GHEBRI
. Con questo nome (probabilmente dall'arabo Kāfir "infedele"), variamente trascritto nelle lingue europee (fr. Guèbres; ingl. Gabars) vengono designati dagli Arabi quei Persiani, rimasti fedeli al mazdeismo. Essi stessi però si designano col nome di Zardushtiān "Zoroastriani" o Bih dīnān "adepti della buona religione". Nel 1902 erano circa 11.000.
Crollata la dinastia dei Sassanidi (651-52), i Persiani furono da principio trattati con mitezza; con l'andare del tempo però la loro sorte diventò più dura e la maggior parte passò all'islamismo. Nelle provincie Fārs e Kirmān, centro dell'antico impero, alcune centinaia di famiglie rimasero fedeli alle loro tradizioni religiose e si organizzarono in comunità religiosa; altre, e in maggior numero, per essere più sicure, cercarono rifugio nell'India (v. parsi). Presso Iṣfahān, in un sobborgo speciale, ne trovò alcuni Pietro della Valle. La religione dei Ghebri si riattacca al mazdeismo, quale fu imposto dai Sassanidi al principio del loro regno; ma anche prima della invasione araba aveva ricevuto elementi cristiani e giudaici, dalla diaspora allora fiorente in Persia. La comunità comprende laici (bīh dīnān) e sacerdoti (mōbēd; athorvān "custodi del fuoco") e dove è possibile (p. es., in. Yazd) vive in quartieri separati dai musulmani. Le cerimonie religiose principali sono: l'investitura del cordone sacro per i giovani, così ammessi ufficialmente nella comunità; varie usanze nel matrimonio, che non può essere contratto con fedeli di altre religioni; i cadaveri, seguendo una usanza antichissima (v. zoroastrismo), si depongono nelle dakhma, per essere divorati dai cani e dagli uccelli di rapina e poi si seppelliscono le ossa. L'ufficio principale dei sacerdoti consiste nel tenere acceso il fuoco sacro. Una volta l'anno si radunano e distribuiscono tra sé, per sorteggio, i laici. I sacrarî, in cui si mantiene il fuoco sacro, sono ormai costruiti come qualunque casa privata.
Bibl.: A. Houtum-Schindler, Die Parsen in Persien, in Zeitschr. d. deutsch. morgenländ. Gesellsch., XXXVI (1882), p. 182; A.W. Williams Jackson, Persia, past and present, New York 1906, pp. 353-400; D. Menant, art. Gabars, in Hastings, Encycl. of relig. and ethics, VI, Edimburgo 1913, pp. 147-156.