FOSSOMBRONI, Giacinto
Nacque ad Arezzo il 3 dic. 1722 da Anton Maria, patrizio aretino, e da Teresa dei marchesi Bagnesi Bellincini.
La famiglia, oriunda di Fossombrone e originariamente denominata Pellegrini, si era trasferita ad Arezzo alla fine del sec. XIV. Ottenuta la cittadinanza nel 1464 in persona di Bartolomeo di Antonio, era stata dichiarata abile al gonfalonierato nel 1597. Nel 1615 era salita alla dignità di questa carica con Guido di Giovan Battista, e quindi era stata riconosciuta patrizia di Arezzo con decreto 23 ag. 1756 (il titolo comitale verrà concesso da Napoleone al figlio del F., Vittorio).
Il F., dopo i primi studi nel collegio "Tolomei" di Siena, compì quelli superiori a Roma, presso il Collegio Romano. Ivi si dedicò con straordinario impegno alle scienze esatte, distinguendosi in matematica, in fisica, e particolarmente in astronomia, disciplina nella quale collaborò per alcuni importanti esperimenti con R.G. Boscovich, prendendo anche parte a certe osservazioni solari che vennero effettuate nell'ambito del Collegio Romano. Morto il padre, fu costretto ad abbandonare gli studi per rientrare ad Arezzo e assumersi le sue responsabilità in seno alla famiglia e alla comunità. Nel 1746 si unì in matrimonio con Lucilla Albergotti Siri di Arezzo, che gli diede sette figli, dei quali solo due sopravvissero, Vittorio e Maria Angiola, poi monaca carmelitana a S. Teresa in Firenze.
Gli studi romani, anche se avevano privilegiato le scienze, gli avevano fornito pure una ottima preparazione di latino e di storia, con particolare riguardo per quella ecclesiastica (liturgia e teologia), nonché buone nozioni di paleografia e diplomatica. Così, pur assorbito dalle cure della famiglia e del patrimonio e dalle cariche civiche, egli rivolse la sua attenzione agli archivi locali, particolarmente a quelli ecclesiastici, che giacevano nel più grande abbandono.
Nel 1745 il capitolo della cattedrale affidò a lui e al suo amico e compagno di studi G.F. De' Giudici il compito di riordinare e catalogare i materiali del suo archivio: fu un lavoro di anni che portò allo spoglio e all'esame di oltre 2.000 pergamene (fra cui circa 170 bolle e diplomi papali e imperiali di notevole antichità, alcuni del secolo VIII), di ognuna delle quali il F. compilò un'accurata sinossi, fornendo una classificazione che è ancor oggi conservata. Da tale attività egli fu indotto ad approfondire la storia medioevale della sua città e quella delle arti locali e l'araldica. Questo primo impegno, assai apprezzato, gli attirò come naturale continuazione l'incarico di occuparsi degli archivi di altre antiche chiese, monasteri e luoghi pii di Arezzo, e di redigere la sinossi di ogni documento, talché la mole del lavoro, lodato da L.A. Muratori, divenne davvero ingente, come appare dal manoscritto Monumenta pro ecclesiis et monasteriis Arretinis, esistente presso l'Archivio capitolare cittadino (Memorie diverse, III, n. 71), e in copia a Venezia, presso la biblioteca di S. Michele di Murano (cod. 1082). Nell'intenzione del F. e del De' Giudici quel materiale avrebbe dovuto costituire parte di un'ampia Historia ecclesiastica che però non venne mai scritta.
Il campo d'azione del F. si estese anche fuori di Arezzo, specialmente nella biblioteca e nell'archivio dell'eremo di Camaldoli: egli fornì ai compilatori degli Annales Camaldulenses ampie documentazioni per sostenere i privilegi della Chiesa aretina (Annales Camaldulenses, I, Praef., p. 15; II, p. 345; IV, pp. 72, 105). Di indole modesta, il F. rinunciò comunque a pubblicare una sua storia di Arezzo, servendosi delle conoscenze e della documentazione di cui era fornito per arricchire di aggiunte e di annotazioni, con una lucida revisione critica dei punti controversi, la Relazione di Giovanni Rondinelli sopra lo stato antico e moderno della città di Arezzo (Arezzo 1755). La fama di profondo conoscitore di documenti relativi alle vicende politico-territoriali della zona indusse il governo granducale a sollecitare la sua collaborazione e quella del De' Giudici per sostenere diritti confinari nelle controversie con Anghiari e con Cospaia.
Il F. non aveva tuttavia del tutto rinunciato ai suoi interessi scientifici, tenendo in casa sua sedute di osservazione astronomica e riunendo quasi ogni sera amici dotti in varie discipline, per conversazioni che si trasformarono in una sorta di piccola accademia privata. Egli fu anche arcade col nome di Caritesio Amicleo, e in tal veste dal 1760, appoggiato dal vescovo I. Inghirami che ospitò le sedute nel suo palazzo, organizzò riunioni della colonia arcadica locale che, per sei volte all'anno, si occupassero non di poesia, ma di argomenti scientifici e filologici. In letteratura e nelle arti figurative il F. ebbe preferenze abbastanza autonome dai gusti correnti del suo tempo, anteponendo Dante al Petrarca e Michelangelo a Raffaello.
Quando nel 1799 Arezzo venne investita dalle armate francesi, il F. non volle lasciare la città come aveva fatto gran parte del patriziato, onde subì tutte le durezze della situazione, dalle imposizioni forzose alle confische, fino al saccheggio del suo palazzo e alla fame. Visse per molti giorni degli avanzi di un ufficiale francese alloggiato presso di lui e dei soccorsi dei suoi antichi servitori, vantandosi tuttavia di "non aver perso né il sonno né l'appetito".
Il F. morì ad Arezzo il 19 genn. 1801 e venne sepolto nella chiesa suburbana dei cappuccini, dove fu apposta un'epigrafe dettata dall'abate L. Lanzi.
Fonti e Bibl.: Novelle letterarie (Firenze), VIII (1747), coll. 326 ss. (sul lavoro del F. nell'Archivio capitolare); XXI (1760), col. 397 (sulle sedute scientifiche della colonia arcadica di Arezzo); Raccolta d'opuscoli scient. e letterari (Venezia), XLVII (1752), p. 167 (su alcuni errori di F. Ughelli sulla storia di Arezzo corretti dal F.); D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana…, I, Firenze 1805, p. 393; G.A. Angelucci, Stanze dell'abate G.A. Angelucci, con documenti e note a illustrazione della città e degli uomini celebri di Arezzo…, Pisa 1816 (alle pp. 1-18 stanze in memoria del F.; alle pp. 21-32 elogio del F.); F. Gherardi-Dragomanni, Biografiadi G. F. di Arezzo, Lucca 1840; F. Inghirami, Storia della Toscana, XV, Fiesole 1843, p. 294; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri…, VI, Venezia 1838, pp. 23-26; Documenti per la storia della città di Arezzo…, a cura di U. Pasqui, IV, Arezzo 1904, p. VIII.