX 4, If VI 27, Fiore CXVI 8 e 11, CXL 3, CLXVII 14 (gittil per la scala), CCXIII 9, Detto 105. Con particolare valore in Cv I III 4 fu piacere de li cittadini de la bellissima... figlia di Roma, Fiorenza, di gittarmi fuori del suo dolce seno; figurato in Fiore XXXV 4 ché 'l tempo fortunal... / m'avea gittato [" allontanato ", Parodi] d'ogne bona spera, e XLI 8 Degna sarei d'esser reina in Franza: / sì fa' follia, s' tu mi getti a parte, " mi trascuri ".
Documentato anche il senso figurato di " sperperare ", " dissipare ": Rime LXXXIII 20 gittar via loro avere; Cv III XV 5 Chi gitta via la sapienza e la dottrina, è infelice (cfr. Sap. 3, 11). Nella locuzione ‛ g. in terra ', in If XXVII 102 e tu m'insegna fare / sì come Penestrino in terra getti, vale " abbattere ", " radere al suolo ".
In costrutto metaforico, in Pd XII 117 La sua famiglia [cioè l'ordine francescano], che si mosse dritta / coi piedi a le sue orme, è tanto volta, / che quel dinanzi a quel di retro gitta: vera ‛ crux interpretum ', non per il senso dell'intera terzina, che è chiaro (cioè: " mentre i primi seguaci di s. Francesco seguitarono per la via percorsa dal santo, ora i francescani hanno deviato totalmente da essa "), ma per l'interpretazione del v. 117, incertissima già presso i commentatori antichi. Comunque, messe da parte alcune proposte, quale quella di Casini-Barbi che, senza precisare il valore semantico di gitta, riferiscono quel ai frati (" quelli dei francescani che sono più innanzi nel cammino della virtù si trovano in contrasto con quelli che sono più indietro, insomma... c'è vivissima lotta fra spirituali e conventuali "), si possono considerare ugualmente accettabili le due seguenti parafrasi, basate entrambe sulla spiegazione di quel come " piede " (la sola possibile, a nostro giudizio, per ragioni di logica contestuale e di coerenza metaforica): " invece di spingere il piede di dietro nella direzione di quello davanti, come fa chi vuole procedere nel suo cammino, spingono il piede davanti verso quello posteriore, ossia danno addietro rinculando. Sarebbe la stessa immagine dei ritrosi passi che si ha in Purg. X,123 " (Barbi, Problemi I 287; e così anche il Porena, il Chimenz e numerosi altri); ovvero: " cammina ponendo le punte de' piedi dove Francesco e i suoi primitivi seguaci ponevano le calcagna " (Vandelli, come già il Landino e, fra i moderni, il Mattalia, il quale precisa: " quel dinanzi e quel di retro son modi tipici per indicare fronte-nuca, petto-dorso, punta del piede-calcagno (cfr. Par. VIII, 96), e gitta sarà una variante di ‛ muove ', né sarà necessario, col Barbi, intendere che i francescani arretrano rinculando "). Poco persuasiva, invece, l'altra interpretazione del Barbi (loc. cit.): " quello che uno ha davanti, cioè gli occhi, gitta a quello che sta dietro a lui; e sarebbe l'aspiciens retro dell'Evangelo (Luca IX, 62)... (alla famiglia francescana così poco interessa ormai ciò a cui dovrebbe esser volta, che guarda, non qua e là svogliata, ma addirittura indietro) ". Ancor più discutibile la proposta del Frascino, il quale, trovando innaturale l'espressione ‛ gettare l'un piede all'altro ', nel senso di " spingere un piede verso l'altro ", intende: " la famiglia di S. Francesco (i frati del suo ordine...) che cominciò a camminare diritta sulle orme, ha tanto invertito il suo cammino, che getta ad ultimo (a quel di retro) quello di testa (quel dinanzi), cioè che lascia in coda, alle sue spalle, la guida; dove il verbo ‛ gittare ' rende bene la trascuranza, il disprezzo in cui è caduto il battistrada ". V. anche Parodi, Lingua 391.
