GHERARDO da Castelfiorentino
Nacque nella seconda metà del XIII secolo, forse intorno agli anni Ottanta, probabilmente a Firenze, dove il padre, Terino (del quale è attestata anche l'attività di rimatore), svolgeva in quegli anni l'attività di mercante di panni. Compì gli studi giuridici a Bologna, come testimonia il primo documento nel quale è nominato, risalente al 1301 (Zaccagnini, 1918, p. 220). Il documento impegnava con G. altri studenti e professori fiorentini (Tegghia di Caroccio, Cino da Pistoia, Lamberto del Negro, Iacopo di Borghino, Andrea di Bruno e Fazio di Rinaldo) nei confronti degli obblighi che Tegghia di Caroccio e il dottore in leggi Francesco del fu Sassolino avevano contratto con il padrone di una casa posta in Bologna, nella "cappella di S. Procolo". È probabile che questo gruppo di universitari avesse preso in affitto la casa in questione e che G. abbia potuto godere quindi direttamente dell'insegnamento e dell'esempio di Cino da Pistoia, e magari esserne incoraggiato nelle sue stesse ambizioni di rimatore.
G. risulta ancora presso lo Studio bolognese nel 1304 e nel 1305. Dopo la laurea esercitò a Bologna l'attività di giudice: nel 1312 si ha notizia di lui come giudice addetto all'ufficio delle Acque. Si trasferì in data non precisata a Firenze, dove rivestì ancora la carica di giudice e di ambasciatore della città: nel 1327 fece parte del collegio giudicante nel processo contro Cecco d'Ascoli (Francesco Stabili), in qualità di giudice consultore dell'inquisitore della città, e nel 1329 era a Pistoia con Alessio dei Ranuzzi in qualità di ambasciatore di Firenze per l'accordo di pace fra le due città.
È questa l'ultima notizia che abbiamo su G. ed è quindi da ritenere che egli sia morto in quell'anno o poco dopo.
A Firenze fece probabilmente parte di quel cenacolo di preumanisti formato da uomini di legge e poeti del quale faceva parte anche il contemporaneo Geri d'Arezzo. È di Geri una lettera (edita da Weiss, pp. 120 s.), databile fra il 1306 e gli anni Trenta del XIV secolo (data a cui si fa risalire la morte di Geri) con la quale questi inviava in prestito a G. un codice contenente opere di Cesare.
A G. sono attribuiti sette componimenti poetici, tutte ballate, tramandati dal cosiddetto "codice Mezzabarba", il Marc. Ital. IX.191 (=6754) della Biblioteca nazionale Marciana di Venezia. Da questo codice deriva la stampa di una delle ballate di G., Amor la cui virtù per grazia sento, nell'edizione del primo Cinquecento: Canzoni di Dante. Madrigali del detto. Madrigali di Cino et di Girardo Novello, Milano, per Augustino da Vimercato ad instantia de Io. Iaco e fratelli di Legnano, 1518, c. 42r. Nel Memoriale del primo semestre del 1313 appartenente a Ugolino delle Querce, figlio del dantista Enrichetto, si trova un frammento della stessa ballata (Zaccagnini, 1919, pp. 209 s.). Un'altra ballata, Madonna lo coral disio, ch'io porto, venne stampata e analizzata nella Poetica di G. Trissino (Vicenza, per Tolomeo Ianiculo, 1529, cc. XXXIIIIv-XXXVr).
Fonti e Bibl.: F. Zambrini, Opere volgari a stampa dei secoli XIII e XIV, Bologna 1878, pp. 478 s.; C. Frati - L. Frati, Indice delle carte di Pietro Bilancioni. Contributo alla bibliografia delle rime volgari de' primi tre secoli, IV, Bologna 1891, pp. 366 s.; F. Novati, G. da C.,notizie e documenti, in Misc. stor. della Valdelsa, VI (1898), pp. 196-203; G. Zaccagnini, Cino da Pistoia. Studio biografico, Pistoia 1918, pp. 82, 220; Id., G. da C., notizie intorno alla sua vita e ad una sua ballata, in Giorn. stor. della letteratura italiana, LXXIII (1919), pp. 207-212; G. Biscaro, Inquisitori ed eretici a Firenze (1319-1334), in Studi medievali, n.s., III (1930), 2, pp. 270 s.; R. Weiss, Il primo secolo dell'Umanesimo, Roma 1949, pp. 58, 64, 66, 120-122.