GHILINI, Ghilino (Gelino de Gelino)
Nacque a Ferrara intorno al 1477 da Niccolò, causidico proveniente da una casata patrizia di Alessandria ma stabilitosi a Ferrara, dove aveva ottenuto la cittadinanza.
Il G. ebbe almeno una sorella, Margherita, nel 1505 promessa in sposa a Giovanni Maria Agolanti, e un fratello, Taddeo, notaio all'Estimo del Comune di Ferrara negli anni 1511-12.
Nel 1506 il G. fu nominato podestà di Finale (oggi Finale Emilia), nel 1508 ottenne il canonicato della cattedrale di Ferrara ed entrò presumibilmente in contatto con la corte ducale: l'8 giugno 1510 Alfonso I d'Este lo inviò infatti in missione alla corte francese per chiedere sostegno contro la proibizione papale di produrre sale a Comacchio. Contemporaneamente, il famoso giurista Carlo Ruini fu mandato come ambasciatore presso papa Giulio II, per facilitare una riconciliazione col duca. Il 14 ott. 1514 il G. si addottorò in diritto civile e, grazie al fratello del duca, il cardinale Ippolito (I) d'Este, fu nominato vescovo di Comacchio; in questa veste, presenziò al concilio Lateranense. Pur non essendo entrato formalmente al servizio del cardinale come suo salariato, né avendo dimorato con lui nel suo palazzo alla certosa di Ferrara, fu suo coadiutore al vescovato ferrarese e fra il 1520 e il 1529 ricoprì lo stesso ufficio presso il successore dell'Estense, il cardinale Giovanni Salviati. Sebbene non avesse la qualifica di oratore residente del duca, già dal 1530 il G. si stabilì a Roma con incarichi diplomatici ufficiosi, che comportavano il maneggio di cospicue somme di denaro. Almeno dal 1531 fu invece ufficialmente ammesso come salariato alla corte del principe ereditario Ercole d'Este, mentre per l'incarico a Roma continuava a ricevere una paga di 60 ducati mensili.
Solo nel 1532 lo si trova menzionato come ambasciatore residente a Roma, dove in un primo tempo aveva sfruttato le proprie amicizie alla corte pontificia per mantenere buone le relazioni del duca Alfonso I con il papa e con l'imperatore, nel momento in cui i giudici imperiali curavano la causa che avrebbe deciso la sorte di Modena e Reggio. Le trattative avviate da Matteo Casella ed Enea Pio, ambasciatori ferraresi alla corte di Carlo V, si erano concluse il 3 marzo 1530 con la consegna di Modena in deposito all'imperatore, nominato da Clemente VII e da Alfonso I arbitro della contesa. Si trattò perciò di fugare i sospetti del papa e dell'imperatore sui rapporti diplomatici e di sostegno militare che il duca intratteneva con la Repubblica di Firenze, nonché di guadagnarsi il favore dell'imperatore garantendo l'esecuzione del compromesso del 1530.
Dopo che nell'aprile 1531 il lodo di Carlo V venne pubblicato, rivelandosi favorevole ai duchi di Ferrara, il G. dovette ottenerne la ratifica dal papa. A tale scopo, a fine maggio 1531 fu inviato in suo aiuto Giacomo Alvarotti, ambasciatore ducale a Roma nel 1525, consigliere di giustizia e procuratore ducale al processo per l'investitura su Modena e Reggio. Nel frattempo M. Casella sondava le intenzioni dell'imperatore sull'esecuzione della sentenza emanata. Altro compito affidato a G. Alvarotti e al G. fu la trattativa col papa per la consegna dei 50.000 ducati fissati da Carlo V come prezzo per l'investitura di Ferrara, nonché dei 7000 ducati di censi arretrati sul Ferrarese. Il G. e Alvarotti dovettero attendere il ritorno dalla corte asburgica dell'avvocato concistoriale Fabio Sanese, inviato dal papa per chiedere il riesame della causa e un nuovo arbitrato imperiale. G. Alvarotti ripartì a metà luglio 1531, certo dell'appoggio imperiale; così, mentre il papa in autunno ammorbidiva significativamente le sue posizioni sul lodo, il G. condusse da solo i negoziati, insistendo perché il duca accettasse una dilazione della restituzione di Modena e permettesse l'esazione delle decime sul Modenese e il Reggiano, purché il papa con bolla apposita le riconoscesse terre imperiali. Il G. si adoperò inoltre per la concessione del cardinalato a Ippolito (II) d'Este, che era succeduto nel 1519 allo zio omonimo nell'arcivescovato milanese. Senza aver concluso nulla di definitivo in tal senso, nel marzo 1532 fu bruscamente sostituito da Alfonso Rossetti e nel giugno proseguì alla volta di Milano, con l'incarico di risolvere alcune questioni spirituali per conto di Ippolito (II): doveva decidere sull'associazione d'un convento femminile di Lentaso a un monastero di certosini e consigliare l'arcivescovo sull'aggressiva politica giurisdizionale e beneficiaria del duca Francesco II Sforza.
