GIGLI, Giacinto
Nacque a Roma, nel rione Pigna, il 23 nov. 1594. Di famiglia benestante appartenente alla classe media romana, fu l'unico figlio di Giovambattista e di Plautilla Bongiovanni, che era figlia di Cesare e di Settimia Mileti e nipote di Alessandro Mileti, referendario della Segnatura.
Fu battezzato il 27 nov. 1594 nella chiesa di S. Marco e abitò sin dall'infanzia alle Botteghe Oscure, vicino alla chiesa dei Polacchi. Frequentò le classi di grammatica, di umanità e di retorica del Collegio romano, distinguendosi come uno degli allievi più diligenti e brillanti. Dall'età di 18 anni si dedicò privatamente, sotto la guida del giurista Angelo Luciano, agli studi di legge; si laureò il 1° dic. 1616 presso l'archiginnasio della Sapienza di Roma in utroque iure, conseguendo il titolo di "dottore nelle raggioni papali et imperiali".
Il padre del G. morì il 31 ott. 1616, dopo aver ricostituito il patrimonio di famiglia, che suo padre Orazio aveva dilapidato, e dopo aver provveduto ad accasare decorosamente le sue sorelle. Il G. si ritrovò così erede di un patrimonio di circa 13.000 scudi, che seppe ben amministrare e accrescere. Egli stesso affermava di essere proprietario di una vigna fuori porta S. Giovanni e di numerose case in città.
Il 3 marzo 1619, dopo una lunga e complessa trattativa, il G. sposò Virginia, figlia del medico Attilio Lucci e sorella di Giovanni Battista, che sarebbe stato per circa un anno, nel 1650-51, segretario di Camillo Astalli, cardinal nipote di Innocenzo X. Virginia portò al G. una dote di 3500 scudi e gli diede cinque figlie: Maria Flaminia, nata il 2 febbr. 1620 e morta di vaiolo a 19 mesi; Faustina (morta nel 1697 all'età di 75 anni circa); Paola Camilla, nata il 1° luglio 1623; Demetria Margherita, morta nel 1677; e Maria Cecilia Ortensia (morta nel 1649 intorno ai 15 anni).
Con il matrimonio si interrompe l'autobiografia del G. (Vita di Giacinto Gigli vigile romano da lui stesso descritta e cominciata l'anno 1614). Da quel momento egli non scrisse più esclusivamente di se stesso e della propria famiglia, ma cominciò a occuparsi delle vicende della città.
Nell'opera per la quale è rimasto famoso, le Memorie di Giacinto Gigli di alcune cose giornalmente accadute nel suo tempo, più conosciuta come Diario romano, egli descrive, dal suo punto di vista di cittadino benestante, pacifico e timorato di Dio, più volte insignito di cariche pubbliche, vicende a lui contemporanee a cui direttamente ha partecipato o di cui viene a conoscenza.
Il suo racconto non ha certamente le caratteristiche di approfondimento dell'opera storica e il suo punto di vista è piuttosto limitato; ciò che accade fuori dalle mura della città sembra non interessarlo. Egli fornisce tuttavia notizie e dettagli preziosi sulla vita quotidiana della Roma del Seicento, su ciò che avviene dietro le quinte della vita istituzionale, oltre ad alcune informazioni concernenti la sua stessa attività pubblica.
Da questa fonte si apprende che il G., negli anni 1631-44, fu per sette volte "caporione" (sei volte per il rione Campitelli e una volta per il rione Ponte) e per tre volte priore dei caporioni (entrambe le cariche avevano durata trimestrale). In tale veste fece parte della delegazione che nel settembre 1641 offrì a Urbano VIII il contributo della città - che si impegnava a pagare un terzo della fanteria - alle spese della guerra contro il duca di Parma Odoardo Farnese per i territori di Castro e Ronciglione.
Durante la sede vacante per la morte di Urbano VIII (1644) il G. si occupò, in qualità di caporione di Campitelli, dell'apertura delle carceri di Campidoglio e della liberazione dei detenuti.
