ANTONINI, Giacomo
Nacque in Prato Sesia presso Romagnano, il 29 ott. 1792, da Giovanni, notaio, e da Francesca Bozzi di Crevalcuore. Entrato a 15 anni nel Collegio militare di Pavia e promosso l'anno successivo ufficiale dal viceré Beauharnais, compì il servizio in Dalmazia (1811) e fece quindi la campagna di Russia. Scarse le notizie della sua partecipazione alla guerra di Germania del 1813: valoroso a Lützen, prigioniero evaso e promosso capitano, comandò uno dei "corpi perduti", distaccamenti che attaccavano comunque l'avanzata nemica. Ferito ed ancora prigioniero diede allo zar, nella cui guardia rifiutò di entrare, ingannevoli informazioni prima della vittoria napoleonica di Bautzen, conosciuta la quale fuggì mentre lo si deportava in Siberia; per questo ebbe da Napoleone la Legion d'Onore e il grado di tenente colonnello. Catturato nuovamente, ancora evaso ed ancora ripreso in uno dei tanti combattimenti di punta, sfuggì alla deportazione definitiva, trovando ospitalità in Polonia.
In Italia nel 1815 fu persuaso da breve esperienza cospirativa che, per il momento, era impossibile operarvi proficuamente; tornò quindi in Polonia, e qui, dopo avere esplicato altre attività, si arruolò (1824) nell'esercito come maggiore. Così nel 1830 poté far sentire il peso della sua azione a favore degli insorti, distinguendosi in vari fatti d'arme, specie a Cracovia, dove aveva fatto trionfare la rivolta. Ferito e decorato della "virtuti militari", difese la prima linea di Varsavia; non avendone consentito la resa, fu condannato a morte dai Russi e dovette spostarsi in Francia, Belgio ed altri paesi, con la seconda moglie, Tecla De Laska. Si affratellò alla Giovine Italia, conoscendo, probabilmente in Svizzera, il Mazzini e collaborando alla preparazione militare della spedizione di Savoia (1834) come esponente degli esuli polacchi e designato a far parte del governo provvisorio.
Poi se ne perdono le tracce; si sa che fu in Egitto (1839), ma lo si ritrova attivo nei tentativi e organizzazioni del quinquennio 1840-1845, in cui, profilandosi unacrisi internazionale e forse una guerra europea, il Mazzini era spinto ad agire per innestarvi un'azione italiana.
Con Mazzini, come con altri delle organizzazioni dell'emigrazione (Bianco, Ardoino, Ricciardi), l'A. era in relazione (1841) a Marsiglia: concepì, ma non realizzò, mancandogli i mezzi e i consensi potenti che cercava, progetti di spedizioni armate ovunque supponeva una speranza d'agire, come una spedizione di ufficiali dalla Spagna nelle Due Sicilie. Mazzini, pur pressato dall'A., non approvò tale spedizione, come invece Ardoino e Fabrizi, e il suo giudizio sull'A. era che si trattava di un impulsivo e magari di un illuso, pur non escludendo di giovarsene. Per questo è da escludere che l'A. sia stato affiliato alla nuova Giovine Italia risorta nel 1839; nemmeno è probabile che l'A. abbia fatto parte della "Società dei vendicatori del popolo", setta anarcoide.
Il governo francese prese a pretesto un moto di Marsiglia (24 marzo 1841), dovuto ad estremisti poco scrupolosi, per espellere dalla città gli esuli italiani, tra cui, pare, l'Antonini. Vi ritornò nel settembre 1843 quando il lungo lavoro di Fabrizi, Ardoino, Ribotti fra i militari italiani fece sperare in una effettiva possibilità d'azione nel sud d'Italia. Difatti ne ripartì subito e nel novembre 1843 si introdusse in Sicilia, dove l'A. con lo Zambeccari cercò di organizzare le fila della cospirazione in Catania, in Messina e altrove. L'arresto dell'A. (maggio 1844), anteriore all'impresa dei Bandiera, del giugno, portò un duro colpo alle possibilità d'azione nell'isola. Tradotto a Napoli, vi fu aiutato dalla Giovine Italia, che aveva concluso un accordo d'azione in linea generale con la Legione italiana del Fabrizi.
