NERUCCI, Gherardo
NERUCCI, Gherardo. – Nacque a Pistoia il 18 maggio 1828 da Ferdinando, funzionario di dogana proveniente da una nobile famiglia di Montale, e da Elisabetta Niccolini, nipote del drammaturgo fiorentino Giovanni Battista.
Dopo aver frequentato per un anno il liceo Forteguerri di Pistoia, nel 1837 passò, insieme col fratello minore Neruccio, al magistero dell’abate Giuseppe Tigri, scrittore e raccoglitore dei Canti popolari toscani (Firenze 1856). Nel novembre 1844 fu iscritto al corso di diritto civile, canonico e criminale all’Università di Pisa su iniziativa del padre, allora impiegato in città, e qui si trasferì con la famiglia, condividendo l’abitazione in via S. Cecilia con Atto Tigri, professore di anatomia (nonché fratello di Giuseppe) e Roberto Bonfanti, canonico pistoiese. Con i due, nel biennio 1845-46, fondò una società letteraria animata da ideali liberali, poi di fatto assorbita nel 1847 dalla pisana Società Ginnastica (istituita per impulso del fiorentino Sebastiano Fenzi), dove agli interessi letterari si coniugava l’esercizio ginnico e militare, in prospettiva di battaglie imminenti per l’indipendenza. Nell’autunno del 1847 entrò nella guardia universitaria locale.
La frequentazione di alcuni studenti greci, unita all’entusiasmo per il buon esito dell’insurrezione antiturca, gli accese un vivo interesse per lo studio della lingua e della letteratura neogreca, con qualche riserva dello zio Giovanni Battista che non approvava lo studio del greco moderno se non coadiuvato da una robusta preparazione classica (G.B. Niccolini, Lettere famigliari…, Pistoia 1900, p. 19).
Il 22 marzo 1848 partì per la Lunigiana, dove il 29 maggio prese parte alla battaglia di Curtatone. Rientrato a Pisa per il nuovo anno accademico, frequentò le assemblee della militante associazione studentesca costituitasi in seno alla guardia universitaria (poi sciolta dal governo per motivi di cautela nella primavera del 1849). Il 22 maggio 1849 ottenne la laurea in utroque iure, quindi si trasferì a Firenze per fare pratica presso lo studio dell’avvocato Adriano Mari. Nel 1851 si recò invece a Roma, per svolgere un praticantato presso il noto giurista Giuseppe Piacentini Rinaldi. Qui proseguì lo studio del greco antico e moderno, avvalendosi della guida del pittore greco Demetrio Dompiadis (o Dompriadis).
Al periodo romano risalgono le prime traduzioni da Anacreonte, nonché l’avvio di una produzione poetica caratterizzata dall’imitazione dei poeti trecenteschi e da componimenti ironici e sentimentali, con qualche accento popolaresco. Le traduzioni e le poesie più tardi confluirono nell’opuscolo Anacreonte Tejo: le Odi, provvisto di un’appendice di Poesie varie (Pistoia 1867).
Un decisivo impulso alla ricerca linguistica giunse dalla frequentazione, avviata negli anni romani, del filologo e grecista Domenico Comparetti, con cui arrivò a stringere una lunga amicizia, testimoniata da un fitto carteggio pluridecennale (1855-92). Entrò anche in contatto con il linguista e orientalista Fausto Lasinio e, per suo tramite, con Alessandro D’Ancona.
Dopo la morte del padre, il 26 giugno 1855, trascorse qualche mese in Toscana per occuparsi di affari familiari. Un anno dopo, il 15 giugno, rinunciò alla professione a Roma. Nei mesi successivi risiedette a Montale a preparare l’esame da avvocato, che superò il 24 dicembre a Firenze, dove rimase a esercitare l’avvocatura nel ramo penale e dove, trasferitosi nella residenza dei Niccolini, partecipò attivamente della vita mondana e culturale.
