BORDONI, Gherardo
Apparteneva a una famiglia fiorentina di popolani "grassi", ma imparentati con famiglie magnatizie (quali gli Adimari e i Tornaquinci), fra le più notevoli del sesto di S. Pancrazio. Il padre, Pagno, era stato gonfaloniere di giustizia nel 1298: il suo testamento, redatto nel 1296, rivelava una ricchezza notevole (l'alta somma di 1600 libbre era destinata solo alla restituzione di "usura et male ablata": cfr. Ottokar p. 69) e attestava notevoli possedimenti in beni immobili. Il B. ricoprì nell'aprile-giugno 1302 la carica di priore; nello stesso anno compare fra i consoli nella Matricola dell'arte della Seta. Partecipò attivamente alla vita politica fiorentina dei primi anni del sec. XIV: suoi interventi sono sovente registrati nei verbali del Consiglio dei cento; nel corso del 1303 egli è fra i Savi della Repubblica.
Fra gli altri pareri dati, nel giugno 1303 il B. si pronunziava in favore della spedizione militare contro i Pazzi e gli Ubertini; nell'agosto dello stesso anno proponeva che la tesoreria del Comune elargisse a Carlino dei Pazzi (che nel luglio aveva consegnato per tradimento ai Fiorentini il castello di Piantravigne: un'eco in Inferno, XXXII, 69) fino alla somma di due o trecento fiorini; ma la proposta non fu allora messa a partito. Nel maggio 1307 proporrà una sospensione delle imposte in favore di Albizzo Franzesi e dei suoi.
Nel 1304 ricopriva la carica di ufficiale delle gabelle (v. Arch. di Stato di Firenze, Provvisioni, XII, c. 93). L'8 ag. 1306 riceveva dal Comune licenza di accettare la capitaneria di Pistoia, per un periodo di sei mesi a partire dall'ottobre.
Risale al 1302 l'episodio dell'accusa avanzata dal B. contro i fratelli Girolami - Gerolamo Salvi del Chiaro e Mompuccio, sbanditi da Carlo di Valois, e dimoranti allora in Venezia - come mandanti dell'assassinio di Buono di Baldo, compiuto per mano di uno dei Becchenugi. Ne seguì la condanna di Gerolamo, di cui il B. avrebbe approfittato per manometterne i beni.
Fra i più notevoli sostenitori della parte nera, il B. abbracciò la causa di Corso Donati e gli restò al fianco sino alla fine, negli avvenimenti dell'ottobre 1308: quando, il 6 di quel mese, la Signoria pronunciò la sentenza contro il Donati quale colpevole di tradimento, il B. gli si unì nel disperato tentativo di resistenza prima e poi di fuga, che fallì miseramente. Prima ancora di Corso, egli fu raggiunto - in Borgo la Croce, secondo la cronaca di Dino Compagni; o sul ponte dell'Affrico, secondo Marchionne - e trucidato da Boccaccio Adimari. Un figlio di Boccaccio staccò al cadavere un braccio, per portarlo come trofeo per le vie di Firenze ed affiggerlo poi alla porta di Tedice Adimari, che del defunto B. era cognato, e che di lui si era servito in processi e liti contro il suo consanguineo.
In seguito a questi avvenimenti i fratelli del B. - Ferruccio, Chele, Bernardo - si diedero alla fuga, mentre le loro case, come quelle dei Donati, venivano devastate. Il vecchio padre Pagno si rifugiò dapprima presso i Tornaquinci, raggiungendo in seguito i suoi figlioli. Il 26 ottobre la Signoria riabilitava in pieno Girolamo Salvi (nel frattempo defunto), restituendone ai parenti i beni che il B. aveva usurpato, e contemporaneamente dichiarava i Bordoni sbanditi come ribelli.
