ghianda
Nella Commedia il senso proprio di " frutto della quercia " è documentato due volte, in rima: Pg XXII 149 Lo secol primo [l'età dell'oro] ... / fé savorose con fame le ghiande (cfr. Met. I 103 ss.); Pd XXII 87 La carne d'i mortali è tanto blanda, / che giù non basta buon cominciamento / dal nascer de la quercia al far la ghianda, cioè, la natura umana è tanto debole nel resistere ai traviamenti, che in terra un'opera santamente iniziata non dura il tempo che corre tra il nascer della quercia e il suo fruttificare (" che è circa venti anni ", come nota il Lana): " i buoni principii di qualunque instituzione non durano insino al pieno sviluppo di questa: l'albero meglio piantato, prima ch'e' porti i suoi frutti, si secca " (Andreoli). Chiosa il Cesari: " Questo poeta tira tutte le cose, le parole e i modi a servire alla sua penna ". Cfr. Pd XXVII 127-135, ove Beatrice espone un concetto analogo.
In Cv I I 8 a coloro che a così alta mensa sono cibati vengono contrapposti quelli che in bestiale pastura vanno mangiando erba e ghiande, per indicare, rispettivamente, quelli che possono accostarsi alla mensa del sapere e quelli che ne sono esclusi. V. anche Galla.