GHADAMES (Cidamus)
Centro della Libia, situato 500 km a SO di Tripoli e 420 km a S-SO di Gabes. Già nell'antichità la città disponeva di importanti risorse idriche, probabilmente garantite dalla sorgente artesiana di 'Ayn el-Faras e da numerosi pozzi. La pianta disegnata dalla missione archeologica che esplorò Gh. nel 1862 testimonia, insieme alla fotografia aerea, una decadenza dell'oasi, la cui parte coltivata era un tempo molto più estesa. Gh. ha vissuto a lungo di un commercio tran- sahariano il cui interesse economico è venuto progressivamente a mancare. Gli itinerari carovanieri esistevano probabilmente già nell'antichità; uno di essi, costellato di oasi, conduce a Sabratha (Cidamus e regione Sabratae: Plin., Nat. hist., V, 35).
Il nome antico della città è ben documentato: Cidamus (Plin., Nat. hist., V, 35-36); Cidamos (correzione di Plin., Nat. hist., XXXI, 22); [ci]damis (iscrizione IRT, 907) da un plurale *Cidami; Κιδαμή (Procop. , Aed., VI, 3, 9; Ptol., Geog., IV, 3, 6: Τιδαμήνσιοι).
Il sito entra nella storia nel 19 a.C., con il trionfo di Cornelio Balbo. Non se ne ha più notizia fino al III sec.: grazie a una dedica a Settimio Severo e a tre iscrizioni militari sappiamo che Cidamus era occupata da una vexillatio della Legio III Augusta. Come in altre regioni del predeserto libico, la popolazione ha lasciato iscrizioni funerarie latine, un'iscrizione latino-punica e iscrizioni libiche variamente interpretate. Gh. scompare nuovamente dalla storia fino all'epoca di Giustiniano, quando in virtù di un nuovo trattato essa rientra a far parte dell'impero. La città viene cristianizzata: una tradizione vi attesta l'esistenza di una chiesa. Infine, la cronaca della conquista araba registra l'occupazione dell'oasi nell'anno 47 dell'ègira (667 d.C.).
I monumenti dell'antichità sono concentrati a NO dell'oasi, su una vasta piana. Una torre circolare a più piani, provvista di una rampa e includente un pozzo, è difesa da una cinta esterna: questa struttura, cui ancora oggi si attribuisce il nome di «torre di vedetta», è molto probabilmente antica. La concentrazione delle iscrizioni militari nella stessa area nord-occidentale sembra testimoniarvi la presenza di un accampamento militare, o almeno di un distaccamento nella torre.
Gli altri monumenti, più noti, sono gli aṣnām (in arabo: «idoli») o temsammūdin (in berbero: «luoghi di preghiera») sui quali sono state emesse ipotesi e proposte datazioni le più svariate. In realtà, si tratta di tombe monumentali raggruppate in una vasta necropoli che presenta anche altre vestigia: tombe a cassone (con pareti costituite da pietre disposte verticalmente), vaschette per offerte, sepolture modeste. Sei di queste tombe erano ancora in piedi agli inizi del XIX secolo. Attualmente ne sono visibili solo tre, oltre ai basamenti di alcune altre. A esse furono dedicati i sondaggi del tenente Bilotti nel 1935 e del reverendo P. Lanfry nel 1944.
Un confronto con le tombe monumentali di Ghirza (sebbene queste appartengano a un tipo differente) consente di interpretare non solo questi monumenti, ma anche le vestigia architettoniche che circondano gli aṣnām o che si trovano reimpiegate in gran numero in alcune delle quattordici moschee della città. Si tratta di colonne di vario tipo, di capitelli corinzi stilisticamente assai impoveriti, di arcate decorate, di frammenti di fregi: buona parte di questi elementi architettonici doveva far parte di ordini colonnati poggianti sul basamento delle tombe in questione. Alla loro decorazione sono da ricollegare alcune rappresentazioni figurate, pervenuteci in stato molto frammentario: spesso eseguite a «champlevé», esse sono sempre improntate allo stile punicizzante che informa l'intera Tripolitania costiera e desertica.
Una scena di culto raffigura alcuni personaggi nell'atto di venerare quella che sembra una statua all'interno di una nicchia o cappella; vi sono inoltre rappresentazioni di cavalieri, di carri, di animali in corsa, di scene di caccia e di ambientazione agricola, oltre a numerosi motivi figurati o geometrici.
Le ricerche condotte nell'oasi (escluse ovviamente le parti abitate) hanno consentito di raccogliere materiale! ceramico databile tra il I e il IV sec. d.C.; i rari reperti numismatici e le lucerne sono da attribuire alla stessa epoca: in particolare il IV sec. è molto ben rappresentato. Si può di conseguenza affermare che la necropoli di Gh. nord-occidentale si sia sviluppata tra il I e il IV sec. e che le tombe maggiori siano contemporanee di quelle di Ghirza, essenzialmente databili al IV secolo. Si può ritenere valida la tradizione, secondo cui si tratterebbe delle tombe di antichi re del paese: Gh., cioè, sarebbe stata governata da una o più dinastie principesche, passate nel III sec. sotto il protettorato romano. Anche dopo essere stata abbandonata dall'esercito, essa avrebbe conservato uno statuto di protettorato, il che spiegherebbe il «rinnovamento del trattato» all'epoca di Giustiniano.
Degna di interesse è anche una moschea attualmente in rovina, ma il cui miḥrāb è orientato verso S; situata nelle vicinanze della piana degli «idoli», essa stessa si è sovrapposta a uno degli aṣnām: potrebbe dunque essere una delle più antiche della città.
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