Per un antico privilegio era consuetudine che, in occasione della Sede vacante, il "popolo" di Roma aprisse le porte delle prigioni e liberasse i detenuti per cause civili; erano esclusi da tale beneficio i detenuti accusati di reati più gravi, che le autorità pontificie provvedevano a far trasferire tempestivamente in Castel Sant'Angelo.
Ancora come caporione il G. partecipò, il 23 nov. 1644, alla cavalcata per la presa di possesso del Laterano da parte del nuovo papa Innocenzo X. Dal Diario risulta inoltre che nel 1625 fu gravemente malato; a partire dal 1655 inoltre ridurre notevolmente le sue attività per un forte abbassamento della vista, che negli ultimi anni lo ridusse quasi alla cecità. Sembra poi che negli ultimi mesi di vita egli abbia perso anche la memoria.
Il G. morì l'11 dic. 1671 e fu sepolto nella tomba di famiglia nella chiesa di S. Maria sopra Minerva.
Opere: Vita di Giacinto Gigli vigile romano da lui stesso descritta e cominciata l'anno 1614 (Roma, Biblioteca nazionale, Varia 45; Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 8717, cc. 549-668); Memorie di Giacinto Gigli di alcune cose giornalmente accadute nel suo tempo… (Roma, Biblioteca nazionale, Vitt. Em. 811, cc. 1-528; Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 8717, cc. 1-547). Le Memorie sono l'unica opera del G. finora pubblicata: G. Gigli, Diario romano, 1608-1670, a cura di G. Ricciotti, Roma 1958.
Il G. inoltre è autore di: Selva di varia scrittione (Bibl. apost. Vaticana, Ottob. lat. 2976, cc. 1-343), opera erudita contenente una serie di scritti di vario argomento (pietre preziose; astronomia e astrologia; monete e stemmi papali, corredati di disegni dell'autore; elenchi di papi; notizie sulle loro famiglie; alfabeti cifrati; ecc.); Cronologia dei patrizi, consoli, senatori, conservatori e caporioni della città di Roma (Roma, Bibl. nazionale, Sess. 334, cc. 1-212); Racconto della sua nomina a caporione di Campitelli (ibid., cc. 213-220); Memorie cavate dai libri di Antonio Canfora… (ibid., cc. 233-239); Elenchi dei consiglieri ed ufficiali del Comune di Roma… (ibid., cc. 241-312); Cronologia romana, in 3 libri (Sess. 375); una serie di componimenti in rima, generalmente occasionali o encomiastici e di scarso valore letterario: Elogi delli pontefici romani in ottava rima (Sess. 359, cc. 1-129); Varie sorti di versi volgari che rispondono a molte sorti di versi latini con esempi et sillabe di ciascuno (Sess. 587, cc. 289-292); La gloria Barberina, canzone in lode della santità di Urbano VIII (Sess. 359, cc. 137-145; Bibl. apost. Vaticana, Barb. lat. 3830, cc. 1-17), esemplare riccamente illustrato e decorato a penna dal Gigli.
Fonti e Bibl.: V. Armanni, Della nobile et antica famiglia de' Capizucchi, Roma 1668, p. 11; Id., Ragguaglio… per appendice alla… historia pubblicata in Roma l'anno 1668 Della nobile et antica famiglia de' Capizucchi, Roma 1680, p. 136; P. Mandosio, Bibliotheca Romana, seu Romanorum scriptorum centuriae, I, Romae 1682, pp. 136-138 (attribuisce al G. altre opere); F. Cancellieri, Storia de' solenni possessi de' sommi pontefici da Leone III a Pio VII, Roma 1802, ad ind.; A. Ademollo, G. G. e i suoi diari del secolo XVII, Firenze 1877; G. Ricciotti, G. G.: la vita e gli scritti, il Diario, in G. Gigli, Diario romano, 1958, cit., pp. 1-18; L. von Pastor, Storia dei papi, XII, Roma 1950; XIII, ibid. 1965, ad indices; L. Nussdorfer, Civic politics in the Rome of Urban VIII, Princeton 1994, pp. 109-114; Enc. Italiana, XVII, sub voce.