GHAZNAVIDI e GHURIDI
Dinastie del Medioevo islamico stabilitesi principalmente tra l'Iran orientale e l'Afghanistan, i G. e i Ghuridi possono essere complessivamente trattati come fenomeno artistico unitario per il sovrapporsi cronologico e geografico delle manifestazioni culturali che li rappresentano.I G., dinastia di origine turca, ebbero origine da Sabuktigin (978-997), generale e governatore sotto i Samanidi, e regnarono sull'Afghanistan, l'Iran orientale e l'India occidentale tra il 10° e il 12° secolo. Figura di spicco fu quella di Maḥmūd (998-1030), figlio di Sabuktigin, alla fine del cui regno l'impero ghaznavide raggiunse la massima espansione. Divenuto uno dei più potenti sovrani del Medioevo, egli fece della capitale Ghaznī una delle città più importanti e ricche dell'Asia e un centro di cultura in cui proliferò l'uso della lingua neopersiana, già diffusa in epoca samanide. In questa città convennero i maggiori scienziati e letterati del tempo, come Firdūsī (ca. 935-1020), che vi completò lo Shāhnāma (Libro dei Re), e al-Bīrūnī (973-1048). Già con Mas῾ūd I (1031-1041) cominciò un lento declino che vide l'estromissione dei G. dalla Persia per mano dei Selgiuqidi e una progressiva riduzione del loro potere, a opera dei Ghuridi, prima all'Afghanistan orientale, e poi, dopo l'incendio con cui ῾Alā' al-Dīn distrusse Ghaznī (1150-1151), ai soli territori indopachistani, con Lahore come centro principale.I Ghuridi, forse di origine tagica (Bosworth, 1965, p. 1125), dall'Iran orientale si erano stanziati nel Ghur (Afghanistan centrale). Dopo un periodo di vassallaggio nei confronti dei G. prima e dei Selgiuqidi poi, la politica espansionistica di ῾Alā' al-Dīn (1149-1161) ne fece una grande potenza nel mondo musulmano orientale, i cui territori furono divisi tra i membri della famiglia. Dalla capitale Jam/Fīrūzkūh, il ramo principale regnò dal Ghur al Khorasan, mentre un altro dal Bāmiyān controllava le regioni del Nord fino all'Oxus; Ghaznī fu ripresa nel 1173 ai Ghuzz da Ghiyāth al-Dīn (1163-1203), che vi insediò il fratello Mu'izz al-Dīn (1173-1203). Sconfitti i G. nel Panjāb, il potere ghuride raggiunse il suo apogeo, ma si sgretolò nei dieci anni successivi alla morte di Mu'izz.L'originale arte ghaznavide, ispirata alle tradizioni culturali iranico-centroasiatiche già proprie dei Samanidi, costituì un fertile terreno per lo sviluppo della successiva arte selgiuqide e creò le premesse della grande fioritura artistica dell'India musulmana. Epigoni ne furono i Ghuridi, con i quali si registra il primo vero incontro tra l'arte islamica e quella indiana.Se nulla è finora pervenuto dalle grandiose costruzioni di Ghaznī, attribuite dalle fonti a Maḥmūd e a Mas῾ūd I (Bombaci, 1958), queste attestano comunque un'attività edilizia, protrattasi con Ibrāhīm (1059-1099), Mas῾ūd III (1099-1115) e Bahrām Shāh (1118-1157).I siti di Bust e Lashkarī Bāzār si estendono per km. 8 ca. lungo la riva orientale del fiume Helmand (Schlumberger, Sourdel Thomine, 1978, tavv. 1-3). La Qal'a di Bust costituiva il centro di gravità di un'area metropolitana cinta da mura fortificate oltre le quali, verso N, la città si espandeva con mausolei, edifici religiosi, tra cui forse un ribāṭ (Allen, 1988-1990), e quartieri densamente popolati. Le ville residenziali più ricche erano dislocate lungo la riva del fiume all'esterno dell'area urbana, fino a raggiungere Lashkarī Bāzār (Allen, 1988-1990). A N, secondo un sistema abitativo a unità disaggregate che ricorda l'accampamento nomade, alcuni recinti includono giardini e varie strutture, tra cui una moschea ipostila e tre palazzi sultaniali. Nel c.d. palazzo centrale, sia la planimetria interna, quadripartita da ambienti assiali che nel secondo piano sono aperti su una zona quadrata centrale, sia le dimensioni ridotte denuncerebbero in realtà una residenza temporanea, parte del nucleo più antico dell'insediamento forse databile al periodo samanide (Allen, 1988-1990). Nel c.d. palazzo settentrionale si ritrova, in scala ridotta, il sistema abitativo a unità divise: intorno a una stretta zona rettangolare, tre blocchi autonomi presentano ognuno una corte centrale su cui aprono due o quattro īvān. Nel c.d. palazzo meridionale, fondato da Maḥmūd, la fronte è