CORNACCHIOLI, Giacinto
Nato ad Ascoli Piceno intorno al 1599 da famiglia di agiate condizioni, ricevette la sua prima educazione musicale nella città natale e dal 1607 entrò a far parte della cappella della cattedrale come cantore. Nel giugno 1612, a soli 13 anni, fu assunto come organista sempre nella cattedrale di Ascoli Piceno e mantenne tale posto probabilmente fino al 1629, salvo una interruzione tra il 28 dic. 1615 e il 28 dic. 1616. La sua fama di esecutore si consolidò ben presto e superò i confini della sua città, tanto che nel 1629 lo troviamo a Roma, forse presso i Barberini, al cui servizio sarebbe rimasto per alcuni anni rafforzando la sua probabile posizione di musicista di corte.
La permanenza presso i Barberini, protagonisti della vita musicale romana, determinò il suo interesse per il teatro musicale, che proprio a Roma andava assumendo in quegli anni una nuova fisionomia legata al gusto spettacolare della scenografia barocca e si orientava verso strutture musicali più strettamente soggette agli ideali dei primi drammi fiorentini. Fu in questo periodo infatti che il C. si dedicò alla composizione anche se limitata probabilmente ad una sola opera, la Diana schernita l'unica di cui si abbia notizia - fatta rappresentare a Roma il 6 giugno 1629 in casa del barone Giovanni Rodolfo di Hohen-Rechberg. Il lavoro, una favola boschereccia in cinque atti, ispirato ad un episodio delle Metamorfosi di Ovidio su libretto dell'ascolano G. F. Parisani e pubblicato a Roma nello stesso anno presso G. B. Robletti, fu dedicato a Taddeo Barberini, nipote di Urbano VIII.
In seguito, in un periodo non precisato ma comunque anteriore al 1635, il C. si recò a Vienna, forse chiamatovi da quella corte dopo il successo ottenuto con la Diana schernita, e successivamente entrò al servizio della corte di Monaco di Baviera dove ricoprì la carica di maestro di cappella, "musico" e insegnante di canto; entrato in seguito al servizio dell'arciduca d'Austria Leopoldo Guglielmo, dal 1640 al 1642 fu più volte in Italia per ingaggiare musicisti e per procurare materiale musicale per la sua corte, come testimoniano diciassette lettere inviate dal C. all'arciduca e al suo consigliere conte Maximilian Hermann von Attimis e conservate nello Staatsarchiv di Vienna (Antonicek). Nello stesso periodo entrò in trattative con G. Carissimi e F. Foggia (che sin dal 1631 si trovava al servizio dell'arciduca Leopoldo Guglielmo) per ottenere il posto di maestro di cappella, ma non riuscì nell'intento e a nulla servirono le raccomandazione dell'amico G. Chiavarino.
Sappiamo da una sua lettera del 6 dic. 1642 che era suo desiderio entrare nel monastero cisterciense di Heiligenkreuz nella Bassa Austria, ma il suo nome non compare nei registri del monastero ed è probabile che vi abbia rinunciato per proseguire la sua carriera musicale; mancano comunque notizie sulla sua vita e sulla sua attività fino al 1651, anno in cui lo troviamo ad Ascoli Piceno quale maestro di cappella della cattedrale. Fu poi nuovamente a Roma e il suo nome compare tra i testimoni del testamento dì L. Rossi in data 23 febbraio 1653. Nel 1657 fu per un anno maestro di cappella della chiesa metropolitana di Fermo e fece poi ritorno ad Ascoli Piceno, dove, ripresa la sua attività nella cappella musicale della cattedrale, rimase sino alla morte, avvenuta dopo il 1° sett. 1673.