Il duca, che premeva per l'unione dei due conventi, nell'ottobre 1532 aveva ottenuto con breve pontificio numerosi privilegi per un giuspatronato sforzesco, la collegiata di S. Maria della Scala, prospettandone il diretto assoggettamento a Roma. Il consenso arcivescovile richiesto dal papa per la sottrazione alla giurisdizione diocesana fu negato su consiglio del G., che tuttavia non poté occuparsi, come richiestogli, delle entrate dell'arcivescovato e ripartì nel marzo 1533.
Il G. si stabilì quindi definitivamente a Ferrara nel 1536 e fino al 1553 fu provisionato del duca Ercole II, senza però ricoprire a corte incarichi precisi. Dal 1544 i 40 ducati che percepiva dal duca sei volte l'anno furono ridotti a venti. Nel 1548, in considerazione dell'età avanzata, gli fu assegnato come coadiutore nella diocesi di Comacchio Alfonso Rossetti, che gli successe.
Il G. morì il 21 dic. 1559 a Ferrara, dove fu sepolto nella chiesa di S. Francesco, tradizionalmente legata alla facoltà di diritto dello Studio cittadino. La figlia Margherita ereditò i beni e andò sposa a Giuseppe Gualenghi, dal quale ebbe Domenico. Celio Calcagnini dedicò al G. il suo De verborum et rerum significatione.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Archivio segr. Estense, Cancelleria, Sezione estero, Carteggio ambasciatori, Roma, bb. 33, 34; Ibid., Milano, b. 29; Cancelleria, Raccolte e miscellanee, Carteggi e documenti di particolari, b. 617; Archivio camerale, Contabilità e uffici particolari, Bolletta dei salariati, regg. 39-51, 53-55, 57; Ibid., Camera marchionale, Amministrazione dei principi, Ippolito I, regg. 698, 699, 702, 703, 755, 766, 815; Finale Emilia, Arch. stor. comunale, Delibere della Comunità, vol. 1489-1507; Ferrara, Biblioteca Ariostea, Archivio Pasi, b. 12; Mss., I.221, scat. 3; I.222, scat. 4; G.M. Zerbinati, Croniche di Ferrara quali comenzano del ano 1500 sino al 1527, a cura di M.G. Muzzarelli, Ferrara 1988, pp. 92, 162; G. Ghilini, Annalidi Alessandria…, Milano 1666, pp. 140, 154 s.; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra…, II, Venetiis 1717, pp. 486 s.; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii…, II, Ferrarae 1735, pp. 67, 104; G. Antonelli, Cenni storici intorno ad alcuni canonici della cattedrale di Ferrara esaltati a dignità vescovile, Ferrara 1845, p. 17; G. Pardi, Titoli dottorali conferiti allo Studio di Ferrara nei secc. XV e XVI, Lucca 1901, pp. 114 s.; M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto. Ricostruita su nuovi documenti, I, Genève 1931, p. 189; L. Ughi, Diz. degli uomini illustri ferraresi, Ferrara 1804, pp. 8 s.; G. Gulik - C. Eubel, Hierarchia catholica…, III, p. 173.