PEZZANA, Giacinta
PEZZANA, Giacinta. – Nacque a Torino il 27 gennaio 1841. Il padre, Giovanni, era un negoziante di mobili e falegname e la madre, Carla Tubi, una casalinga. Frequentò come alunna esterna l’Istituto delle suore di San Giuseppe. A 14 anni fu ammessa all’Accademia filodrammatica di Torino, da dove poco dopo venne però allontanata per «mancanza di disposizioni per l’arte».
Fu Carolina Gabusi Malfatti che le propose di frequentare la sua scuola; nel 1859 la Malfatti fondò il Comitato femminile per i soccorsi ai feriti delle patrie battaglie e organizzò varie recite al teatro Carignano nelle quali coinvolse, con buoni risultati, le sue allieve. Lo stesso anno Pezzana recitò al Rossini di Torino in Francesca da Rimini e poi iniziò a lavorare in una piccola compagnia, la Boldrini-Prina.
Nel 1863 sposò il romanziere e drammaturgo Luigi Gualtieri, con il quale ebbe una figlia, Ada.
Alta e magra, capelli neri e ricci, dotata di una bellissima voce e di un’intelligenza acuta, caparbia quanto bastava per non arrendersi davanti a nessuna difficoltà, Pezzana fu una donna ribelle ai compromessi, che visse una forte passione politica e grandi amicizie, molte delle quali nate negli ambienti artistici e dell’emancipazionismo, come quelle con Sibilla Aleramo, Gualberta Beccari, Alessandrina Ravizza e Giorgina Saffi.
Scritturata da Giovanni Toselli per sostituire la sua prima attrice, Adelaide Tesseri, nel 1860 a Milano, debuttò in Guera o pas? di Federico Garelli, nella Compagnia Piemontese. «Molti condannano il teatro dialettale, come se i dialetti fossero una cosa ignobile, mentre essi sono la singola espressione etnica delle diverse regioni di una Nazione» (Lettera a Luigi Rasi, Roma, 7 marzo 1907, cit. in Mariani, 2005, p. 416). Passò come prima donna nella compagnia di Cesare Dondini lavorando con Ernesto Rossi fino al 1865, quando entrò nella più famosa compagnia di Luigi Bellotti Bon.
Gabriella di Émile Augier, Gli onesti di Achille Torelli, Cuor morto di Leo di Castelnuovo, La donna e lo scettico e Vecchie storie di Paolo Ferrari furono i suoi maggiori successi, fino alla magistrale interpretazione della Medea di Ernest Legouvé che la consacrò tra le grandi interpreti del suo tempo: «la richiesta di spettacoli nel XIX secolo era altissima. Il sistema produttivo dell’epoca doveva garantire la realizzazione di almeno cinquanta-sessanta opere nel corso di un anno» (De Pasquale, 2001, p. 29). Pezzana e altri attori dell’epoca, «partecipi ancora dell’arte grande-attorica […], cercarono di prolungarne i moduli aprendosi al verismo e precorrendo così il tempo dei mattatori» (Meldolesi, 2005, p. 12). Dal 1868 al 1870 fu prima attrice nella compagnia stabile dei Fiorentini di Napoli diretta da Adamo Alberti. Nel 1870, guidata dal desiderio di essere indipendente anche come attrice, scelse di diventare capocomica di una sua compagnia con la quale partì in tournée per la Spagna e per l’Argentina. Il successo fu strepitoso.
Pezzana era una donna forte e passionale, patriottica, dava tutta se stessa sulle tavole del palcoscenico, eppure non riuscì a ottenere in patria quel successo che altre attrici ebbero. Così come un’altra grande interprete, Italia Vitaliani, dovette reggere il confronto con la cugina Eleonora Duse, Pezzana dovette competere con la grande Adelaide Ristori anche in Argentina, dove lavorò tra il 1873 e il 1874. Le tournées in America del Sud erano una consuetudine per gli attori dell’epoca. «Ma quella era l’epoca d’oro delle tournées teatrali, quando il cambio altissimo garantiva larghi margini di guadagno, […] era il tempo dei facili entusiasmi di quei popoli ancor ingenui, dall’educazione teatrale ancora in formazione […]. E non c’era compagnia, si può dire, che almeno una volta nel giro del triennio mancasse di fare la sua capatina a Buenos Aires una punta a San Paolo e a Rio de Janeiro» (Tofano, 1985, p. 105).