Apprezzato in vita come eccellente maestro di canto, la sua fama è oggi legata alla Diana schernita, che era stata prescelta per allietare il pubblico aristocratico della Roma barocca durante le sfarzose feste del carnevale del 1629. Appartenente al genere bucolico e mitologico in auge nei primi decenni del secolo XVII e legata agli schemi formali delle prime opere fiorentine, la Diana schernita è considerata una delle prime testimonianze di teatro comico nell'ambito dell'esperienza musicale barocca; in essa il mondo mitico e fantastico del dramma pastorale fiorentino viene trattato parodisticamente e secondo gli schemi più frivoli ed appariscenti della nascente opera comica. In particolare il Rolland, dopo aver sottolineato come la Diana schernita non fosse ancora una commedia di costume, la definì una "plaisanterie" mitologica, legata piuttosto al gusto del Rinascimento. In essa si rilevò una certa mediocrità nel trattamento delle arie e scarsa capacità d'espressione comica nei recitativi, difetti tuttavia riscattati dalla bellezza dei cori, in cui la fantasia del compositore seppe elevarsi non di rado a livelli espressivi di grande intensità emotiva. Ancora legata a schemi formali di ascendenza fiorentina, soprattutto nei recitativi, l'opera presenta, anche se in maniera discontinua, alcune arie di ottima fattura spesso sviluppate in più parti e interrotte da ritornelli strumentali e soprattutto cori omofoni e polifonici a quattro e sei voci non privi d'interesse e tali comunque da giustificare la fama raggiunta dal C. in un genere cui peraltro - a quanto è dato sapere - si dedicò incidentalmente senza ulteriori tentativi che avrebbero potuto confermare il suo naturale talento e la predisposizione per il teatro musicale, forma spettacolare per eccellenza e di maggior prestigio nell'Italia musicale barocca.
L'unico esemplare a stampa dell'opera per canto e basso continuo è conservato nella biblioteca del conservatorio di S. Cecilia in Roma. Alcuni brani dell'opera in edizione moderna sono stati pubblicati da H. Goldschmidt, I, 1901, pp. 185 ss., e in V. Frajese G. C. di …, pp. 23-29. Nulla si conosce di altre composizioni del C., dedito - come si è detto - all'insegnamento del canto e all'attività di maestro di cappella; secondo il Frajese sue opere di carattere sacro di notevole valore stilistico e interessanti sotto il profilo melodico si troverebbero nell'archivio della cattedrale di Ascoli Piceno; si tratta tuttavia di manoscritti anonimi attribuiti al C. per certe caratteristiche proprie del suo stile.
Bibl.: F. M. Rudhardt, Gesch. der Oper amHofe zu München, Freising 1865, p. 28; G. Castelli, L'istruz. nella provincia di Ascoli Piceno, Ascoli 1899, p. 320; H. Goldschmidt, Studienzur Gesch. der italien. Oper im 17. Jahrhundert, I, Leipzig 1901, pp. 35 ss., 185 ss.; L. Virgili, La cappella musicale della chiesa metropolitana diFermo, in Note d'arch. per la storia della musica, VII (1930) pp. 66 s.; R. Rolland, Histoire de l'opéra en Europe avant Lully et Scarlatti, Paris 1931, pp. 158 ss.; A. Ghislanzoni, L. Rossi, Milano-Roma 1954, p. 157; V. Fraiese, G. C. di AscoliPiceno nell'inizio del Seicento musicale romano, in Rivista filarmonica ascolana, I (1955), pp. 2031; G. Fabiani, Artisti del Sei-Settecento inAscoli, Ascoli 1961, pp. 237-245; H. Knaus, DieMusiker im Arch-Bestand des kais. Obersthofmeisteramtes (1637-1705), I, Wien 1967, p. 40 (sub voce Cerrozioli); R. Eitner, Quellen Lex. der Musiker,III, pp. 56 s.; Encicl. dello Spett. III, col. 1459; Th. Antonicek, G. C., in Die Musik inGesch. und Gegenwart, XIV, Suppl., Kassel 1973, coll. 1589 s.; Id., in The New Grove Dict. ofMusic and Musicians, III, London 1980, pp. 778 s.