Liberato forse ad arte dall'agente provocatore che lo sorvegliava, nel 1845 era di nuovo a Marsiglia; arrestato come sospetto di connivenze con le agitazioni italiane e scarcerato poco dopo, secondo altre fonti fu relegato a Nantes, indiziato di cospirazione contro Luigi Filippo. Mancano in questi anni sue tracce nella corrispondenza di ogni tendenza. Ma quando l'Associazione Nazionale Italiana, costituitasi il 5 marzo 1848 a Parigi sotto la presidenza di Mazzini, organizzò militarmente l'emigrazione per poter accorrere in forze in Italia, l'A. fu chiamato, ormai più che cinquantenne, a comandare la Legione nazionale italiana, che spesso prese da lui il nome.
La Legione riuniva inizialmente in 8 compagnie circa 500 italiani e volontari di varie nazionalità, per cui fu chiamata anche "straniera" o "degli esuli"; essa si portò il 26 aprile a Genova, dove il suo commissario, Celeste Menotti, deluso per le diffidenze con cui fu trattata perché costituita di elementi repubblicani unitari, si dimise. L'A. la mise a disposizione del governo provvisorio di Lombardia, che l'accettò, confermando lui generale, ma non la trattenne, anche per la presenza a Milano del Mazzini. Ingrossata di altri elementi, fra cui artiglieri milanesi, fu inviata, via Po, a Venezia minacciata dalla riscossa austriaca. Il governo provvisorio della Repubblica veneta, da cui dipendeva, destinò l'A. con la Legione a Marghera, dandogli (12 maggio) il comando della città e fortezze di Venezia.
Nelle operazioni controffensive, durate più di un mese, ma slegate e mal dirette da altri capi, l'A. propose invano il concentramento di tutte le forze della regione a Mestre, appoggiate alla base di Marghera, per riorganizzare i corpi volontari, evitandone il frazionamento, ed avere una massa di manovra sotto un comando unificato con cui correre sui punti vitali più minacciati.
Dopo l'avvisaglia del 12 maggio a nord di Treviso, pronto ad intervenire, si spostò con rapidità il 21 a Vicenza attaccata. Gli Austriaci, già respinti il 20, tentavano portarsi sullo stradale di Verona con carriaggi e bottino, per congiungersi al Radetzky isolato. Fu qui che l'A. li attaccò audacemente all'Olmo con la tecnica, idonea a corpi franchi e a lui ben nota, dell'attacco di truppe leggere ai convogli, attacco arrestato solo dalla caduta dell'A., che con un braccio quasi troncato da un tiro di artiglieria, pur continuava ad incitare i suoi. Amputato a Vicenza con epico e macabro gesto donò l'arto alla Legione, pegno di guerra ad oltranza.
Mantenne il comando di Venezia, occupandosi specialmente dell'organizzazione dei volontari veneti. Senza rinnegare la fede repubblicana, eletto deputato all'Assemblea veneta si era inchinato alla maggioranza che decideva l'annessione al Piemonte, da lui non approvata. Riconosciuto ed acclamato pubblicamente da vari governi e città, non fu seguito nel costante concetto di unità d'azione, né il piano di guerra relativo fu accettato. Cosicché diede le dimissioni (11 luglio) e per Bologna, dove fece parte di un Comitato di guerra democratico, si recò a Milano con parte della Legione. Qui, durante l'ultima resistenza comandò il settore delle Porte Vercellina e Tosa; ma il 5 agosto dovette ritirarsi in Piemonte, mentre suoi reparti seguivano Garibaldi a Morazzone e Luino. Nel settembre era a Genova, esponente dei circoli democratici. Deputato al Parlamento Subalpino per il collegio di Cigliano vi invocò il soccorso a Venezia assediata (17 novembre). Nella primavera del 1849 fu candidato per il collegio di Arezzo alla Costituente italiana con Mazzini, Garibaldi, Montanelli, Guerrazzi; chiamato prima della ripresa delle ostilità in Sicilia (marzo 1849) dal nuovo ministro della Guerra La Farina, non ebbe poi il comando delle truppe siciliane, perché gli fu preferito il Mieroslawsky. Tornato in Piemonte, riconosciuto maggior generale a riposo, deputato di Borgosesia per la 2a, 3a, 4a legislatura, vi morì il 5 nov. 1854, precocemente invecchiato.