Tornata in Italia «carica di allori e denari» (Marchis Magliano, 2010, p. 17), Giacinta Pezzana iniziò un nuovo giro di spettacoli teatrali scritturando come primo attore Angelo Diligenti, a cui successivamente si sarebbe legata sentimentalmente.
I Messeni di Felice Cavallotti, Giovanna d’Arco di Vittorio Salmini, ancora Medea, Cleopatra di Luigi Gualtieri, Suor Teresa di Luigi Camoletti; da Venezia ad Atene all’Egitto, il giro artistico era lungo e il repertorio ricchissimo. «D’altro canto il pubblico che affolla i teatri dell’Italia umbertina non può non restare sconcertato di fronte a una personalità tanto anticonformista come quella della Pezzana, che si professa a chiare note repubblicana […] che si rivela capace di provocare, con la sua presenza sulle scene, pubbliche manifestazioni repubblicane e garibaldine» (Ciotti Cavalletto, 1978, p. 109). Scriveva Icilio Polese ne L’Arte drammatica del maggio 1872: «La Pezzana, con quegli occhi che ridono prima della bocca, con quelle labbra che parlano prima della lingua, non si limita a dare colore alle frasi più sbiadite […] dà la sfumatura, il tocco, il rilievo […] il cangiante, se mi è permessa la metafora, a tutta la sua parte» (cit. in Antona Traversi, 1929, p. 119).
Pezzana era capace nel drammatico come nelle parti comiche, passava con disinvoltura dalle commedie di Carlo Goldoni alle tragedie di Friedrich Schiller; eppure la sua carriera non fu facile, anche per il suo carattere e le sue convinzioni che la portarono a non essere molto amata, soprattutto dai critici.
Nel 1876 diresse la compagnia Vincenzo Papacena e, fallita questa esperienza, passò alla direzione della compagnia sociale Leopoldo Vestri. Nel giugno dello stesso anno fu al teatro Cressoni con Medea e Cuor morto. Terminato il contratto triennale con Diligenti, Pezzana formò una nuova compagnia. Nel 1879 fu scritturata dalla Edoardo De Vivo-Crescenzo Di Majo, al teatro dei Fiorentini a Napoli, come prima donna, mentre primo attore era Giovanni Emanuel con il quale non ci fu mai affiatamento, né un buon rapporto. Assunse poi la direzione della compagnia Roberto Pancrazy, mettendo in scena Teresa Raquin di Émile Zola e portando sul palco con lei Eleonora Duse. Il successo fu eccezionale e il capolavoro di Zola divenne un suo grande cavallo di battaglia. «La parte della madre si direbbe scritta per la Pezzana […] severa, dolce, affettuosa, terribile, sempre vera e in tutto l’ultimo atto è grande, inarrivabile, sublime» (L’Arte drammatica, 2 agosto 1879, cit. in Marchis Magliano, 2010, p. 49).
Scritturata come prima attrice dalla Drammatica Compagnia della città di Torino diretta da Cesare Rossi, non soddisfatta, lasciò il gruppo a fine carnevale del 1881 sostituita da Eleonora Duse. Tra le sue interpretazioni di questo periodo si distinguono La signora delle camelie di Alessandro Dumas figlio, Maria Stuarda di Friedrich Schiller, Suor Teresa, Elisabetta Regina d’Inghilterra di Paolo Giacometti, Casa nuova di Victorien Sardou e nel repertorio anche «una nuova opera di Albert Delpit, Il figlio di Coralia, dramma-denuncia contro lo sfruttamento delle donne, recitato con passione e grande afflato» (p. 49). Nel febbraio del 1881 si impegnò di nuovo in una sua compagnia, che non ebbe però grande successo di pubblico.
