Camino, Gherardo da
La famiglia dei da C., di origine longobarda, probabilmente imparentata con quella dei Collalto, si affaccia alla ribalta della storia verso i primi del secolo XII cambiando, come sembra, il primitivo cognome Montanara in quello da C., dal nome di un castello fatto fabbricare da Guecellone Montanara nel 1089.
Feudataria di vaste tenute nel bellunese, nel Cadore e, soprattutto, nel comitato di Ceneda, partecipa vivamente alle guerre della Marca Trevisana come sostenitrice della parte guelfa contro la crescente potenza dei da Romano. Divisasi per lotte intestine, nel 1233, in due rami, Caminesi di sopra e Caminesi di sotto, riuscì a divenire padrona di Treviso, nel 1235, con Guecellone della fazione di sotto, e dal 1239 al 1242 con l'aiuto del fratello di Ezzelino da Romano, Alberico. In seguito a dissensi con questi, perdette e il comando della città e i feudi, ma riuscì a riacquistare sia i beni e i territori perduti, sia, allorché Alberico cadde, la perduta influenza politica.
Il sopravvento toccò però questa volta alla fazione di sopra, che ebbe in G., figlio di Biaquino e di India di Camposanpiero, il miglior rappresentante.
Nato attorno al 1240, cittadino padovano, alleato del patriarca di Aquileia, erede di gran parte dei beni patrimoniali della famiglia, guelfo e protettore del guelfismo bianco contro il ghibellinismo rosso di estrazione popolare, G. iniziò giovanissimo la sua ascesa politica venendo eletto nel 1266 capitano generale di Feltre e di Belluno, e il 15 novembre 1283, grazie alla sua accorta diplomazia e alla grande autorità di signore feudale che già aveva nel distretto, capitano generale di Treviso, mantenendone la carica fino alla morte (1306). Signore di fatto della città e del distretto trevisano, sebbene signore non si fosse fatto mai chiamare e avesse mantenuto, almeno in apparenza, le vecchie istituzioni comunali, riformò e applicò a suo piacimento le leggi. Fu in ottima amicizia con Azzo VIII, che nel 1295 prese da lui l'ordine della cavalleria (Muratori), e pare lo abbia aiutato assieme al figlio Rizzardo (ma la complicità storicamente non è stata provata) nell'assassinio di Iacopo del Cassero. Certa invece resta la sua colpa nell'uccisione del vescovo di Feltre e Belluno, frate Iacopo (1297 o 1298). Tentò anche, forse dietro consiglio dei figli Rizzardo e Gaia, di estendere il suo dominio al Friuli, guastandosi perciò con il patriarca di Aquileia e scontrandosi con i locali comuni. Con tutto ciò la sua condotta politica rimane positiva. Saggia prudenza di governo dimostrò col perseguire nei limiti del possibile, lui guelfo, una politica di moderatore e di arbitro nelle contese della Marca Trevigiana, concedendo a capi e a esponenti della vinta fazione ghibellina di rimanere o risiedere in Treviso.
Fu buon protettore di poeti e di letterati. D., che si può credere lo abbia conosciuto di persona, ne tesse un alto elogio e in Cv IV XIV 13, dove scrive che la nobilitade di lui... aperta si vede, e in Pg XVI 124: qui lo definisce per bocca di Marco Lombardo 'l buon Gherardo, facendone con Currado da Palazzo e con Guido da Castel uno dei tre vecchi [lombardi]... in cui rampogna / l'antica età la nova, e l'appella saggio, ormai nella schiera de la gente spenta, / in rimprovèro del secol selvaggio (vv. 133-135).
Della liberalità di Gherardo parlano anche le antiche cronache, per es. la biografia del trovatore ferrarese Maestro Ferrarino: " Quando (Ferrarino) venne in vecchiezza, poco andava attorno, eccetto che andava a Treviso, a messer Gherardo da Camino e ai suoi figli, ed essi gli facevano grande onore, e lo vedevano volentieri per bontà di lui e per amore del marchese d'Este " (citato dal Torraca). Concordi si mostrano anche i commentatori antichi della Commedia nel lodarne le doti: " cortesissima persona e di grande magnificenzia " (Lana, Anonimo); " vir totus benignus, humanus, curialis, liberalis, et amicus bonorum " (Benvenuto); l'Ottimo scrive che G. " si dilettò non in una ma in tutte le cose di valore, stando a casa ".
Sul suo nome si sviluppa la conclusione della fiera requisitoria di Marco Lombardo. Alla domanda di D. di precisare meglio chi fosse colui che egli aveva chiamato 'l buon Gherardo, Marco risponde caustico (O tuo parlar m'inganna, o el mi tenta / ... ché, parlandomi tosco, par che / del buon Gherardo nulla senta, vv. 136-138), e a ragione: D. aveva ben dovuto sentir parlare del Caminese che, da guelfo, era in rapporti di amicizia con i Donati di Firenze (Corso Donati fu capitano collaterale di G. in Treviso e pare che, poco prima che G. venisse a morte, abbia ottenuto da lui un prestito di 4000 libbre di aiuto alla sua guerra); e cita il nome di Gaia (Per altro sopranome io nol conosco, / s'io nol togliessi da sua figlia Gaia, vv. 139-140), dividendo il campo dei commentatori. Se per alcuni - e tralasciamo gli antichi - D. pare intenda dare a G. il soprannome di ‛ gaio ', come a dirlo ‛ lieto, giocondo ' (Torraca, Grabher), per altri ‛ torre il soprannome ' dalla figlia equivale semplicemente a chiamare G. ‛ padre di Gaia '; essendo Gaia nota per le sue poco eccelse doti, la cosa starebbe a significare cioè che 'l buon Gherardo è conosciuto più che per le sue peculiari virtù, per essere padre di una figlia degenere: e sarebbe intonazione altamente icastica questa, che verrebbe a sottolineare e a concludere in netto equilibrio artistico il discorso di Marco Lombardo sulla dottrina della corruzione dell'umanità (Scartazzini-Vandelli, Casini-Barbi, Momigliano, Sapegno).
Bibl. - D.M. Federici, Notizie storiche genealogiche della famiglia da C., Venezia 1789; G.B. Picotti, I Caminesi e la loro signoria in Treviso, Livorno 1905; M. Cevolotto, D, e la Marca Trevigiana, Treviso 1906; F. Ercole, Comuni e signori nel Veneto, in " Nuovo Arch. Veneto " n.s. XIX (1910) 255 ss.; G. Biscaro, D. e il buon Gherardo, in " Studi Mediev. " n.s. I (1928) 74-113; Id., La correità di Gherardo e Rizzardo da C. nell'uccisione di Iacopo del Cassero, in " Mem. Stor. Forogiuliesi " XIX (1923); A. Serena, D. a Treviso?, in " Nuovo Arch. Veneto " s. 3, SLII (1921) 81-105.