provvista di nicchie su due ordini e di un unico ingresso monumentale; da un vestibolo cruciforme si accede alla grande corte centrale a quattro īvān, dietro il maggiore dei quali un ambiente quadrato dà accesso alla sala di udienza: un grande īvān aperto verso il fiume e circondato su tre lati da un corridoio.Il palazzo di Mas῾ūd III a Ghaznī, terminato nel 1111, è planimetricamente simile ma presenta una diversa sistemazione della zona cerimoniale: un īvān, il maggiore insieme a quello d'ingresso, precede la sala di udienza, probabilmente cupolata (Scerrato, 1959a, pp. 26-27, 41). Si tratterebbe in questo caso del precoce impiego in ambiente islamico orientale di un dispositivo cerimoniale sasanide, già comparso nel Dār al-Imāra di Kūfa del sec. 7° (Scerrato, 1972, p. 65). Una caratteristica comune ai palazzi ghaznavidi è quindi l'organica utilizzazione di planimetrie con quattro īvān simmetricamente disposti intorno a una corte o a una sala cupolata. La quadripartizione degli spazi, principio basilare di entrambi, individua i due schemi come varianti di un unico tipo. Tale impostazione quadripartita, estranea alla sensibilità architettonica delle regioni occidentali, trova coerenti linee di sviluppo nelle tradizioni costruttive orientali. In Asia centrale, a partire dal sec. 2° a.C., essa è affidata a corridoi voltati disposti a croce in edifici ritenuti autoctoni. Non dissimile è la planimetria tipica di una serie di residenze a carattere nobiliare, le c.d. case-torri, testimoniate con continuità dal sec. 5°-6° nelle regioni iranico-centroasiatiche; qui, al centro, è inserita una sala quadrata coperta a cupola, forse un aggiornamento, in senso simbolico-cerimoniale, al dispositivo sasanide della sala cruciforme cupolata. Tale schema chiuso, acquisito dall'Islam orientale già nel Dār al-Imāra di Merv (sec. 8°), si ritrova sia nei grandi palazzi abbasidi di Samarra sia in quelli samanidi del Khorasan, da cui probabilmente derivò alle architetture ghaznavidi. La stessa funzione distributiva e la simbologia cerimoniale legata al principio iranico della simmetria assiale caratterizzano anche lo schema con quattro īvān aperti su una corte, la cui prima formulazione si trova nel palazzo partico di Assur (Lavrov, 1950, p. 29). Dopo sporadiche testimonianze nelle regioni occidentali, e prima di caratterizzare molti altri tipi di edifici islamici a partire dall'epoca selgiuqide, la corte a quattro īvān ritrova vitalità nell'architettura residenziale ghaznavide, sia in tipologie abitative più comuni, come una casa a Bāmiyān/Shahr-i Ghulghula (Scerrato, 1959a, p. 51, n. 41), sia nelle zone pubbliche e private dei palazzi sultaniali. Quanto detto, unito alla compresenza in questi ultimi di ulteriori indizi di connessione al mondo centroasiatico (il corridoio sui tre lati dell'īvān nel palazzo di Maḥmūd o la concezione abitativa a unità disaggregate), rende possibile ridimensionare quella prospettiva per cui le sistemazioni dei palazzi ghaznavidi deriverebbero direttamente dalla tradizione mesopotamica della Samarra abbaside.Al tradizionale tipo arabo appartengono invece le moschee ipostile annesse ai palazzi di Mas῾ūd III a Ghaznī e di Maḥmūd a Lashkarī Bāzār. Esterna a tale palazzo si trova inoltre una moschea più grande a sala larga con due navate longitudinali coperte da cupolette; la zona quadrata cupolata antistante il miḥrāb rappresenta un elemento insolito nel panorama iranico contemporaneo, ma significativo per lo sviluppo che tale elemento ebbe in epoca selgiuqide (Scerrato, 1972, pp. 64, 73). Ipostila è anche la moschea di Rāja Gīrā a Uḍegrām nello Swāt, in corso di scavo (Scerrato, 1985-1986), che un'iscrizione, riportante la data del 1048-1049, certifica come la più antica del Pakistan settentrionale. Costruita in lastre di scisto secondo l'uso locale, la moschea presenta un miḥrāb a pianta quadrata, caratteristico delle moschee orientali preselgiuqidi. Peculiare è la dimensione molto ridotta del cortile, posto quasi al centro dell'edificio e in gran parte occupato da un bacino per le abluzioni.A due grandi moschee, ancora inesplorate ma visibili nelle foto aeree, pertengono i minareti di Mas῾ūd III e Bahrām Shāh a Ghaznī, costruiti in laterizio su un basso basamento in