Fonti e Bibl.: Pochi i lavori specifici sull'A.: I. Marcenò, Il Gen. A. - Memorie della parte da lui presa nella guerra dell'Indip. Ital., Torino 1853; A. Grober, Discorso pronun. il 28 ag. nell'atto in cui inauguravasi in Varallo il monumento al gen. G. A.,Varallo 1891; A. Arzano, L'arrivo della Legione A. in Italia, in Mem. stor. milit. dell'Uff. stor. del Corpo di S. M., VI(1912), pp. 505-548. Vedi ora L. Fassò, Un soldato del Risorgimento. G. A. L'esule e il cospiratore mazziniano, estr. da 1848-1861. Il Vercellese, il Biellese, la Valsesia nel Risorgimento italiano...; Id., Un Mazziniano eroico, in Pantheon Valsesiano,Varallo 1961, pp. 81-140.
Manoscritti dell'A. sono all'Archivio di Stato di Venezia, Busta 372, nei Documenti Manin presso il Museo Correr di Venezia; altri nell'Archivio Restelli e nel Museo del Risorgimento di Milano. Fonti utili la Raccolta degli Atti, Decreti, Nomine ecc. del Governo Provvisorio della Repubblica Veneta,Venezia 1848, e la Raccolta dei Decreti ecc. emanati dal Governo Provv., dai diversi Comitati dal 18 marzo 1848 in avanti, Milano s. d.
Frequenti cenni all'A., oltre che negli scritti di Mazzini, in P. Harro Harring, Memorie sulla Giovine Italia,Città di Castello 1913, passim; L. G. Sanzin, F. Seismit Doda nel Risorgimento, Bologna 1950, pp. 73-84, 86 s. e passim. Si consulti ancora: E. Jager, Storia documentata dei corpi militari veneti ecc. negli anni 1848-49, Venezia 1880, pp. 112, 206 s., 210, 212 s., 230; G. Fantoni, I Fasti della Guardia Nazionale del Veneto negli anni 1848-49, Venezia 1869, pp. 149, 170; Protocolli della Giovine Italia, passim.
Notizie sparse sono ricavabili dalle diverse storie delle armate napoleoniche e del periodo dal 1821 al 1847 e soprattutto del biennio 1848-49: C. Ravioli, La campagna nel Veneto del 1848, Roma 1883, pp. 47 ss., 76; V. Meneghello, Il '48 a Vicenza, Vicenza 1898, pp. 82-87, 106, 241; C. Fabris, Gli avvenimenti militari del 1848 e 1849, Torino 1904, II pp. 296 S., 337; III, 521; G. Fantoni, L'assalto di Vicenza, Vicenza 1883, pp. 239-41, 260-62, 265 s., 275-79; A. Marchesan, La cronaca di Mestre degli anni 1848-49, Treviso 1896, pp. 56-58, 60-62; P. Contarini, Memoriale Veneto, Capolago 1850, passim; V.Marchesi, Storia documentata della Rivoluzione e della difesa di Venezia negli anni 1848-49 ecc., Venezia s. d., passim; C. A. Radaelli, Storia dell'assedio di Venezia negli anni 1848-49, Venezia 1875, pp. 128 s.; G. M. Trevelyan, Daniele Manin e la Rivoluzione di Venezia del 1848, Bologna s. d., pp. 190-93; A. Dallolio, La difesa di Venezia nel 1848, Bologna 1920, passim; C. Pagani, Uomini e cose in Milano dal marzo all'agosto 1848, Milano 1906, pp. 495 s., 511-14 e passim; E. Michel, Esuli italiani in Egitto, Pisa 1958, pp. 77, 79 ss.; Polski Sùownik Biograficzny, I, Kraków 1935, pp. 141 s.