Nel 1858 iniziò a scrivere di argomenti teatrali per Lo Scaramuccia e l’Indicatore e il 4 agosto divenne consigliere di compilazione per il giornale teatrale Carlo Goldoni, diretto da Ferdinando Martini e Tommaso Gherardi del Testa. Ai primi del 1859, coinvolto appieno nelle vicende che annunciavano la seconda guerra di indipendenza, lavorò a un saggio sulla necessità di una riforma teatrale in Italia, concepita in stretto rapporto con l’obiettivo dell’indipendenza e dell’unità politica (Carteggio Comparetti - Nerucci, 2007, p. 80). Nel saggio La critica ed il teatro comico italiano-moderno in relazione allo stato politico attuale dell’Italia (Firenze 1859) auspicò la nascita di un teatro nazionale, individuando nella divisione politica e nell’occupazione straniera le principali ragioni dello stato di «bassezza e dappocaggine» della produzione letteraria italiana (p. 5).
Dopo aver partecipato alla sollevazione fiorentina che determinò la fine del regime granducale il 27 aprile 1859, il 23 luglio fu nominato sottotenente alfiere nel battaglione della guardia nazionale di S. Maria Novella. Poco dopo fu eletto capitano della guardia nazionale nella I compagnia di Montale, dove si stabilì per alcuni mesi dopo l’estate. Tornò nel capoluogo toscano verso la fine di ottobre. Pur diviso tra incombenze militari e domestiche, con continui spostamenti tra Firenze, Pistoia e Montale, in questo periodo si dedicò agli studi linguistici e filologici, grazie anche agli stimoli che gli provenivano dai frequenti contatti con Lasinio e Comparetti, allora residenti rispettivamente a Firenze e Pisa.
Nella primavera del 1860 iniziò a lavorare al saggio sulla pronuncia della lingua greca in Italia, poi pubblicato col titolo La pronuncia della lingua greca esposta praticamente per l’uso degli italiani e delle scuole (Firenze 1862). Falliti i tentativi, tra il 1860 e il 1861, di insegnare in un liceo fiorentino, fu invece ammesso a insegnare greco al ginnasio del Forteguerri di Pistoia a partire dal settembre 1861.
Dal 1862 risiedette soprattutto a Montale e di qui, coniugando l’attività letteraria (come insegnante e studioso) a quella militare (come capitano della guardia nazionale), intensificò la sua partecipazione a diversi dibattiti politici e culturali del periodo postunitario.
Un certo clamore suscitò l’articolo apparso ne La Gioventù il 15 marzo 1862, intitolato Intorno al linguaggio umano e alle sue principali forme; da un primo attacco di Raffaello Lambruschini nella stessa rivista, derivò una disputa sulle origini del linguaggio dalle forti implicazioni ideologiche, che presto assunse i contorni di un contrasto generazionale nel rapporto delle istanze liberali con l’azione cattolica in ambito politico e culturale.
Sempre nel 1862 pubblicò la versione completa di una delle sue prime prove narrative e satiriche, La Cometa nel sogno di Bronte Ciclope… (Pistoia), composta tra il 1858 e il 1859 e parzialmente già uscita ne Lo Scaramuccia. Nello stesso anno, dopo aver assunto, su proposta di Lasinio, la curatela delle Cento favole di Esopo (pubblicate l’anno seguente nella collana di «Classici commentati per le scuole» dell’Aldina di Prato), avviò anche la traduzione delle Letture sopra la scienza del linguaggio del linguista tedesco Max Müller, incoraggiato da Comparetti e D’Ancona (allora colleghi all’Università di Pisa). Dopo varie revisioni (cui partecipò anche la nobildonna irlandese Louisa Grace-Bartolini) e dopo la rottura dell’accordo con Le Monnier, nel 1864 le Letture furono pubblicate a Milano per l’editore Daelli. Subito dopo, sempre in sintonia con Comparetti, Nerucci avviò anche la traduzione delle Nuove letture (terminata intorno al 1866), ma si dovettero attendere altri cinque anni prima che venissero stampate sempre a Milano, questa volta da Treves (1871).