Nel 1882 tornò a recitare con Diligenti in una compagnia che partì il 22 gennaio per l’America del Sud. Se fino allora era stata accompagnata dal marito nei suoi viaggi, questa volta partì senza di lui e a quell’epoca risalirebbe l’inizio della sua relazione d’amore con Diligenti, che terminò quattro anni dopo. In Argentina non registrarono grande successo di pubblico; a ogni modo fu durante la tournée, il 30 giugno, che la figlia Ada sposò un commerciante di Montevideo, Pietro Garavagno. Pezzana tornò in Italia il 4 marzo 1883.
Nel 1887, avvertendo il declino, si ritirò a Catania con il nuovo compagno, il garibaldino Pasquale Distefano; per diversi anni si tenne lontana dalle scene, misurandosi però con la scrittura di novelle e del romanzo Maruzza (1893). Nel 1894 decise il ritorno al teatro, a 53 anni e senza, tuttavia, che in questi anni si registrino eventi particolari.
Nel 1898 Pezzana e Alfredo De Sanctis furono scritturati dal critico Domenico Lanza al teatro d’Arte di Torino che aveva sede nel Politeama Gerbino e che aprì il cartellone, il 27 febbraio 1898, con I Borgia di Pietro Cossa. Negli anni seguenti non venne meno la sua propensione per i continui spostamenti: dopo essersi scontrata con il fallimento del suo progetto, che non trovò sostenitori, di recarsi in tournée a Parigi per recitare Dante in occasione dell’Esposizione universale del 1900, si recò l’anno successivo ancora a Montevideo. Tornata in Italia nel 1902, sette anni dopo s’imbarcò di nuovo, stavolta per il Brasile. Nel 1910 a Buenos Aires diresse la compagnia di Guillermo Battaglia al Nacional Norte con l’incarico di creare un teatro nazionale americano, progetto che fallì miseramente convincendola a trasferirsi dalla figlia a Montevideo. Il presidente uruguayano José Batlle y Ordonez le affidò il compito di fondare e dirigere la Escuela experimental de arte dramático. Tornata in Italia nel 1914, girò per la Morgana Film, Teresa Raquin con la regia di Nino Martoglio. La guerra bloccò le produzioni e, dopo aver aiutato economicamente la figlia, Giacinta, rimasta vedova e vittima di una truffa, finì in povertà ammalandosi gravemente. «Cara Rina, stando alle biografie di personaggi illustri […] celebri, hanno sempre avuto momenti di penuria! Consoliamoci! Noi siamo illustri e celebri! A parte la modestia, abbiamo diritto al Diploma! Di… spiantate! E quindi di personaggi illustri!... accidenti!!!». Questa una delle sue ultime lettere all’amica Aleramo (Lettera a Sibilla Aleramo, 17 gennaio 1917, cit. in Mariani, 2005, p. 511). La fiera e indomita Pezzana trascorse i suoi ultimi giorni ad Aci Castello (Catania), dove morì il 4 novembre 1919.
«Ebbene, io non mi lamento della mia vita e della mia carriera e non so proprio perché debbano soffrirne gli altri […]. Io sono ormai una dimenticata. Dopo morta, le mie ossa non avranno neppure l’onore d’una tomba» (cit. in Lancellotti, 1945, p. 217).
Fonti e Bibl.: C. Antona Traversi, Le grandi attrici del tempo andato, I, Torino 1929, pp. 107-215; A. Lancellotti, I sovrani della scena, Roma 1945, pp. 193-217; A. Camilleri, I teatri stabili in Italia (1898-1918), Bologna 1959, p. 19; G. Ciotti Cavalletto, Attrici e società nell’Ottocento italiano, Milano 1978, pp. 102-114; S. Tofano, Il teatro all’antica italiana e altri scritti di teatro, a cura di A. Tinterri, Roma 1985; F. Possenti, I teatri del primo novecento, Roma 1987, p. 11; E. De Pasquale, Il brillante si fa ragionatore. Claudio Leigheb e il teatro dei ruoli, Roma 2001, pp. 29, 115; L. Mariani, L’attrice del cuore. Storia di G. P. attraverso le lettere, Firenze 2005; C. Meldolesi, Fondamenti del teatro italiano. La generazione dei registi, Firenze 2005, p. 12; E. Marchis Magliano, G. P. e Angelo Diligenti. Storia d’arte e d’amore nel teatro drammatico dell’Ottocento, Boves 2010.