BONI (Bono, del Bono, Bona, Buoni), Giacomo Antonio
Nacque a Bologna il 28 apr. 1688. Cominciò "fin da fanciullo a dimostrare grandissima inclinazione verso l'arte della pittura scarabocchiando figure sui libri e sulle carte, disegnando a memoria il meglio che sapea alcune tavole de' Carracci, e quella del Guercino in San Gregorio" (Oretti). Il padre lo mise nella bottega di Marcantonio Franceschini che, lasciando Bologna, dal 1704 gli fece proseguire gli studi presso il Creti. Successivamente il B. passò a Forlì con il Cignani, di cui traspose molti disegni per incisioni. Nel 1712, al ritorno del Franceschini a Bologna, il B. lo raggiunse: si trasferirono quindi a Roma dove il Franceschini era stato chiamato da Clemente XI per decorare la cupola del SS. Sacramento in S. Pietro. Il B. gli fu d'aiuto dipingendo i pennacchi, iniziando così quella collaborazione più che decennale fra i due pittori, che avrebbe caratterizzato, nell'ambito della cultura emiliana, l'evoluzione artistica del Boni. Nel 1713 li troviamo impegnati a Genova nella decorazione della chiesa di S. Filippo Neri, dove il B. dipinse a fresco le due figure di Virtù che sorreggono lo stemma, sull'arco di ingresso al presbiterio. Compiuti questi lavori, il Franceschini lasciò Genova, mentre il B. vi si trattenne per decorare, sempre per i padri filippini, la volta della cappella della Vergine con l'Assunzione. Gli affreschi con fatti della Vita di Maria nella stessa cappella appartengono a una fase successiva - e anzi secondo alcuni andrebbero attribuiti ai soggiorni genovesi posteriori -, come del resto le tele ad olio. Fece poi ritorno anch'egli a Bologna nel 1714: qui decorò, insieme a G. Garofalini e a L. A. Bistega, la volta della chiesa dei celestini, con episodi della Vita di s. Pietro Celestino. Contemporaneamente dovette attendere alla decorazione dell'oratorio di S. Bernardino al Lavino, col Bistega.
Nel 1716 si recò a Crema col Franceschini; è da attribuirsi (Emiliani) al B. l'Inverno, a olio, della serie delle Quattro stagioni commissionate al Franceschini dal principe di Carignano (Bologna, Pinacoteca Nazionale). Si spostarono l'anno successivo a Piacenza, impegnati nella decorazione di S. Maria del Popolo.
Il B. frattanto andava riscuotendo sempre maggior successo, in parte per la piacevolezza della sua pittura e in parte per la stima e il costante appoggio del Franceschini; tanto che nel 1720 fu aggregato all'Accademia Clementina e nel 1721 e 1723 lo troviamo fra i direttori di questa. Nel 1725, ancora col Franceschini, si recò a Parma dove affrescò il coro della chiesa dei benedettini, con le Storie di S. Bruno.
A Bologna eseguì per Giacomo Filippo Durazzo un grande quadro (350 × 425 cm: attualmente nel palazzo Durazzo-Pallavicini di via Balbi a Genova) raffigurante Achille affidato a Chirone dalla madre: pittura di buona fattura, ma che, per i colori scadenti, dovette non molto tempo dopo essere restaurata da G. Galeotti. Recatosi a Genova per ia consegna del dipinto, eseguì, insieme con il quadraturista T. Aldrovandini, l'affresco di Zefiro e Flora nel palazzo di Marcello Durazzo (l'attuale palazzo reale), dipinto fra i migliori del B. nella sua delicatezza rococò. Già prima aveva dipinto a Genova, per la chiesa di S. Maria Maddalena, i due quadri raffiguranti Cristo nell'orto e la Deposizione (quest'ultimo più interessante per una certa scioltezza compositiva). Vedutili, i padri filippini gli commissionarono due dipinti con scene della Vita di s. Francesco di Sales (attualmente nella cappella dedicata al santo, in S. Filippo, alquanto anneriti), e altri quattro con episodi della Vita di s. Caterina Fieschi (anch'essi nella medesima chiesa, nella cappella dedicata alla santa).
Nel 1726 con la famiglia - la moglie e i quattro figli - si trasferì definitivamente a Genova dove rimase sino alla morte, allontanandosi saltuariamente per svolgere una febbrile attività di decoratore. Nel 1727 restaurò la Madonna col Bambino di Nicolò da Voltri nel santuario della Costa a San Remo (doc. citato da P. Rotondi, Restauro di un'opera di Nicolò da Voltri, in Boll. d'arte, XXXVII[1952], p. 68); nello stesso santuario eseguì alcuni affreschi.
Ma i legami con Bologna non vennero mai meno: in un breve soggiorno nella città natale dipinse per conto dell'Accademia Clementina la Resurrezione di Cristo, ad affresco, nel portico della Madonna di S. Luca.
Genova rappresentò un innesto culturale decisivo per il B.: sulla matrice della sua cultura emiliana fece presto presa fin dai precedenti e frequenti soggiorni - la pittura genovese settecentesca e più specificatamente dei De Ferrari, in particolare modo di Lorenzo, che si tradusse in una maggiore solidità e sobrietà compositiva, con un certo preannuncio classicistico; motivo questo che qui ebbe modo di prodursi più liberamente, meno compresso dalle "delicatezze" della cultura figurativa emiliana, nella quale pure era già presente.