Dall'esterno i Bordoni brigarono cercando appoggi da Lucca e da Siena, per tentare azioni contro Firenze. E nel 1310 i Consigli fiorentini li dichiaravano magnati e soggetti dunque alle pesanti misure antimagnatizie. Ma già l'anno seguente (1311) il loro bando veniva revocato, insieme con quello dei Donati (Compagni, p. 265). Non molto dopo (1312) una riabilitazione veniva concessa al vecchio Pagno e ai figli, che cinque anni più tardi (23 dic. 1317, cfr. Davidsohn, pp. 495 s.) venivano altresì cancellati dalla lista dei magnati; riacquistata la qualifica di popolani, poterono dunque tornare a rivestire uffici pubblici e riguadagnare prestigio e potere in città. Chele, del resto, già nel maggio del 1317 era stato inviato dal Comune quale ambasciatore al papa Giovanni XXII ad Avignone (Lettres communes de Jeán XXII, a cura di M. Mollat, Paris 1904-47, nn. 3726, 3737: e di quell'occasione aveva profittato per ottenere dal pontefice anche una prebenda in Ferrara per suo figlio Iacopo; cfr. anche ibid., n. 43.377); nel 1318 faceva poi parte di un'ambasciata a Siena e nel 1320 di una in Romagna (Delizie degli eruditi toscani, XI [1778], pp. 93 s.). E Ferruccio, che appare nella lista dei Priori nel dicembre-febbraio 1317-1318, nel gennaio 1320 era capitano della lega di Poggibonsi, e come tale eseguì l'ordine di opporsi all'ingresso in Firenze del podestà nominato da re Roberto per il primo semestre di quell'anno (Benedetto di Zaccaria da Orvieto).
La posizione di predominio raggiunta dai Bordoni sembrò consolidarsi nel settembre 1324, in seguito alla modifica del sistema di elezione dei Priori e alla manipolazione delle imbussolazioni da essi operata in proprio favore. Ma nel gennaio dell'anno seguente la parabola del successo s'interrompeva bruscamente ("per la loro soperchia arroganza, - commenta il Villani, IX, 283 - ch'erano i più prosuntuosi popolani di Firenze, e aveano guidato la terra assai tempo"). Bernardo veniva posto sotto accusa di baratteria per il suo comportamento nell'ufficio della condotta dei soldati. Egli era allora ambasciatore a Carmignano, e non si presentò: fu rappresentato dal fratello Chele, che comparve dinanzi all'Esecutore degli ordinamenti spalleggiato dalla scorta dei Priori, messa a sua disposizione dal proposto dei Priori, Zanobi Borghi, il quale apparteneva alla fazione dei Bordoni (i cosiddetti "Serraglini", come venivano denominati, dal "Serraglio" o fortezza eretta presso le loro case nel sesto S. Pancrazio). Si giunse così ad uno scontro violento, in seguito al quale Bernardo fu condannato a una forte multa e all'esclusione dalle cariche pubbliche e Chele fu arrestato e confinato. Ma già nel febbraio-aprile 1328 Chele compariva nuovamente fra i priori, e nel 1338 sarebbe arrivato ad essere gonfaloniere di giustizia. Anche se la famiglia Bordoni non sarebbe più tornata a posizioni di predominio, la frequenza con cui nomi di suoi membri appaiono in atti pubblici attesta il suo pieno reinserimento nella vita fiorentina.
Fonti e Bibl.: I Consigli della Repubblica Fiorentina, a cura di B. Barbadoro (Atti delle assemblee costituzionali ital., s. 3, sez. IV), 1-2, Bologna 1921-1930, ad Indicem; G.Villani, Cronica, VIII, 96, ediz. F. Gherardi-Dragomanni, II, Firenze 1845, pp. 129 ss.; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca Fiorentina, a cura di N. Rodolico, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXX, 1, ad Indicem; D. Compagni, La cronica, a cura di I. Del Lungo, ibid., 2ediz., IX, 2, ad Indicem; I. Del Lungo, Dino Compagni e la sua cronica, I-II, Firenze 1879-1887, ad Indicem;R. Davidsohn, Storia di Firenze, IV, Firenze 1960, pp. 295, 307, 487 ss., 496 ss., 991;N. Ottokar, Il Comune di Firenze alla fine del Dugento, Torino 1962, pp. 48, 67-69, 75 n.