pietra; restano solo le parti inferiori a sezione stellare e interamente decorate, mentre risultano perduti i fusti superiori, che tuttavia riproduzioni anteriori al terremoto del 1902 testimoniano di forma cilindrica e baccellati. Il tipo di minareto cilindrico su base poligonale è documentato in Iran dal sec. 11° (Sourdel Thomine, 1953). Negli esempi ghaznavidi degli inizi del sec. 12°, l'elemento prismatico diventa uno zoccolo monumentale la cui configurazione stellare fu forse suggerita dalle bastionature presenti sulle torri funerarie iraniche a partire dal Gunbad-i Qābūs (1006-1007). Nel minareto ghuride di Jam/Fīrūzkūh, costruito da Ghiyāth al-Dīn, lo zoccolo prismatico è ridotto in favore dello sviluppo dei fusti, che hanno, sulla sommità, un padiglioncino cupolato, forse presente anche nei minareti ghaznavidi (Bombaci, 1958, col. 10). Nella stessa linea è il Quṭb Minār di Delhi, iniziato da Quṭb al-Dīn Aybāk nel 1199, quando aggiunse la monumentale facciata ad archi alla Quwwāt al-Islām, la più antica moschea della città a sala larga preceduta da una corte. Da questo minareto, che rispetto ai prototipi enfatizza i collegamenti a muqarnas dei fusti e non presenta più lo zoccolo prismatico, derivarono imitazioni ancora nell'India moghul (Koch, 1991). Di periodo ghuride sono sia le numerose costruzioni in Khorasan a nome di Ghiyāth al-Dīn, come il nucleo iniziale della Masjid-i Jāmi῾ di Herat e il mausoleo annesso, ora perduto (Glatzer, Glatzer, 1971; Glatzer, 1980), sia il grande arco in laterizio di Bust. In quest'ultimo, generalmente ritenuto la testa dell'īvān d'ingresso a una grande moschea, Allen (1988-1990) ha individuato un arco cerimoniale sulla base di considerazioni strutturali e di confronti con alcune costruzioni temporanee che le fonti descrivono per la Herat timuride e di cui forse esso costituisce un non isolato antecedente.A parte i restauri nei palazzi di Maḥmūd e Mas῾ūd III, l'architettura residenziale ghuride è nota attraverso alcuni qaṣr ('castelli'). Con perimetro quadrangolare bastionato, essi presentavano spazi interni multifunzionali, a volte entro un corridoio perimetrale, la cui formulazione poteva variare a seconda delle esigenze. La posizione in zone di recente conquista o di confine e la presenza di una sala di preghiera identificano piuttosto come ribāṭ alcuni di questi edifici, come nel caso di Kabirwala, nelle vicinanze di Multan in Panjāb (Edwards, 1991).La decorazione architettonica ghaznavide utilizza soprattutto rivestimenti in cotto, ottenuti sia con il gioco dei mattoni impiegati strutturalmente, come già nella Transoxiana del sec. 10° (Bukhara, mausoleo di Ismā῾īl il Samanide; Tim, mausoleo di 'Arab Ata), sia con pannelli realizzati con mattoni tagliati in varie forme fuori opera oppure trapanati in situ sulla base di disegni prestabiliti e riportati con una sorta di 'spolvero'. Il tutto era spesso arricchito dalla policromia degli intonaci di rivestimento. Tali tecniche ornamentali trovano la massima espressione nel minareto di Mas῾ūd III e furono tramandate all'architettura ghuride (per es. i pilastri dell'arco di Bust e parte del soffitto della Masjid-i Jāmi῾ di Herat). Se nel palazzo meridionale di Lashkarī Bāzār si fa largo uso anche dello stucco, in quello di Ghaznī esso è limitato a inserti stampigliati entro gli ornati in cotto. Vi si riscontra invece un'insolita e profusa utilizzazione del marmo. Di particolare importanza è la zoccolatura delle nicchie della corte, in cui si trova il più antico esempio dell'uso del persiano nell'epigrafia monumentale. In una sintassi a fasce orizzontali, la decorazione presentava, insieme a motivi ad arabesco derivati dall'albero della vita entro un tipico partito ad archi, una bordatura in cufica con versi a gloria dei sultani ghaznavidi nel metro epico di Firdūsī (Bombaci, 1966). Nella partitura a fasce con banda epigrafica è probabile il riferimento a un tipo di stoffe finora note solo per l'Iran selgiuqide e poi ilkhanide. Imitazione da stoffe presenta anche una transenna decorata su ambo i lati con esseri compositi e arabeschi entro una bordatura con animali in medaglioni ottagonali (Bombaci, 1958, fig. 4). In numerosi altri bassorilievi l'iconografia è di tradizione sasanide: scene