È impossibile elencare le opere genovesi del B.: tanto numerose che il Crespi poteva dire: "non è palazzo, né chiesa, né monastero, né casa in cui non veggansi opere sue: e tutte plausibili e lodevoli". Ci limiteremo pertanto a indicarne alcune tra le più significative: la volta dell'oratorio di S. Marta (attuale sede della Biblioteca Franzoniana), con l'Ascensione di Cristo; gliaffreschi del palazzo Pallavicini in via Cairoli, con Venere che dorme tenendo fra le braccia Cupido;di palazzo Serra presso San Pancrazio con Episodi dell'Eneide;di palazzo Negroni (Adone e Diana offrono i loro cani a Giove, perduto durante l'ultima guerra); di palazzo De Mari in Campetto, tuttora esistenti in un locale oggi adibito a magazzino (Rapimento di Cefalo; Giove,Mercurio e il Tempo; Allegoria della Liguria; Trionfo della famiglia Mari); di casa Saluzzo; l'affresco nel palazzo Podestà in via Garibaldi, raffigurante Giove allattato da Amaltea (una delle sue opere migliori); e infine quello raffigurante Vulcano che consegna le armi di Achille a Teti eseguito per il palazzo di Giacomo Filippo Durazzo (attuale palazzo Durazzo-Pallavicini in via Balbi) con i quadraturisti reggiani G. Davoglioe G. Bazzani.
Secondo il Ratti, "per certa chiesa di Parigi" dipinse una Santa Caterina Fieschi in estasi e per la "chiesa del re di Spagna" a Madrid un Crocefisso con vari santi; per il principe di Savoia dipinse Virgilio che compone l'Eneide (Oretti).
Eseguì affreschi - con i quadraturisti bolognesi T. Taroni e A. Zaccarini - e tele (perdute) per la chiesa dei padri della missione di Genova. Vennero distrutti dall'ultima guerra gli affreschi nella villa Brignole Sale, mentre quelli per la stessa famiglia a palazzo Rosso (1745) sono in loco (Marcenaro). Nel 1755 attese alla decorazione della volta e della tribuna dell'oratorio dei padri filippini. La vecchiaia non gli impedì di portare a termine moltissimi dipinti ad olio.
Numerose sono anche le opere eseguite fuori Genova: a Parma (dove insieme con l'Aldrovandini attese alla decorazione di quattro cappelle in S. Giovanni, rispettivamente dedicate alla Croce, a s. Antonio Abate, a s. Geltrude e ai ss. Michele e Girolamo); a Brescia (dove a più riprese lavorò a diverse opere fra cui la decorazione dell'oratorio della Carità con il quadraturista G. Orsoni, finita nel 1733); a Milano.
La febbrile attività, qui solo sommariamente accennata, impedì al B., salvo che in poche opere più significative, di liberarsi da un costante eclettismo e da una mancanza di una linea artistica omogenea: per cui i risultati di opere vicine sono spesso contrastanti qualitativamente, tanto da far pensare, anche se ciò è tutto da verificare, alla presenza rilevante di allievi.
Il B. morì a Genova il 7 genn. 1766, duramente provato dalla scomparsa, a breve distanza di tempo, del figlio Daniele e della moglie.
Fonti e Bibl.: Bologna, Bibl. Com. dell'Archiginnasio: M. Oretti, Notizie de' professori del disegno..., ms. 129, cc. 575-584; P. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1719, p. 173; G. Zanotti, Storia dell'Accad. Clementina di Bologna, Bologna 1739, I, pp. 67 s., 70, 235 ss., 244, 429; II, pp. 229-235; Saggi cronol. o sia Genova ricercata nelle sue antichità, Genova 1743, pp. 238-247; [C. C. Malvasia], Le pitture di Bologna che... rendono il passeggiere disingannato, Bologna 1755, pp. 218, 298, 385; Descriz. del palazzo Brignole, Genova 1756, pp. 18, 22; L. Crespi, Vite de' pittori bolognesi..., Roma 1769, pp. 280-282; R. Soprani-C. G. Ratti, Delle vite de' pittori ... genovesi, II, Genova 1769, pp. 374-384; F. Bartoli, Notizie delle pitture…, I, Venezia 1776, p. 41; G. C. Carasi, Le pubbliche pitture di Piacenza, Piacenza 1780, p. 27; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Bassano 1789, II, pp. 187 s.; G. Bertoluzzi, Nuovissima guida... di Parma, Parma 1830, pp. 131 ss.; F. Alizeri, Guida illustrativa per la città di Genova..., Genova 1875, pp. 31, 32, 43, 57, 126, 138, 180, 191, 271, 346, 367, 409, 413, 427, 442, 481, 560; S. Lottici, La chiesa di S. Quintino, Parma 1908, p. 10; A. M. Stoppiglia, S. Maria Maddalena in Genova, Genova 1929, pp. 36, 61; B. Passamani, La pittura dei secc. XVII e XVIII, in Storia di Brescia, III, Brescia 1964, p. 635, C. Marcenaro, Gli affreschi di palazzo Rosso a Genova, Genova 1965, pp. 22, 31, 33; P. Torriti, La galleria del palazzo Durazzo Pallavicini a Genova, Genova 1967, pp. 49, 201; R. Roli, Donato Creti, Milano 1967, pp. 59, 95; A. Emiliani, La Pinacoteca Nazionale di Bologna, Bologna 1967, p. 380; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 292.