Il triennio 1862-65 lo vide assai impegnato ideologicamente contro il predominio della Chiesa: sotto diversi pseudonimi scrisse un centinaio di corrispondenze da Montale e Pistoia per alcuni giornali fiorentini (La Chiacchiera, L’Italiano, Il Temporale), spaziando su argomenti tra cui spiccavano la difesa del ruolo della guardia nazionale e la polemica anticlericale inquadrata nell’orizzonte liberale (Bini, 2006, p. 14). Tra le iniziative di natura laica in ambito sociale e pedagogico di cui si fece promotore, vi fu l’istituzione, nel 1862, di una scuola serale per ragazzi e adulti nella villa di Malcalo a Montale (durata poi per circa un quindicennio), dove prestò gratuitamente il proprio insegnamento.
In quegli anni fu tra i più attivi esponenti della massoneria pistoiese e il suo nominativo compare nell’elenco dei dignitari della loggia Ferruccio, il 10 maggio 1863, con l’incarico di segretario. In qualità di rappresentante della loggia, partecipò anche alla Costituente massonica italiana tenutasi a Firenze, nel maggio 1864.
Nell’autunno del 1863, a Firenze, uscì una seconda opera satirico-narrativa, L’uomo alla moda (rist. anast., a cura di L. Santanni, Sala Bolognese 1996) iniziata dal 1850, riscritta nel 1859, ma pubblicata solo a unificazione politica ormai avvenuta e con chiaro intento polemico.
Traendo forse spunto dal Giorno di Parini, rappresentò «in chiave ironica e caricaturale, il demi-monde dei salotti fiorentini» (ibid., p. 3). Così scrisse a Comparetti inviandogli l’opera: «Intanto abbiti l’Uomo alla moda, che non vuol essere riguardato come una pura bizzarria, uno scherzo scipito; ha uno scopo morale [...]» (Carteggio Comparetti - Nerucci, 2007, pp. 404 s.).
Risale a questi anni l’interesse sempre più vivo verso lo studio dei dialetti e del linguaggio popolare: anticipato da un articolo in La Nazionenel febbraio 1862, nel gennaio 1865 uscì il Saggio di uno studio sopra i parlari vernacoli della Toscana… (Milano; rist. anast., Sala Bolognese 1978 ), costituito da un vocabolario storico del vernacolo di Montale e da una raccolta di canti popolari di carattere perlopiù amoroso e civile-patriottico.
Nel 1866 nacque una lunga amicizia e collaborazione con Vittorio Imbriani, forse conosciuto negli ambienti massonici e liberali; il carteggio ventennale tra i due (1866-86) è di considerevole importanza per gli aspetti legati alla genesi e all’elaborazione delle novelle montalesi (Coppola, 1964, II, pp. 279 ss.).
Il 23 ottobre 1867 perse la cattedra al Forteguerri per effetto del riordino scolastico previsto dalla legge Casati. Nello stesso periodo, mentre sperimentava alcune traduzioni in versi da Teocrito (non pubblicate), uscirono a stampa le già citate traduzioni anacreontiche, cui seguirono due brevi Ragionamenti sulla lingua italiana (Venezia 1868).
Si inseriva così, a suo modo, nel dibattito sulla questione linguistica scaturito dalla relazione manzoniana Dell’unità della lingua e dei mezzi per diffonderla: a suo giudizio il toscano letterario come lingua unitaria rispondeva a un’‘elezione’ spontanea per alcune sue caratteristiche costitutive, sul modello scientifico darwiniano. Sostenne inoltre il forte tasso di letterarietà del prodotto popolare, in controtendenza rispetto all’esaltazione romantica della spontaneità della letteratura folklorica.
Dal 1869 al 1873 insegnò al collegio Cicognini di Prato, prima come supplente, poi come docente titolare di quarto ginnasio. Il 24 agosto 1871 sposò l’inglese Fanny Caroline Chambers a Prato e nel maggio 1872 ebbe il suo primo figlio, poi scomparso a soli tre anni per una difterite; nel 1877 nacque il secondo, morto anch’egli prematuramente, a 19 anni.
Oltre a dedicarsi alla scuola serale, ai poderi, alle traduzioni e alla pittura, dall’autunno del 1868 iniziò a raccogliere novelle popolari, incoraggiato da Imbriani e da Comparetti che negli anni successivi ne pubblicarono alcune nelle proprie raccolte (Santanni, 2006, pp. 63-81). Il 25 maggio 1873 intervenne alla cerimonia annuale del Cicognini con l’orazione Giuseppe Giusti e la sua satira (poi pubbl. nella Rivista europea di Angelo De Gubernatis); tuttavia, pochi mesi più tardi, il 31 agosto, rinunciò all’insegnamento presso il collegio rassegnando le dimissioni.