di vita di corte e di caccia, animali, danzatrici e guardie del corpo in costume centroasiatico. Quest'ultimo è anche il tema degli affreschi recuperati nella sala di udienza del palazzo di Maḥmūd. Lo zoccolo, con una serie di personaggi dipinti in uno stile derivato dal tardo classicismo dell'Asia centrale, costituisce una rarissima testimonianza di quelle pitture murali che le fonti dicono ornassero di frequente i palazzi ghaznavidi. Poco rimane dell'intaglio su legno: Bombaci (1959, p. 16, figg. 13-14) ritiene ghaznavide il miḥrāb della moschea di Charkh-i Logar, nei dintorni di Ghaznī; più tarda è invece ritenuta la più famosa porta del mausoleo di Maḥmūd a Ghaznī, ora nel Forte di Agra (Bombaci, 1958, col. 12).Grande sviluppo ebbe con i G. l'epigrafia monumentale: principalmente usata fu la cufica a bordo ornamentale, che, elaborata in Khorasan (Flury, 1925), risulta elegantemente combinata con motivi decorativi di un vasto repertorio sia geometrico sia naturalistico. Con essa fece la sua prima comparsa, all'epoca di Ibrāhīm, anche il corsivo. Entrambi sono testimoniati dalle splendide iscrizioni del minareto di Mas῾ūd III e compaiono nel vasto repertorio delle epigrafi funerarie recuperate a Ghaznī. Molte di queste sculture tombali in marmo sono anche di periodo ghuride, come il sarcofago detto di Mas῾ūd, in cui si riconoscono alcune di quelle influenze indiane (Flury, 1925, p. 87ss.) assenti nella precedente decorazione ghaznavide (Scerrato 1959a, p. 37, n. 34). Esse si individuano soprattutto in campo decorativo, nel trattamento naturalistico di vecchi e nuovi motivi ornamentali, i secondi frequentemente tratti dal repertorio floreale architettonico, in una generale esuberanza stilistica in cui un ruolo importante continua a giocare l'epigrafia, spesso in flessuosi caratteri corsivi.La ceramica ghaznavide sembra rifarsi a quella samanide: alle tradizionali ingobbiate si affianca, tra i secc. 11° e 12°, la graffita con decorazione incisa, anche nella versione con invetriature colorate a macchia (Gardin, 1963; Grube, 1976; Allen, 1988-1990). Le produzioni più tarde rinvenute a Lashkarī Bāzār, a Bust, a Bāmiyān, a Bactra e a Ghaznī sono invece simili alla contemporanea produzione selgiuqide nota come graffita tipo Āmul e Rayy, oppure stampata sotto invetriatura turchese, o su pasta grigia non invetriata. Postghaznavide è ritenuta anche la ceramica incisa e dipinta con colature o punti verdi su fondo crema sotto vetrina incolore, rinvenuta a Bāmiyān/Shahr-i Ghulghula e a Ghaznī (Scerrato, 1959a, p. 38); in quest'ultimo caso essa è frequentemente associata a un tipo di ceramica non invetriata con decorazione sia monocroma sia policroma dipinta su ingobbio. Alla fase del restauro ghuride del palazzo di Mas῾ūd III, Scerrato (1962) attribuisce una serie di mattonelle invetriate con decorazione stampata a rilievo probabilmente utilizzate come rivestimento parietale di interni.Bronzi di periodo ghaznavide si ritengono dei bacili emisferici apodi con decorazione incisa, caratterizzati soprattutto da fasce con grandi iscrizioni cufiche sul bordo; un esempio del sec. 11°, proveniente da Ghaznī (Kabul, Mus.), presenta un'interessante rappresentazione dello zodiaco e dei pianeti (Scerrato, 1981). Tali bacili, diffusi tra i secc. 10° e 12°, furono probabilmente usati anche più tardi, a giudicare da una serie di supporti a loro destinati, databili ai secc. 12°-13° (Scerrato, 1959b; 1964). A officine di Ghaznī del sec. 11° - cui le fonti riportano la creazione del trono di Mas῾ūd I con quattro figure in bronzo fuso - Baer (1985) tende ad attribuire due brocche con corpo ornitomorfo e decorazione incisa e incrostata in rame o stampata, firmate da ῾Alī al-Ghaznavī e da Nāṣr. Ghaznavidi o ghuridi sono ritenuti altri esemplari simili per forma e tecnica rinvenuti in Afghanistan, ma la cui decorazione, parzialmente incrostata in argento, tradisce una datazione alla metà del sec. 12° (Scerrato, 1959b; 1964; Fehérvári, 1976). Ghaznavidi sono da ritenere anche alcune stoffe con vistosa decorazione plastica, mentre invece appaiono databili al sec. 12°-13° due calamai dal palazzo di Mas῾ūd III (Scerrato, 1959a, p. 39, fig. 38; 1967; 1971).
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