ALBORESI, Giacomo
Pittore quadraturista e decoratore, nato a Bologna nel 1632 da Giovanni Francesco e da Angelica Capponi. Ebbe come primo maestro Domenico Santi, sotto il quale lavorava diciassettenne, dedicandosi soprattutto a miniare uccelli, quando lo conobbe O. C. Malvasia, che gli fu poi amico e biografo. Passò quindi presso Agostino Mitelli, che lo instradò all'affresco decorativo e lo aiutò, fornendogli disegni e procurandogli commissioni. Nel 1659 sposò la figliastra del Mitelli e, dopo la morte del maestro (1660), fu considerato l'erede e continuatore del gusto decorativo che quello aveva creato, benché si limitasse a ripetere gli schemi e le forme da ornatista diligente e senza fantasia. Con grande rapidità dipinse ad affresco innumerevoli finte architetture e ornati in chiese e palazzi. Apprezzato anche per grandi decorazioni scenografiche in occasione di feste principesche e apparati solenni, lavorò a Parma per le nozze del duca Ranuccio Il e per la monacazione di una principessa Farnese, a Firenze per le nozze (1661) di Cosimo (III) de' Medici con Margherita Luisa d'Orléans, dipingendo, con altri, una grande facciata provvisoria per S. Maria del Fiore. Fu compagno, come figurista, prima del guercinesco Fulgenzio Mondini, poi dei due maggiori frescanti bolognesi del tempo, Domenico Maria Canuti e Angelo Michele Colonna, il quale ultimo, dopo le incertezze e i tentativi seguiti alla morte del Mitelli, lo prese come compagno fisso dal 1663. Fra le opere più importanti dell'A., ancora esistenti, ricordiamo: a Firenze, gli affreschi nella villa Capponi al Colonnato (in collaborazione col Mondini e, morto questo, con Giulio Cesare Milani); affreschi nel pal. Niccolini, col Colonna (1663); a Bologna: in S. Petronio, gli affreschi della cappella di S. Antonio, col Mondini; in casa Fabbri (ora Mentasti), una sala affrescata col Mondini e Gian Battista Caccioli; in pal. Fibbia (ora Calzolari), il vestibolo della cappella, col Canuti; in pal. Zambeccari (ora Banca popol. di credito), una sala con l'Olimpo, figurista il Canuti (1664); in S. Giacomo Maggiore, affreschi nella sesta cappella destra, col Colonna; in S. Bartolomeo, la volta della chiesa, col Colonna (1667); in palazzo Cospi (ora Ferretti), due belle sale, col Colonna (1670 circa); nei dintorni di Bologna, a Zola Predosa, sei sale del palazzo Albergati (ora Theodoli Braschi), col Colonna, dal 1665.
Morì il 9 febbraio 1677.
Bibl.: Bologna, Bibl. Com. d. Archiginnasio, ms. B. 128: M. Oretti, Notizie dei Prof. del Disegno, VI, pp. 368-374; O. O. Malvasia, Felsina Pittrice, Bologna 1678, II, pp. 405, 422-432; III, pp. 61 s.; S. De Vito Battaglia, Note su A. M. Colonna, in L'Arte, XXXI (1928), pp. 25-27; V. Golzio, Il Sei e il Settecento, Torino 1950, p. 204; O. Ricci G. Zucchini, Guida di Bologna, Bologna 1950, pp. 17, 46, 88, 126, 136, 148, 207; U. Thieme F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Kunstler, I, p.230 (con altra bibl.).