Nel 1875, interessandosi agli studi orientalistici, ritrovò il manoscritto della Relazione del viaggio in Tibet di Ippolito Desideri (gesuita pistoiese nato nel 1684), scovandolo tra le carte di Filippo Rossi-Cassigoli. Nei tre anni che seguirono intrattenne quindi un fitto scambio epistolare sull’argomento con De Gubernatis e con il tibetologo Carlo Puini, finalizzato alla pubblicazione del testo, poi non più avvenuta in seguito alla decisione di Rossi-Cassigoli di vendere il manoscritto alla Hakluyt Society di Londra (Santanni, 2006, p. 45). In occasione del congresso degli orientalisti promosso da De Gubernatis nel 1878 a Firenze, reperì inoltre, presso la biblioteca Forteguerri, l’inedito dizionario italo-nubiano compilato da Arcangelo Carradori, missionario pistoiese del XVII secolo.
Oltre alla raccolta di novelle, condotta nella sempre più ritirata vita a Montale, si dedicò in questi anni anche alla memorialistica, stendendo i Ricordi storici del battaglione universitario toscano… sui moti quarantotteschi (Prato 1891), cui seguirono un’Appendice (Pisa 1898), un’Appendice seconda (Pistoia 1900) e una Storia succinta… (ibid. 1905). Finalmente nel 1880 videro la luce le Sessanta novelle popolari montalesi, frutto del lavoro di un decennio, tra raccolta sul campo e rielaborazione linguistico-letteraria.
La scelta di intervenire direttamente sul testo, se andava in controtendenza rispetto all’ondata dei coevi studi folklorici, era d’altronde coerente con le idee linguistiche già espresse nei Ragionamenti, che si distanziavano sia dall’enfasi romantica della spontaneità vernacolare, sia dalla metodologia condivisa all’epoca da raccoglitori di novelle quali Giuseppe Pitré e Imbriani, i quali avevano prescelto l’opzione della stenografia per limitare al massimo l’interpolazione del racconto. Il 25 giugno 1881 uscirono a Pistoia anche le Cincelle da bambini, una raccolta di tredici racconti per l’infanzia in vernacolo montalese, corredate da un vocabolario.
Negli anni successivi, oltre all’impegno nella memorialistica sui moti del 1848, continuò a occuparsi soprattutto degli studi folklorici (ambito verso cui andò a confluire sempre più la sua eterogenea attività di studioso) e a dedicarsi al riordino delle sue carte e al collezionismo di documenti e cimeli del Risorgimento (poi donati a diverse istituzioni pubbliche).
Morì a Montale, nella villa di Malcalo, il 30 dicembre 1906.
Fonti e Bibl.: Oltre alle indicazioni bibliografiche di e su Nerucci (in Santanni, 2006: rispett. pp. 149-159 e 159-162), si vedano: Carteggi di Vittorio Imbriani, I-III, a cura di N. Coppola, Roma 1964 (in particolare: II, Gli hegeliani di Napoli ed altri corrispondenti letterati ed artisti, pp. 279 ss.); M. Pignotti, Massoneria, politica e associazionismo nella Pistoia del secondo Ottocento, in Massoneria e società civile: Pistoia e la Val di Nievole dall’unità al secondo dopoguerra, a cura di F. Conti, Milano 2003, pp. 15-75; G. Bini, introd. a G. Nerucci, Corrispondenza politico-religiosa polemica del tempo che fu, Pistoia 2006, pp. 9-24; L. Santanni, G. N. e le sessanta novelle popolari montalesi, Pistoia 2006; M.L. Chirico - T. Cirillo, Carteggio Domenico Comparetti - G. N., con la collab. di G. Bini, Firenze 2007; G. N. letterato, folklorista, patriota nella cultura toscana dell’Ottocento, Atti del convegno di studi, Montale… 2006, Pistoia 2008.