Figurata l'accezione particolare di g. in If XVIII 48 0 tu che l'occhio a terra gette, " di pungente rilievo, e col fiero piacere di aver toccato l'avversario [Venedico Caccianemico] nella parte più debole " (Mattalia).
Semanticamente interessanti anche i seguenti usi particolari del verbo, che si registrano nel Fiore: LXIII 4 la migliore / dadi gittante, cioè " giocatrice di dadi "; LXXI 12 gittar di manganello, cioè " colpire violentemente "; LXXXI 12 il lupo di sua pelle non gittate, cioè " non scuoiate "; XL 13 ho fermo volere / di dilettar col fior non me ne getti, " distogliere... (se è 2ª pers. sing.), o distogliersi (se si creda di poterlo intendere come 1ª pers.), cfr. Dt. 106 " (Parodi); e in Detto 379 mi getta di taglia, " mi discaccia con un colpo netto, con un colpo di taglio ".
Frequente la forma riflessiva: nel senso più proprio di " precipitarsi ", " lasciarsi cadere dall'alto ": If XVI 47 gittato mi sarei tra lor di sotto; XXII 108, Cv I XI 9; col valore di " immergersi ": Pg XXVII 50 in un bogliente vetro / gittato mi sarei per rinfrescarmi; " lanciarsi contro qualcuno ", " aggredire ", in Pg XII 52 Mostrava come i figli si gittaro / sovra Sennacherìb dentro dal tempio; " imbarcarsi " (in If III 116 il mal seme d'Adamo [cioè i dannati] / gittansi di quel lito [dalla sponda dell'Acheronte nella barca di Caronte] ad una ad una), ovvero " sbarcare ": Pg II 50 si gittar tutti in su la piaggia; nel significato di " prostrarsi ", " inginocchiarsi ": Rime LXIII 3 gittaliti a' piedi, detto metaforicamente di un sonetto indirizzato a Meuccio, e LXXXIV 13 gittatelevi a' piedi umilemente, riferito, ancora metaforicamente, dal poeta alle sue parole; If XXXIII 68 Gaddo mi si gittò disteso a' piedi; Pg IX 109; col valore figurato di " immettersi ", " unirsi ": Rime XCI 92 spesso altri si getta / in compagnia che non è che disdetta / di mala fama ch'altri di lui suona; infine, nel senso, ugualmente figurato, di " distogliersi " (" se si creda di poterlo intendere come 1ª pers. ", Parodi): Detto 106 or te ne getta / di quel falso diletto.
Largamente attestato il significato di " produrre ", " diffondere ", " emettere ": a proposito dei color [fiori di vario colore]... / che l'alta terra [il Paradiso terrestre] sanza seme gitta (Pg XXVIII 69, dove però il verbo può anche valere " far germogliare "); a indicare la produzione di fenomeni visivi: Rime LXIX 5 una [donna]... De gli occhi suoi gittava una lumera; Cv I IV 11 queste macule alcuna ombra gittano sopra la chiarezza de la bontade; IV XXV 12 la buona disposizione, cioè la sanitade, getta sopra quelle [le nostre membra] uno colore dolce a riguardare; Pg VI 51 'l poggio l'ombra getta, analogo a XXVIII 12; detto di fenomeni auditivi: Vn XXXIX 10 9 li sospir ch'eo gitto; If XXVI 90 Lo maggior corno de la fiamma antica / ... gittò voce di fuori e disse; di sensazioni olfattive: If XI 5 [il] puzzo che 'l profondo abisso gitta; XXX 99 per febbre aguta gittan tanto leppo, " puzza d'arso unto " (Buti); di fatti emotivi: Vn XIX 9 33 gitta nei cor villani Amore un gelo.
Da ricordare inoltre la locuzione di Fiore IX 8 gittar in vano, che è da intendere " affaticarsi inutilmente " (Parodi: " darti pena ").